Primo Consiglio dei ministri dell’anno, primo giro di nomine per il governo Meloni.

Nella riunione la presidente del Consiglio ha deciso il destino delle agenzie fiscali. Nonostante la promesso (o meglio la minaccia) di utilizzare il machete, la lista presentata del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non ha nulla di rivoluzionario. Anzi il leghista, che già era stato ministro nel governo Draghi, ha proposto due conferme e un nuovo ingresso.

I nomi di Draghi

Restano quindi al loro posto due nomi di draghiana memoria. Quello di Ernesto Maria Ruffini all’Agenzia delle entrate e quello di Alessandra Dal Verme al Demanio.

Niente da fare invece per Marcello Minenna: il manager che i grillini avevano scelto per guidare le Dogane dovrà lasciare il suo incarico a Roberto Alesse, finora capo di gabinetto del ministro per le Politiche del mare, Nello Musumeci.

Classe 1964, il giurista ha iniziato il suo percorso nel 1999 come capo dell’ufficio legislativo di Alleanza nazionale passando poi di amministrazione in amministrazione, fino a raggiungere prima la presidenza della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero, poi la presidenza del Consiglio e la guida del gabinetto del ministero per le Politiche del mare.

Il suo nome è entrato in gioco all’ultimo: il candidato più quotato sembrava infatti essere il segretario generale del ministero delle Imprese e del made in Italy, Benedetto Mineo, che però alla fine ha preferito rimanere nel suo ufficio a via Vittorio Veneto.

La decisione

Il provvedimento rientra nelle prerogative dello spoils system, che permette al governo di sostituire i dirigenti della pubblica amministrazione entro 90 giorni dalla fiducia, se ritiene.

Probabile che la decisione sui tre burocrati del fisco possa non essere l’ultima, dopo che Meloni ha messo a capo dell’Agenzia italiana del farmaco Nicola Magrini, e ha scelto come nuovo commissario per la ricostruzione post sisma nel centro Italia Guido Castelli, mentre continua a non essere salda la posizione del direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera.

I due dirigenti confermati sembrano essere stati premiati dai risultati raggiunti, ma hanno un radicamento politico non esattamente sovrapponibile a quello della maggioranza.

I profili

Ruffini gode dell’apprezzamento del Quirinale, ma è uomo di centrosinistra, mentre Dal Verme è la cognata dell’ex premier Paolo Gentiloni e ha un solido passato nella Ragioneria generale dello stato. Fino all’ultimo Fratelli d’Italia ha cercato di sostituirla, ma alla fine resterà al suo posto e non andrà a sostituire Biagio Mazzotta, ragioniere dello stato che pure il partito della premier non gradisce molto, soprattutto dopo le trattative per la difficile approvazione della legge di Bilancio.

Ruffini, che prima del suo ultimo incarico, che ricopre dal 2020, ha guidato l’Agenzia tra il 2017 e il 2018, può inoltre vantare un successo nella lotta all’evasione fiscale. Nel 2017 l’ente di riscossione ha recuperato 20,1 miliardi di euro, il 5,8 per cento in più dell’anno precedente.

L’economista pugliese Minenna, invece, ha dovuto fare i conti con il suo legame con i Cinque stelle, che lo avevano chiamato durante il governo Conte II, nel 2020, per presiedere l’Agenzia delle accise, dogane e Monopoli. In realtà Minenna ha lavorato anche con Carlo Azeglio Ciampi e Tommaso Padoa-Schoppa ed è stato capo della segreteria tecnica del commissario straordinario di Roma capitale, il prefetto Francesco Paolo Tronca. Il tecnico ha aumentato le entrate dell’Agenzia delle dogane da 52 a 84 miliardi, ma è stato anche criticato per le sue spese folli che abbiamo ricostruito in una serie di inchieste.

I prossimi appuntamenti

Intanto il dibattito sullo spoils system è tutt’altro che concluso. Nei prossimi mesi si libereranno caselle importanti, come la guida dell’Inps, che Pasquale Tridico dovrà lasciare quasi certamente, ma anche quelle di Enav, Enel, Eni, Leonardo, Poste e Terna: vanno rinnovati i consigli d’amministrazione di 67 società partecipate di primo e secondo livello. Poi, nel 2024, sarà anche la volta di Cassa depositi e prestiti.

Il presidente leghista della Camera Lorenzo Fontana, durante la trasmissione Quarta repubblica, aveva sottolineato come un problema della destra fosse la mancanza di tecnici fedeli a disposizione, le conferme di Ruffini e Dal Verme, forse, mostrano che non aveva tutti i torti.

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