«Posti autorizzati ma lasciati vuoti, supplenze prolungate, continuità didattica a rischio, e docenti idonei esclusi». Dopo l’articolo pubblicato su Domani, il deputato del Partito democratico Andrea Casu ha depositato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, chiedendo conto delle conseguenze del tetto del 30% imposto agli scorrimenti delle graduatorie dei concorsi Pnrr.

La norma in questione – introdotta con il decreto legge 45/2025 e convertita nella legge 79/2025 – fissa un limite massimo del 30% dei posti a bando che possono essere assegnati a candidati idonei ma non vincitori. In caso di rinunce, il posto non viene più assegnato: rimane vacante, anche se in graduatoria ci sarebbero altri candidati idonei pronti a essere assunti.

Una distorsione che, come ha sottolineato Casu nella sua interrogazione presentata insieme alle deputate Pd Silvia Roggiani e Irene Manzi, produce un risultato paradossale: «Posti autorizzati che restano scoperti mentre centinaia di docenti idonei vengono tagliati fuori, nonostante abbiano superato regolarmente le prove concorsuali».

Secondo le stime sindacali richiamate nell’interrogazione, a fronte di un contingente autorizzato di 48.504 posti per il 2025/26, i posti realmente vacanti nelle scuole sarebbero almeno 52.656. Ma proprio a causa della rigidità della nuova norma, una parte significativa rischia di rimanere inutilizzata, alimentando il ricorso a supplenze anche fino a ottobre, con contratti annuali e interruzioni nella continuità didattica.

Casu definisce il meccanismo attuale «iniquo e discriminatorio» e chiede al ministro se intenda modificare con urgenza il sistema, permettendo lo scorrimento oltre il limite del 30% almeno in caso di rinuncia, e più in generale se intenda rimuovere un vincolo che appare «privo di reale giustificazione amministrativa».

Il deputato dem, che nei mesi scorsi ha seguito da vicino anche i dossier sulle assunzioni bloccate nei ministeri e nella pubblica amministrazione, sottolinea come questa norma rappresenti un doppio danno: per gli insegnanti esclusi e per il sistema scolastico nel suo complesso. L’Italia si è impegnata con l’Unione europea ad assumere 70.000 docenti entro il 2026, ma le attuali modalità rischiano di compromettere l’obiettivo.

«Mentre si lasciano cattedre scoperte – si legge nell’atto parlamentare – a oggi è stato speso meno del 30% dei fondi Pnrr destinati alla formazione degli insegnanti. Si accumulano ritardi, si sprecano risorse e si colpisce chi ha dimostrato di essere all’altezza».

Il tema era stato sollevato nei giorni scorsi anche da comitati di idonei e da sigle sindacali come Flc-Cgil, Uil Scuola Rua e Anief, che parlano di «una norma punitiva, illogica e dannosa». Molti dei docenti esclusi si trovano ora nella situazione paradossale di aver superato prove selettive complesse ma di dover restare fuori in attesa, mentre i posti autorizzati si trasformano in nuove forme di precariato.

L’interrogazione approda in Commissione cultura mentre è ancora in corso la tornata di nomine per l’anno scolastico 2025/26. In molte regioni – come già documentato – le nomine si concluderanno con cattedre scoperte, nonostante la disponibilità degli idonei in attesa.

«Chiediamo al governo – conclude Casu – di agire immediatamente per correggere una stortura che penalizza il merito e ostacola il funzionamento della scuola. Non si può sacrificare la qualità e la stabilità dell’insegnamento sull’altare di un tecnicismo privo di senso».

L’interrogazione costringe ora il ministro Valditara a esprimersi pubblicamente su una delle norme più controverse della riforma legata al Pnrr. E obbliga la maggioranza a scegliere se continuare a difendere un tetto burocratico o affrontare il problema reale: migliaia di docenti pronti, formati, ma tenuti fuori.

© Riproduzione riservata