Vincenzo Spadafora, ex ministro per lo Sport, ha affrontato pubblicamente la sua omosessualità in un’intervista per il lancio del suo nuovo libro, Senza riserve.

Il tempismo è perfetto: quando Spadafora ha confessato a Fabio Fazio di essere gay, ha immediatamente aggiunto che però in passato, dire di qualcuno che fosse gay era un modo per screditarlo: «In politica l’omosessualità viene usata anche per ferire, per colpire l’avversario con un brusio che io stasera volevo spegnere».

Parole che hanno fatto pensare sùbito a quelle di Luigi Di Maio, che aveva raccontato nel suo di libro di esser stato «accusato» di omosessualità. Lo scopo, secondo l’interessato, era proprio quello di screditarlo.

Una frase che ha causato polemiche ma che corrisponde esattamente a quel che ha detto Spadafora. Ed effettivamente a stretto giro è arrivato il sostegno del ministro: «Vincenzo sa bene cosa c’è dietro gli attacchi discriminatori, usati in maniera meschina solo per screditare».

C’è da dire che i due, molto vicini quando Di Maio nella scorsa legislatura era vicepresidente della Camera, vengono da un periodo in cui Spadafora era più legato a Giuseppe Conte. Da allora le cose sono cambiate e Di Maio e l’ex ministro combattono di nuovo fianco a fianco, stavolta contro l’avvocato di Volturara Appula.

Per averne prova basta sfogliare l’ultima parte di Senza riserve, dove Spadafora critica aspramente il nuovo corso dell’ex presidente del Consiglio: «Si percepisce un evidente fastidio nei confronti di chiunque, oggi, nel Movimento provi a rappresentare un pensiero critico».

È l’ostilità nei confronti di Conte la chiave per azzardare una lettura del gesto di Spadafora: magari aveva comunque intenzione di trattare questo argomento così intimo nel suo libro, ma il fatto di parlarne in televisione in prima serata a così poca distanza dalle dichiarazioni di Di Maio fa pensare a un tentativo di recuperare lo scivolone del leader.

Se infatti Di Maio con un avvitamento concettuale aveva evocato un non-problema giustificandosi come se fosse un problema, Spadafora ha ribaltato la questione.

Essere gay non è un problema, dichiararlo in pubblico «è una scelta che ho fatto per me stesso, è importante volersi bene e rispettarsi». Nel libro Spadafora scrive anche che «il nostro paese è terribilmente in ritardo su questi temi». Ma l’omosessualità, ribadisce non è in contraddizione con la sua forte fede cattolica.

La confessione della “diversità” è sùbito attenuata: essere gay non impedisce comunque di essere un buon cattolico come tutti gli altri. Le due posizioni si compensano e accontentano l’interezza dell’elettorato potenzialmente attratto dal Movimento 5 stelle: una combinazione felice per chi, come Di Maio, magari affiancato proprio da Spadafora, ha in mente di sostituire Conte alla guida dei Cinque stelle.

Il M5s del nuovo corso non ha una linea netta sui diritti civili e Conte ha impiegato diverso tempo anche solo per riuscire a pronunciarsi a favore del ddl Zan. Spadafora, che nel governo gialloverde era sottosegretario ai Giovani e Pari opportunità, viene da tutt’altra scuola.

Oltre ad aver frequentato già nei suoi primi anni a Roma realtà vicine al centrosinistra e all’associazionismo, la distanza tra le sue opinioni e quelle dell’allora ministro della Famiglia leghista Lorenzo Fontana a proposito della proposta di legge del senatore Simone Pillon per la riforma del diritto di famiglia ha segnato nel 2019 una delle prime crepe nell’alleanza tra M5s e Lega.

Spadafora porta in dote al ministro degli Esteri anche una buona conoscenza degli ambienti romani. Spadafora nei primi anni del 2000 era nella segreteria di Francesco Rutelli, fin quando il candidato sindaco ha perso il ballottaggio con Gianni Alemanno.

A quel punto Spadafora ha cercato di ottenere una nuova collocazione grazie a un altro contatto di spicco della Roma bene di allora, Angelo Balducci, suo mentore e un dirigente a sua volta molto vicino a Rutelli, poi condannato nel 2016 per corruzione aggravata. Spadafora non è mai stato indagato, come ribadisce anche nel libro, dove racconta di essere stato un “balduccino” «quando (Balducci, ndr) era conosciuto e stimato da tutti».

Il piano B

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Spadafora ha una rete di conoscenze che va ben oltre il Movimento, e che gli ha permesso di mediare per conto del M5s per la creazione del governo nel 2018 con Matteo Renzi, che poi ha mandato a monte la trattativa, e nel 2019 con Dario Franceschini per la nascita dell’alleanza giallorossa dopo lo strappo di Salvini.

Ma come molti altri esponenti del Movimento, anche di spicco, Spadafora ha in mente un solo traguardo, il 2023: per allora dovrà essersi costruito un futuro, che sia politico o di altro genere. Il piano B dell’ex ministro è la televisione.

Lo dice nel suo libro: «L’altra passione ereditata da mio padre è quella per la tv: ancora conservo centinaia di Vhs da lui registrate e archiviate con metodo». Lo confermano i colleghi, che raccontano come per frequentazioni e ambizioni di Spadafora sia quello il contesto dove vede il proprio futuro.

«Chissà magari un giorno realizzerò anche il sogno di fare televisione», scrive l’ex ministro. Di certo, gli amici giusti già li ha. Spesso nelle sue storie Instagram compare Jerry Calà, è amico stretto di Mara Venier e nel libro racconta con affetto il suo rapporto con Maurizio Costanzo. Poche righe più giù l’ex ministro racconta la sua «passione di ragazzo per un “mito” come Pippo Baudo e il sogno di voler diventare un presentatore come lui.

Pur non avendo (ancóra) coronato questa ambizione, alcune delle persone a me più care sono icone della tv». Se dovesse decidere per questa strada, la visibilità che ha ottenuto negli ultimi giorni non potrà che giovargli.

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