Rientro anticipato ma operatività poca. Il primo consiglio dei ministri post sospensione feriale è più che leggero: quattro punti all’ordine del giorno su questioni minori – accordi sullo spazio aereo e ammortizzatori per i dipendenti del mondo dello spettacolo – e nessuno sulle emergenze delle ultime settimane, dal maltempo ai migranti.

Nonostante gli sbarchi record a Lampedusa e le emergenze lanciate da comuni e regioni, un decreto sicurezza targato ministero dell’Interno sarà calendarizzato in settembre. Nessuna accelerazione: così era stato annunciato e i tempi rimangono quelli fissati, viene spiegato dal Viminale. In cdm, però, la la premier Giorgia Meloni ha rivendicato la bontà del decrerto Cutro sui rimpatri, «il nostro obiettivo è affrontare il problema in maniera pragmatica, con decisioni rapide e coordinate».

Pur richiamando i suoi ministri intorno al tavolo di palazzo Chigi con una scaletta di lavoro poco impegnativa, nel suo discorso Meloni si è occupata soprattutto dell’unica questione dirimente in questa fase: la prima discussione generale per la legge di Bilancio.

Nel corso delle ultime settimane, ogni leader di forza politica ha messo in chiaro quali sono le sue priorità per la Finanziaria, quindi il dibattito non è cominciato al buio.

Tuttavia, l’ordine di scuderia della premier è stato quello di fare solo richieste realistiche, con la consapevolezza che i denari sono pochi e vanno spesi in modo oculato. Così ha dettato in maniera chiara la linea politica, con l’intento di stoppare qualsiasi iniziativa degli alleati, circoscrivendo il perimetro entro cui intende muoversi.

Meloni e Giorgetti

Meloni è decisa a concentrare su di sè la regia di una legge di Bilancio, la prima che politicamente sarà piena responsabilità del suo governo, che sarà anche il suo biglietto da visita ai prossimi appuntamenti europei, a partire dalla rinegoziazione del patto di Stabilità. Lo ha chiarito anche in cdm, in cui ha dato indicazioni chiare: la legge dovrà «supportare la crescita» e «mettere soldi in tasca a famiglie e imprese», ma tenendo «i piedi ben piantati a terra» perchè la congiuntura economica si sta facendo più difficile. Per questo la richiesta a tutti i ministeri è stata di far arrivare al Mef i disegni di legge collegati alla manovra «dettagliati» e «con disciplina omogenea». Soprattutto, però, la premier ha chiesto che ogni dicastero si faccia i conti in tasca «verificando nel dettaglio le risorse attualmente spese», perchè «sprechi e inefficienze devono essere tagliati». Come corollario, ha snocciolato i dati del «disastro del Superbonus 110%» voluto dal governo Conte 2, che secondo l’agenzia delle Entrate ha prodotto «più di 12 miliardi di irregolarità». «Alla faccia di chi accusa il centrodestra di essere “amico” di evasori e truffatori», è stata la chiosa.

Sul tavolo del cdm è arrivato anche il provvedimento su Tim. E’ stato approvato il decreto che autorizza a partecipare all'acquisizione «fino ad un massimo del 20 per cento della netco di Tim insieme al fondo Kkr ed eventualmente ad altri soggetti nazionali», ha spiegato Giorgetti, aggiungendo che «la partecipazione sarà di minoranza, fino ad un massimo di 2,2 miliardi di euro». Un’operazione che Meloni ha rivendicato come una soluzione con l’obiettivo di assumere il controllo strategico della rete di telecomunicazioni e salvaguardare i posti di lavoro.

La sintesi finale sulla finanziaria è che, con pochi denari da spendere, la manovra sarà «incentrata sulle famiglie, sulla lotta alla denatalità e sui sostegni alle fasce deboli». Come si declinerà è da vedere, ma potrebbe diventare anche il cavallo di battaglia di FdI per le europee. Infine, Meloni ha annunciato che andrà in visita a Caivano, nel luogo dello stupro di due ragazzine e che l’area va bonificata, «basta zone franche».

Dal Ministero dell’Economia l’indicazione che filtra è quella della calma. C’è la consapevolezza che servirà un paziente lavoro di confronto politico dentro la maggioranza, ma anche che prima di consolidare ogni scelta bisognerà aspettare il quadro macroeconomico generale, che dovrebbe arrivare a inizio settembre.

La linea di Giorgetti è quella della presidente del Consiglio: bisognerà trovare i soldi per confermare il taglio del cuneo fiscale che dovrebbe costare circa 12 miliardi, poi serviranno misure per spingere la crescita ma senza disperdere il capitale in mille rivoli. Poche misure e oculate, senza fuochi d’artificio.

I due vicepremier, però, hanno già fatto capire di non volersi fare imbrigliare. Entrambi hanno anticipato di auspicare un intervento sulle pensioni: stesso tema, diversa formula. Se la Lega rivendica Quota41, quindi la possibilità di pensione anticipata, Forza Italia invece chiede l’aumento delle pensioni minime «da 600 a 700 euro», ha detto Tajani in un’intervista durante il meeting di Rimini. Se Forza Italia punta prima di tutto a intervenire per mitigare gli effetti della tassa sugli extraprofitti delle banche, presentando una serie di emendamenti in parlamento, il leader leghista ha annunciato anche l’inizio del cantiere per il ponte sullo Stretto e la volontà di accelerare sull’autonomia, che inevitabilmente ridurrà il gettito fiscale generale in favore delle regioni. Tutte promesse lontane rispetto al perimetro fissato dalla premier.

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