Il pressing va avanti, a ritmi serrati, quasi asfissianti. Matteo Salvini sta facendo di tutto per portare alle Europee il nome di Roberto Vannacci sotto le insegne della Lega. Con un ruolo di primissimo piano: addirittura capolista in tutte le (cinque) circoscrizioni, nella versione più strong, o almeno in una circoscrizione nell’opzione più soft.

Il generale è ormai diventato star mediatica, tra le altre cose, per aver definito i gay «non normali» e aver usato parole dure sull’immigrazione, nel suo ormai celebre libro Il mondo al contrario. E che il nome di Vannacci possa figurare tra i candidati alle elezioni di giugno viene dato quasi per molto probabile, quasi sicuro, negli ambienti parlamentari. Resta un solo nodo da sciogliere: con chi correre, visto che si vagheggia di un peso elettorale pari al 3 per cento. Numeri in libertà, che però scaldano il dibattito mediatico. E fanno gola.

Il comandante Vannacci

Salvini vede quindi il generale come il comandante ideale per segnare la riscossa elettorale nei confronti di Fratelli d'Italia. Tanto da prestare il fianco alle critiche interne, con le fila degli scontenti leghisti che si ingrossano a causa degli spazi ridotti nelle liste. Certo una presa di posizione favorevole è arrivata dal presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana: «È una scelta che credo possa essere sicuramente importante, è una persona che sta cercando di combattere per vincere il pensiero unico», ha detto sull’argomento. Ma si tratta di una voce isolata.

Così più il vicepremier insiste sul generale e più si indebolisce, è il ragionamento che circola con insistenza nel centrodestra. Fino all’atto finale: Vannacci che potrebbe contendere e sfilare la leadership a Salvini. Di questo passo, alle prossime elezioni politiche, sulla scheda troveremo la «Lega per Vannacci premier», sintetizza, con una battuta, un esponente di Forza Italia. Un’iperbole. Ma la provocazione non è figlia di un'ironia. Anche che dalle parti di Fratelli d’Italia si scrutano con attenzione e con sospetto le mosse di Vannacci. A Palazzo Chigi la premier Giorgia Meloni annusa l’aria di arrivo di un possibile rivale.

L'ambizione del generale non è quindi solo un’astrazione politicista da Transatlantico. La forza di Salvini, finora, è stata l’assenza di veri competitor interni. Il “doge” veneto, Luca Zaia, è riluttante di fronte alla possibilità di scendere nell’arena nazionale: vorrebbe continuare a regnare nella sua terra. Il presidente della regione Friuli-Venezia-Giulia, Massimiliano Fedriga, non ha mai veramente affondato il colpo. E il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è uomo di gestione del potere ma non ha il physique du rôle per fare il leader.

Il dilemma del generale

Vannacci, da parte sua, non ha fretta. Si muove come un novello maître à penser della destra radicale, quella che sotto il cappello del politically incorrect infila di tutto. Omofobia e sessismo compresi. Intanto è pronto alla pubblicazione di un secondo testo, con l'intenzione – e una buona dose di certezza - di ottenere un boost di visibilità. Sa di essere la star politica della destra.

E non è un mistero che molti ex leghisti, usciti dal partito in dissenso con Salvini, stiano spingendo per fargli costruire un soggetto nuovo di zecca, senza mettersi sotto un tetto partitico già esistente, anzi in contrapposizione della Lega. Una prospettiva che terrorizza Salvini.

E Vannacci vive lo stesso dilemma che, in un altro contesto e in un altro partito, ha vissuto l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che – allora forte di un consenso popolare alto dopo il commiato a Palazzo Chigi - era in bilico tra la tentazione di un progetto proprio e la scalata al Movimento 5 stelle, opzione che ha scelto con successo. Oggi ha contizzato i 5s, sconfiggendo Luigi Di Maio e ridimensionando il ruolo e l’immagine di Beppe Grillo.

Vannacci ascolta chi gli dà consigli, chi lo blandisce chiedendogli di “scendere in campo”. «Valuterò con attenzione la proposta che mi è stata fatta senza precludermi qualsiasi attività che possa fare in futuro», ha detto chiaramente sull’offerta avanzata dai vertici leghisti. Salvo, poi, sul Corriere dire che è disposto a sentire tutti. Anche il Pd, facendo ricorso con astuzia all’arte della provocazione.

L’idea di essere candidato alle Europee con la Lega lo attira, eccome, ma il corteggiamento politico deve intensificarsi. Al limite dell’adulazione, perché ha un'alta concezione di sé. L'uomo è decisamente ambizioso: non è certamente intenzionato a fare da semplice portatore d’acqua per Salvini salvandolo dalla graticola di una nuova debacle elettorale.

Né tantomeno è intenzionato a confinarsi in Europa a fare l’eurodeputato semplice, soprattutto in caso di un buon risultato di preferenze. In quel caso Salvini salverebbe la leadership per qualche tempo. Ma mettendosi in casa l’avversario che finora non ha mai davvero avuto.

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