Tanto il ritiro statunitense da Kabul dello scorso agosto, quanto la guerra in Ucraina hanno radicalmente cambiato il paradigma della sicurezza in Europa.

La storica decisione del cancelliere tedesco Olaf Scholz di aumentare il bilancio della difesa dall’1,5 al 2 per cento del Pil assieme alla creazione di un fondo da 100 miliardi di euro destinato a rafforzare la capacità di difesa della Germania può esser considerata non soltanto come la più significativa reazione all’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin ma anche come un punto di svolta per il futuro della Politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc) dell’Unione europea.

La sicurezza nazionale

In ragione dell’attuale contesto di insicurezza e disordine mondiale è quindi probabile che lo stesso Strategic compass, una “bussola” pensata dall’Unione europea per orientarsi nel complesso scacchiere geopolitico internazionale, possa subire una sostanziale implementazione nella direzione di una difesa europea sempre più coordinata e complementare alla Nato.

A livello nazionale non può sfuggire che la crisi Ucraina, così come le conseguenze in termini economici ed energetici, stia determinando una riflessione sulla necessità di sviluppare una più armonica e chiara visione d’insieme della nozione di sicurezza e dell’interesse nazionale declinato in tutti i campi in cui opera la nostra nazione (dalla politica estera e di difesa, a quella energetica e industriale).

È indubbio infatti che il concetto di sicurezza nazionale sia profondamente mutato dalla fine della Guerra fredda, così come la distinzione tra sicurezza interna ed esterna tenda ad attenuarsi.

Lo stesso concetto di sicurezza nazionale è mutato, passando da una sicurezza quasi esclusivamente di tipo militare e statocentrica a una sicurezza multidimensionale e non più connessa a minacce provenienti solamente da attori statuali.

Sfide multidimensionali

La stessa pandemia ha stravolto le regole europee e ha avuto notevoli ripercussioni sull’economia e sull’ordine internazionale evidenziando l’interconnessione delle nostre economie e la fragilità delle catene globali del valore.

Quest’ultime sono state messe a dura prova lo scorso 23 marzo 2021 dal blocco del canale di Suez che ha dimostrato, con più di 300 grandi navi che si sono dovute fermare e perdite di 9,6 miliardi di euro al giorno, la rilevanza strategica per la libertà di navigazione dei choke points.

A fronte di queste sfide multidimensionali e sulla base dell’uso sinergico e simultaneo da parte dei principali attori internazionali di tutti gli strumenti del potere nazionale diplomatico, informativo, militare ed economico nel perseguire i propri interessi nazionali, si ripropone la riflessione, in parte già sollevata in ambito accademico e con alcune iniziative parlamentari, sulla possibilità di poter disporre di strumenti che favoriscano in modo sempre più tempestivo il coordinamento tra tutti i ministeri nevralgici della nostra architettura istituzionale (il ministero della Difesa, il ministero dell’Interno, il ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale e il ministero dello Sviluppo economico) così da poter rispondere in modo più sistemico alle sfide che caratterizzano l’attuale contesto internazionale.

Usa, Regno Unito e Francia

Il termine di paragone più celebre è quello statunitense del National security council (Nsc) ma anche il modello inglese e il Conseil de défense et de sécurité nationale in Francia dove, solo per fare alcuni esempi, la strategia di sicurezza nazionale abbraccia sia la sicurezza esterna che la sicurezza interna, così come la dimensione militare, civile, diplomatica ed economica.

Le esperienze qui riportate prevedono la predisposizione di una strategia di sicurezza nazionale che, oltre ad analizzare le minacce e i rischi del paese, identifichi gli interessi da tutelare e predisponga i mezzi per il raggiungimento di tali obiettivi.

Guardando all’attuale architettura istituzionale e ai possibili adeguamenti, due potrebbero essere gli organi assimilabili a un consiglio di sicurezza nazionale.

Da un lato il Comitato interministeriale per la sicurezza della repubblica (Cisr), previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124 e, dall’altro, il Consiglio supremo di difesa, organo di rilevanza costituzionale preposto all’esame dei problemi generali politici e tecnici attinenti alla sicurezza e alla difesa nazionale.

Il Cisr

Il Cisr è un organismo di consulenza, proposta e deliberazione sugli indirizzi e le finalità generali della politica dell’informazione per la sicurezza cui partecipano il presidente del Consiglio dei ministri, l’Autorità delegata e i ministri degli Affari esteri, dell’Interno, della Difesa, della Giustizia, dell’Economia e delle finanze, dello Sviluppo economico e della Transizione ecologica.

Un eventuale allargamento del Cisr a tutti gli attori non pubblici, come aziende, imprenditori, operatori delle telecomunicazioni, vigilanza del settore bancario andrebbe di fatto a coinvolgere tutti gli stakeholder essenziali per la definizione dell’interesse statale per meglio affrontare le sfide contemporanee.

Il Consiglio supremo di difesa

Altre possibili ipotesi vedono una trasformazione del Consiglio supremo di difesa in Consiglio per la sicurezza nazionale, fissandone le funzioni di direzione in materia non solo di difesa ma anche di sicurezza nazionale.

Previsto dall’articolo 87 della Costituziono, il Consiglio supremo di difesa è presieduto dal capo dello stato ed è preposto all’esame dei problemi generali politici e tecnici attinenti alla sicurezza e alla difesa nazionale.

Esso è composto dal presidente del Consiglio dei ministri, dai ministri per gli Affari esteri, dell’Interno, dell’Economia e delle finanze, della Difesa e dello Sviluppo economico e dal capo di stato maggiore della Difesa.

Il Consiglio supremo di difesa è il principale strumento attraverso il quale il presidente della Repubblica acquisisce circostanziate conoscenze degli orientamenti del governo in materia di sicurezza e difesa, per poter svolgere adeguatamente il complesso ruolo di equilibrio e garanzia attribuitogli dalla Costituzione.

Come evidenziato, l’attuale architettura istituzionale italiana, pur con le sue diversità rispetto ad altri paesi, si presta a possibili interventi parlamentari affinché il processo decisionale, d’indirizzo e di risposta alle nuove sfide, possa articolare in modo sempre più coerente tutti gli strumenti a disposizione dello stato. 

© Riproduzione riservata