Dopo la caduta di El Fasher il 27 ottobre, diversi video online mostrano esecuzioni sommarie di civili disarmati. Un uomo ritorna spesso nelle clip. Sarebbe il brigadiere generale Al-Fatih Abdallah Idris, noto come Issa Abu Lulu
Il 27 ottobre, dopo 500 giorni, l’assedio di El Fasher è terminato. Le Forze di supporto rapido (Rsf) hanno sconfitto le Forze armate sudanesi (Saf) fedeli al governo. I 260mila abitanti della città hanno passato mesi a morire lentamente di fame, mentre alcuni sono sopravvissuti mangiando cibo per animali o erbacce. Sopra di loro solo i droni e l’artiglieria che attaccavano senza sosta. Nessuno dei cittadini di El Fasher però sta festeggiando.
Sono giorni che circolano sui social video in cui alcuni uomini armati, dalle divise identificabili come appartenenti alle Rsf, sparano senza pietà a civili disarmati. Esecuzioni di massa vengono postati ogni giorno sui social network. In particolare, un soldato appare più volte nelle riprese, imbracciando il suo fucile o la pistola. È il brigadiere generale delle Rsf, Al-Fatih Abdallah Idris. Nome di battaglia: Issa Abu Lulu.
Il macellaio delle Rsf
Abu Lulu non si fa problemi a condividere esecuzioni e torture sul suo account di TikTok con 175mila follower e 1,3 milioni di like. Già in passato è stato accusato di crimini contro l’umanità e in un video di inizio settembre lo si vede intento a chiacchierare con dei commilitoni vantandosi di aver ucciso 900 civili. Nel video raccontava che presto ad El Fasher avrebbe raggiunto quota mille. In alcune immagini girare il 27 ottobre dice con orgoglio di averne uccisi più di 2mila.
Abu Lulu maneggia il fucile come se fosse una canna da pesca. Spara con altrettanta facilità. Nei video che lo riprendono in azione, in cui spesso è lui stesso a filmare, uccide civili disarmati con una freddezza senza pari, al punto che per qualche istante sembrano clip generate dall’intelligenza artificiale.
In uno di questi filmati il macellaio delle Rsf parla con un uomo evidentemente spaventato. Sono seduti a terra. Dopo aver scambiato qualche parola, Abu Lulu gli spara un colpo al petto, all’improvviso, poi un secondo e poi un altro ancora. Le urla della vittima coprono quasi il rumore dell’arma.
In un altro video, il militare è in piedi davanti a una decina di civili seduti per terra. Prima si accerta di essere ripreso, poi spara con un fucile. Alla prima scarica ne segue una seconda sui cadaveri.
Pulizia etnica
Abu Lulu non è nuovo a compiere azioni del genere. Nel marzo del 2024 è stato visto nei pressi di una raffineria di petrolio vicino alla città di Karthoum. I media locali lo hanno accusato dell’esecuzione di alcuni prigionieri sul luogo, così come di altre avvenute a Um Sumayma, nel Kordofan settentrionale, e a el-Fula, nel Kordofan occidentale.
Ad agosto, invece, un video riprende un suo interrogatorio. L’interrogato rivela di essere dell’etnia Borgo, uno dei gruppi non arabi del Darfur, motivo per cui Abu Lulu gli spara sette colpi a distanza ravvicinata.
La guerra fratricida in Sudan è iniziata nel 2023 e vede da una parte le Rsf guidate dal generale Mohamed Dagalo e dall’altra leSaf del presidente Abdel Fattah Al Buhran. Entrambe le fazioni sono state accusate di aver commesso crimini contro l’umanità e di aver provocato una delle crisi umanitarie peggiori al mondo: almeno 150mila morti e 14 milioni di sfollati.
Quelle di questi giorni, ma non solo, sono vere e proprie esecuzioni sommarie con l’intento di fare pulizia etnica tra i sudanesi non arabi. Nei video si sente spesso la parola «falangaya» che nel dialetto arabo del Darfur si usa per indicare gli schiavi africani.
Non è un caso che molti dei miliziani delle Rsf siano stati in passato parte dei janjaweed, paramilitari che tra il 2003 e il 2005 uccisero migliaia di persone proprio per motivi etnici. Un disprezzo tale che il governatore del Darfur, Mini Minawi, ha dichiarato che le truppe delle Rsf hanno ucciso nei giorni passati gli oltre 460 pazienti del Saudi hospital di El Fasher.
Fact checking
Molte clip sono girate in luoghi rurali polverosi e sabbiosi, il che rende difficile stabilire con esattezza dove e quando siano avvenuti. In alcuni casi però, come riporta anche Bbc, è stato possibile geolocalizzare il luogo degli eventi, collocando le esecuzioni proprio a El Fasher.
Inoltre, il laboratorio di ricerca umanitaria dell’università di Yale, che monitora il conflitto, ha avuto accesso a immagini satellitari che proverebbero i fatti.
Dalle fotografie aeree si vedono corpi distesi per terra, una settimana fa non presenti, così come macchie di sangue così grandi da poter essere viste dallo spazio.
Yale ha confermato che le osservazioni dei suoi analisti sono «coerenti con i resoconti delle esecuzioni» condivise online negli ultimi giorni, così come dalle Nazioni Unite e dai gruppi per i diritti umani.
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