L’aiuto più insperato per Elly Schlein è arrivato dalla conferenza stampa di fine anno di Giorgia Meloni. L’incoronazione da parte della premier della sua avversaria prediletta per un duello televisivo ha suscitato qualche mal di pancia al suo rivale interno, Giuseppe Conte – «Meloni ha scelto Schlein perché la teme meno», dicono i suoi – e può apparire una scommessa azzardata per il Pd, ma la polarizzazione era da sempre nei piani di Schlein. Il fatto che la sua rivale del centrodestra abbia sposato le sue intenzioni rappresenta per la segretaria una grandissima occasione politica.

La decisione da parte di un capo di governo di accettare un duello televisivo da una posizione di forza non è accadimento frequente, come dimostrano i pochi precedenti. Ma il biglietto d’oro che Schlein si è guadagnata va sfruttato nel migliore dei modi. L’aspetto positivo per la segretaria dem è che si svolgerà in territorio neutro: tanto criticata dalla destra per la sua scelta di non far seguito all’invito ad Atreju, adesso rivendica di aver teso per prima il guanto di sfida chiedendo a Meloni un confronto in aula. Non sarà Montecitorio il luogo del duello, ma uno studio televisivo. Entro la fine di marzo.

Comunicazione e temi

Al Nazareno credono che l’occasione per rafforzare la leadership della segretaria sia ghiotta, ma sanno pure che i rischi non sono pochi e che nei prossimi mesi (la sfida tv sarà solo uno step importante verso quella decisiva delle europee di giugno) bisognerà lavorare a doppio confronto con la premier. Un aspetto che Schlein vuole affinare è senz’altro la sua strategia comunicativa. Da mesi la segretaria è inseguita dalla critica di non parlare in modo sufficientemente chiaro per guadagnarsi il consenso degli elettori che non votano più il Pd. Il match tv (non si sa se si farà sulla Rai, su Sky o su La7) dovrà essere l’occasione per dimostrare il contrario. Anche se il confronto con Meloni, che in fatto di slogan populisti acchiappalike è campionessa, non sarà affatto banale.

Nel duello Schlein vuole continuare a puntare non solo sul tema dei diritti che l’ha resa popolare, ma su temi tangibili. Il primo anno di Meloni offre moltissimi spunti concreti su cui segnalare i fallimenti della premier: dalle promesse mancate e inumane sull’immigrazione – con i dati degli arrivi alle stelle – alle questioni economiche, come la povertà in crescita e le crisi di realtà come l’Ilva. Gli scandali etici e giudiziaria non si contano: dal deputato pistolero Pozzallo alla vicenda del figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa fino al caso Santanchè, per non parlare dei numerosi scivoloni del sottosegretario Andrea Delmastro o della vicenda che ha portato il cognato Tommaso Verdini agli arresto domiciliari: il ventaglio di temi a cui la dem può attingere è ampio.

Qualcuno alla sede del Pd sta pensando inoltre che Schlein debba arrivare al duello tv con una proposta politica nuova e forte. Il salario minimo sostenuto da gran parte delle opposizioni aveva creato un fronte comune potente, tanto che Meloni è dovuta intervenire con una manovra tecnica per affossare la proposta (e ha comunque dovuto riconoscere il ruolo dei sindacati nella contrattazione collettiva).

Per approvare la legge non ci sarebbero stati i numeri in parlamento, ma già il fatto di segnare il territorio è stato per Schlein e Conte l’occasione per mettere in grave difficoltà il capo della destra italiana. La modifica del congedo parentale – di cui stanno discutendo in questi giorni le sinistre nella speranza di costruire un nuovo fronte largo – potrebbe essere lo spunto per una proposta più ampia su lavoro e condizione femminile, sfruttando anche l’attenzione degli ultimi mesi sul tema della violenza sulle donne, che Meloni non ha praticamente toccato durante la conferenza stampa.

L’intesa con i riformisti

Schlein ha cominciato il suo mandato come segretaria del Pd con la volontà di far recuperare al partito la sua identità radicale. La polarizzazione dello scontro con Meloni offre l’occasione di farlo in maniera più marcata, ma con temi sociali che provino a recuperare per le europee i voti perduti a sinistra e quelli degli astenuti: il lavoro, la giustizia sociale e i diritti.

Il match si gioca anche all’interno del partito. Schlein sa bene che perdendo europee e amministrative rischia di perdere pure il Nazareno: a giugno ha bisogno di non scendere sotto il 19-20 per cento, e di puntellare una pax con l’ala riformista iniziata da qualche mese. Dunque più di un consigliere gli suggerisce di cementare l’intesa con cattolici e riformisti, che già hanno segnalato la loro esclusione dalla segreteria per bocca di Pierluigi Castagnetti, includendo i big nelle liste per le europee.

Per qualcuno, infine, la strategia anti-Meloni dovrebbe prevedere meno appeasement nei confronti degli attacchi del presunto alleato grillino, Conte. Schlein continua a non rispondere al capo de Movimento, che si pone come unico soggetto radicale del centrosinistra. Uno scontro tra i due è previsto nelle prossime settimane per le elezioni regionali: ci sono ancora diversi nodi da sciogliere sulle candidature, e Schlein non vuole accollare al Pd le probabili sconfitte che arriveranno.

Anche la candidatura di Schlein alle europee – che, giura la segretaria, «non dipenderà da quella di Meloni» – non dovrebbe essere in discussione in caso di discesa in campo della premier. C’è un tema di rappresentanza femminile, perché le donne nelle liste dem sarebbero danneggiate se lei fosse capolista, ma tirarsi indietro rischierebbe di essere interpretato come simbolo di debolezza. Se l’obiettivo è la polarizzazione, quale miglior modo di una sfida diretta tra le due leader?

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