«Grazie alle rivendicazioni della Uil Scuola, per l’anno scolastico 2025/2026, i docenti vincitori del concorso Pnrr privi di abilitazione all’atto della nomina, potranno ottenere la trasformazione del contratto a tempo indeterminato e svolgere l’anno di prova anche ad anno scolastico in corso». Così spiega Giuseppe D’Aprile, segretario generale di Uil scuola Rua, a proposito del decreto legge conosciuto come “Pnrr-scuola”, approvato dal Consiglio dei ministri a fine dello scorso marzo, che, dopo l’ok del Senato, arriva alla Camera dei deputati il 3 giugno.

Come spiega D’Aprile infatti, grazie al dl, gli insegnanti che hanno vinto il concorso Pnrr per il reclutamento dei docenti, che non riusciranno a completare i percorsi abilitanti, diventati un requisito essenziale per accedere alla professione, entro il prossimo 18 luglio (come era previsto dalla normativa precedente) avranno tempo, invece, fino al 31 dicembre 2025 per farlo. Senza perdere l’opportunità di svolgere l’anno di prova e di ottenere il contratto a tempo indeterminato.

«Una buona notizia che sana le disparità di trattamento tra docenti vincitori dello stesso concorso», chiarisce ancora il segretario Uil scuola, soddisfatto di aver portato avanti una battaglia che alleggerisce il peso della burocrazia sulle spalle dei lavoratori. Che però sottolinea anche come, nonostante il decreto appena approvato, siano molte ancora le questioni da risolvere per fare chiarezza nel mondo della scuola.

Disparità

Tra queste, come denuncia Luigi Maria Sofia, docente precario e attivista per il diritto degli insegnanti a svolgere la loro professione in maniera dignitosa, c’è quella che riguarda gli idonei non vincitori dei concorso Pnrr 2023/24. Cioè quelli che hanno a tutti gli effetti superato le prove dei test per il reclutamento degli insegnanti ma non sono risultati vincitori perché hanno ottenuto un punteggio insufficiente per l’immissione in ruolo. Che, così, oggi sono nella stesa posizione di chi non ha mai superato il concorso. O, in alcuni casi, sono messi anche peggio perché hanno usato il loro tempo per studiare per il test d’immissione e non per conseguire certificazioni e abilitazioni necessarie per scalare le graduatorie.

«Dopo mesi di battaglie quello che si capisce dal dl Pnrr-scuola sul reclutamento dei docenti è che in riferimento ai concorsi a banditi dal 2023, la graduatoria dei vincitori verrà integrata con quella degli idonei non vincitori per il 30 percento dei posti messi a bando», dice Sofia per evidenziare come una dicitura vaga non chiarisca né al 30 per cento di cosa ci si riferisca né i tempi di validità dell’integrazione: «Penso che il riferimento sia ai posti del Pnrr, questo significa che si tratta solo di un palliativo, la maggior parte degli idonei esclusi dalle graduatorie non sarà mai di ruolo, visto che in tanti territori e per parecchie classi di concorso i posti sono già stati occupati dai vincitori. Quindi oltre le parole nella realtà cambierà poco», spiega portando come esempio proprio il suo caso: insegnante in Toscana, di Italiano, storia e geografia alle medie.

Per il prof precario anche l’istituzione di elenchi regionali per gli idonei non vincitori, sempre previsti dal dl Scuola Pnrr, poterà a poco. Si sarebbero dovute costruire delle vere e proprie graduatorie anche per gli idonei non vincitori da far scorrere sulla base dei posti a disposizione nella scuola, non soltanto legate alle stabilizzazioni Pnrr. «O ancora meglio per risolvere il problema storico del precariato, si sarebbe dovuto istituire un doppio canale di reclutamento. Da un lato quello basato sui concorsi, dall’altro quello riservato a chi insegna da più di tre anni», aggiunge riferendosi agli oltre 280 mila precari, secondo le stime dei sindacati, sulle cui spalle si regge la scuola.

Discriminazione

«Nel decreto legge si parla anche di estendere, dal prossimo anno, in maniera strutturale la carta del docente ai precari con contratto a tempo indeterminato fino al 31 agosto. È una buona notizia, ma restiamo insoddisfatti. Perché gli insegnanti con contratto fino al 30 giugno restano esclusi? Quando si parla di annualità a scuola si intendono 180 giorni di lavoro. Quindi su che cosa si basa questa discriminazione?», si chiede Sofia, provando a cercare le ragioni per cui le risorse assegnate ai docenti per l’aggiornamento professionale vengano viste come utili per alcuni insegnanti mentre per altri no, nonostante numerose sentenze abbiano riconosciuto il diritto al beneficio anche ai docenti con contratto fino al 30 giugno.

Come per D’Aprile anche per Sofia, quindi, il dl scuola - che oltre al reclutamento dei docenti, affronta un’ampissimo elenco di temi: dal riordino degli istituti tecnici alla parità scolastica, dal welfare studentesco al fondo per l’edilizia, solo per nominare alcune delle questioni spiegate da Domani subito dopo l’approvazione del testo da parte del Consiglio dei ministri – punta a affrontare molti più problemi di quelli che effettivamente risolve: «La ratio sembra essere proprio quella di rimanere il più possibile generici, così le persone impazziscono per capire», conclude Sofia.

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