A Ginevra, dove ha sede la World Trade Organization, i rappresentanti dei vari paesi, riuniti ieri e oggi nel “consiglio Trips”, stanno discutendo di sospendere i brevetti per i vaccini anti Covid-19. Il consenso globale diventa sempre più ampio, persino Usa e Cina sono riuscite a convergere, ma Bruxelles no. Va per la sua strada, in direzione contraria: difende la proprietà intellettuale e le posizioni di Big Pharma. Così rischia l’isolamento internazionale. Il paradosso è che invece sul fronte interno, cioè dentro le istituzioni Ue, la posizione di Bruxelles potrebbe uscire inaspettatamente rafforzata. A Strasburgo, dove è in corso la plenaria dell’europarlamento, gli eurodeputati stanno per esprimersi sul tema; aspettano da maggio. Ma la risoluzione congiunta che arriva al voto stasera non contiene nessuna richiesta esplicita di deroga sui brevetti: è stata espunta nella trattativa. L’ultima chance sono gli “emendamenti”. Se non vanno in porto neppure quelli, la Commissione avrà un alibi in più per opporsi alla deroga. Il voto rischia di trasformarsi in un boomerang. Nelle ultime ore le organizzazioni della società civile stanno tempestando di appelli gli eurodeputati.

Solitudine a Ginevra

Nei paesi ricchi, una persona su quattro (il 23,8 per cento) ha già completato il ciclo di vaccinazione. Nei paesi a basso reddito, è vaccinata una persona su mille (lo 0,1 per cento). Il divario è evidente, e per ridurlo c’è un blocco globale che chiede di sospendere i brevetti. La novità non è questa: è da ottobre che India e Sudafrica propongono questo. Hanno convinto 118 paesi, ma pochi ricchi come Canada, Giappone, e Unione europea hanno messo il freno. Adesso però l’inusuale asse Washington-Pechino è pronto a negoziare sul testo emendato, presentato a fine maggio, che circoscrive la deroga a tre anni. L’Ue, dopo aver usato tattiche dilatorie per mesi, il 4 giugno ha presentato una sua proposta in cui difende tuttora la proprietà intellettuale e suggerisce eventualmente le licenze obbligatorie. Per il governo indiano questa posizione rappresenta di fatto un attacco al multilateralismo, perché significa che ogni paese deve agire da solo, prodotto per prodotto, rischiando lo scontro con Big Pharma. Nuova Delhi lo ha sperimentato direttamente, con il farmaco antitumorale Nexavar di Bayer, azienda che ha portato la questione in tribunale; dopo dieci anni ancora si vedono le conseguenze. Anche le donazioni non bastano: secondo lo scenario più ottimistico, il programma Covax doveva garantire la vaccinazione a un miliardo di persone entro il 2021; e non basta. Uno studio elaborato da Public Citizen assieme ai ricercatori dell’Imperial College di Londra mostra invece dati alla mano che se le barriere – brevetti in primis – fossero sospese, sarebbe possibile produrre 8 miliardi di vaccini mRna entro maggio 2022. Ci sono già, in potenza, le condizioni per accelerare rapidamente la produzione a livello globale: sei mesi per avviarla, sei mesi per il prodotto finito. Washington è già convinta. Qui si trova Burcu Kilic, direttrice di ricerca a Public Citizen, che ha assistito al cambio di direzione degli Stati Uniti sul tema. «Ho incontrato l’ambasciatrice Usa alla Wto, Katherine Tai, prima che annunciasse di sostenere la deroga ai brevetti. Ha ascoltato tutti, sia le ong che le aziende farmaceutiche. Ma ha una visione ad ampio raggio». Secondo Kilic l’America sosterrà fino in fondo il Trips Waiver, «l’Ue è rimasta praticamente la sola a voler impedire la text-based negotiation», cioè il negoziato sulla proposta aggiornata di India e Sudafrica. «La nuova proposta di Bruxelles in realtà è vino vecchio in una bottiglia nuova: si tratta dell’ennesimo tentativo di fermare la deroga ai brevetti. Ma ormai l’Ue è isolata». L’allineamento Cina-Usa intanto sprigiona le spinte pro-waiver: per esempio, i governi di Asia e Pacifico (Apec) chiedono di procedere sul testo, e in fretta.

Ultima chance a Strasburgo

Il paradosso è che mentre la linea di Bruxelles (e di Berlino) diventa sempre più solitaria nel consesso internazionale, proprio dentro le istituzioni europee la Commissione potrebbe trovare inaspettatamente una legittimazione. Nel corso dei mesi, il Trips waiver ha trovato un consenso sempre più trasversale tra le famiglie politiche europee: non solo la sinistra, o i verdi, ma anche i socialdemocratici, e qualche sostenitore in altri gruppi. Ma al momento di votare una risoluzione sul tema, popolari, conservatori e liberali hanno frenato e l’esito è un testo congiunto, sì, ma senza la richiesta di sospensione dei brevetti. Sinistra, verdi e socialdemocratici sperano di reinserire il punto attraverso emendamenti, ogni gruppo ha presentato i suoi, e la speranza è che qualche battitore libero, magari dentro Renew, porti i numeri. A maggio un emendamento pro-deroga in questo modo è passato. Ma se il piano saltasse, sarebbe un boomerang. «Ma ci rendiamo conto? L’Europa, con la sua tradizione di diritti e di stato sociale, rischia di essere più conservatrice degli Usa, e tutto questo per difendere Big Pharma», dice Dimitrios Papadimoulis della sinistra. La società civile, che ha avuto un suo ruolo nel cambio di posizione di Joe Biden, spedisce appelli agli eurodeputati. Ci sono oltre 230 tra associazioni e sindacati, oltre 170 tra premi nobel ed ex premier, e c’è pure papa Francesco, a chiedere il Trips waiver. Oltre 203mila europei hanno firmato l’iniziativa “Right to cure”. Il rischio è che proprio dall’europarlamento, la più progressista tra le istituzioni Ue, arrivi un segnale non favorevole. «Questo è un momento decisivo, non c’è spazio per posizioni pavide né per misure inefficaci. Ci aspettiamo dagli eletti una posizione chiara»: così ieri le ong Global Health Advocates, Health Action International, Human Rights Watch, Médecins Sans Frontières e Oxfam, si sono rivolte via mail agli eletti. Ultima chance per evitare una disfatta.

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