Troppo spesso il discorso pubblico trascura i fondamentali. E oggi le materie prime sono un fondamentale politico ed economico. Lo ha testimoniato la pandemia, con la grande scarsità di alcuni materiali e la conseguente fiammata inflazionistica. Poi la guerra, con i costi imposti alle nostre economie dalle sanzioni alla Russia. Di seguito la transizione ecologica, che richiede una enorme quantità di minerali da estrarre e raffinare.

Infine i viaggi della speranza dei primi ministri europei in Cina al fine di mantenere aperto un canale commerciale che riguarda le esportazioni europee ma anche le importazioni delle materie prime di cui Pechino è nettamente primatista nell’estrazione e nella lavorazione.

Il decreto

Intorno al sottosuolo, dunque, si gioca una grande partita della politica mondiale. Di conseguenza, proprio per la criticità delle materie prime in caso di crisi di vario genere, negli ultimi anni tutti i paesi hanno introdotto misure per aumentare l’estrazione, applicato dazi, ristretto o vietato le esportazioni di minerali, costruito filiere nazionali.

Sul tema nel 2024 è arrivata anche l’Unione europea con il suo regolamento sulle materie prime che mira ad aumentare l’estrazione, la raffinazione e il riciclo sul suolo europeo.

L’Italia si è inserita nello spazio aperto dall’Ue con il decreto legge Materie prime, approvato la scorsa settimana in prima lettura dalla Camera. Questo decreto ha il merito di velocizzare le procedure per assegnare le concessioni per l’estrazione mineraria, tuttavia manca di una prospettiva più ampia.

Ad esempio, non si è legata l’autorizzazione ad estrarre alla raffinazione dello stesso materiale sul territorio italiano con il risultato che gran parte dei minerali estratti finirà all’estero per essere lavorata.

L’Italia si ritroverà così a ricomprare materie prime raffinate, in origine estratte nel nostro sottosuolo, a un prezzo più elevato. Si tratta di uno scenario certo data la scarsità nel nostro paese di impianti di raffinazione e l’assenza di incentivi affinché si raffinino i minerali da noi.

Inoltre, è stato bocciato dalla maggioranza, evidentemente per disaccordi interni, un ragionevole emendamento proposto dal ministero della Difesa che prevedeva un diritto di prelazione per Difesa servizi spa, controllata dal governo, nel comprare materie prime che si rivelassero critiche per la sicurezza nazionale.

A targhe alterne

Il governo, con questo decreto, ha sì aperto le maglie per una maggiore e più rapida estrazione di materie prime ma non ha predisposto misure adeguate nel caso in cui si presentasse una situazione di scarsità dovuta ad eventi esterni.

Siamo entrati in una fase in cui il libero mercato in alcuni settori deve necessariamente essere temperato dalla sicurezza nazionale e dall’affrontare ricorrenti stati d’eccezione, ma al governo non sembrano averlo capito tutti.

Il tanto decantato interesse nazionale di cui molti ministri amano riempirsi la bocca è in questo caso del tutto trascurato e l’Italia non avrà possibilità di trattenere sul suo territorio i materiali estratti in caso di bisogno. Eppure parliamo di una questione fondamentale, al centro di ogni seria discussione sul potere e sulla strategia, che in tutto il mondo ridefinisce il perimetro del rapporto tra stato e mercato.

Quando si tratta di sabotare l’attuazione della Bolkenstein per proteggere i balneari, di sottrarsi alla legge della concorrenza in numerosi settori, di proteggere fino ai confini del caricaturale agricoltura e cibi italiani, l’esecutivo è pronto a esibire il suo nazionalismo su temi che hanno una rilevanza strategica decisamente minore.

Quando invece ci si trova di fronte ad una questione fondamentale, decisiva per fronteggiare situazioni di reale emergenza, allora si sceglie una regolazione minimale e affatto attenta all’interesse nazionale. Questi sono autogol che magari poco interesseranno l’elettorato, ma che mostrano il nerbo, debole in questo caso, della classe governante e che possono esporre il paese a una debolezza nella politica internazionale che si potrebbe evitare.

© Riproduzione riservata