«I messicani hanno origine dagli indiani, i brasiliani dalla giungla, ma noi argentini siamo arrivati da navi provenienti dall’Europa ed è così che costruiamo la nostra società». Il presidente peronista argentino Alberto Fernández ha pronunciato questa dichiarazione razzista mentre cercava di rafforzare rapporti amichevoli con l’Europa. Il contesto era l’incontro con Pedro Sánchez, il primo ministro spagnolo. Senza accorgersi del carattere scandaloso delle sue parole, Fernández ha legittimato lo speciale rapporto del suo paese con l’Europa, ripetendo il mito che la popolazione argentina, a differenza degli altri paesi dell’America Latina, è esclusivamente un prodotto della migrazione europea. Questo mito conferisce di fatto agli argentini un legame culturale unico con l’Europa, senza tener conto che accidentalmente gli argentini vivono in un altro continente.

È vero che l’Argentina, come l’Uruguay e il Brasile meridionale, ha ricevuto un alto numero di immigrati. In particolar modo, i discendenti degli immigrati italiani rappresentano quasi la metà della popolazione argentina. Gli italiani, insieme con altri immigrati dall’Europa meridionale e orientale, emigrarono in Argentina tra la fine del Diciannovesimo secolo e la prima metà del secolo scorso, eppure l’Argentina non era una una terra di nessuno. L’Argentina ha molte cose in comune con altri paesi dell’America Latina. Questo è il motivo per cui le brevi parole di Fernández hanno fatto scandalo a livello continentale, anche se, a prescindere dalle scuse del presidente argentino, la dichiarazione può soltanto essere inquadrata come involontariamente xenofoba, coloniale e semplicemente ignorante.

Le origini storiche

È necessario analizzare in che senso queste parole problematiche sono parte del sentire comune di molte persone in America Latina e non solo in Argentina. Dietro queste affermazioni razziste ci sono processi storici che le generano, le riproducono, le rafforzano e le legittimano.

In primo luogo, però, dichiarazioni di questo tipo vanno distinte dalle invettive razziste di Jair Bolsonaro e Donald Trump, che non sono disattenzioni, ma parte esplicita delle loro ideologie postfasciste, populiste e suprematiste bianche, e che hanno preso forma concreta nelle loro politiche xenofobe e genocide contro i musulmani e le comunità indigene. Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, politico razzista e postfascista, ha manipolato lo scandalo per presentarsi come un vero oppositore latinoamericano del razzismo.

Fernández, al contrario, non è un nativista né un fascista anche se il sistema economico argentino si basa su processi estrattivisti, tipici dei paesi coloniali come il Canada e l’Australia, che richiedevano in passato e richiedono ancora oggi il trasferimento delle popolazioni rurali e l’eliminazione di quelle autoctone.

Eppure per la maggior parte degli argentini la razzializzazione e le pratiche coloniali sono estranee alla loro storia post indipendenza e ancor meno alla società attuale. Allo stesso tempo, però, credono che la loro discendenza europea monopolistica e unica, li renda superiori, in America Latina, ai loro vicini. Per le élite politiche, intellettuali e culturali argentine, i soggetti argentini archetipici sono bianchi e possono far risalire i loro antenati a navi transatlantiche in partenza da Genova o Barcellona. Fernández non è stato il primo presidente a fare una simile affermazione: nel 2018, il neoliberista di destra Mauricio Macri ha affermato che tutti i sudamericani provengono dall’Europa; nel 2015, la peronista di sinistra Cristina Fernandez de Kircher ha dichiarato che tutti gli argentini sono discendenti di immigrati; e nel 1996, il presidente neoliberista peronista Carlos Menem ha osservato che non c’erano neri in Argentina, che era un “problema” brasiliano. Gli argentini sono sempre stati solo bianchi; quindi, non potevano essere né razzisti né colonizzatori. A differenza del Messico, il meticciato non è mai stato esaltato in Argentina.

La “razza cosmica”

Tuttavia è bene ricordare che la creazione di quella che l’intellettuale messicano Jose Vasconcellos ha definito una “razza cosmica” di sangue misto europeo e indigeno si basava sull’esclusione e sull’eliminazione dei neri e dei popoli indigeni.

A dire il vero, anche il concetto di essere bianco è estraneo all’Argentina. L’intero immaginario nazionale è stato costruito attorno agli immigrati europei come agenti di modernizzazione della nazione, cancellando l’esistenza, i contributi e le identità di afro-argentini, meticci, comunità indigene e immigrati provenienti da Cina, Corea del Sud, Siria, Libano, Armenia, Angola, Guinea e paesi dell’America Latina. In effetti, c’è una convinzione generale secondo cui meticci e i neri sono in realtà migranti di prima o seconda generazione provenienti da Brasile, Perù, Paraguay, Uruguay e Bolivia.

Questa narrazione ha ulteriormente cementato e naturalizzato la percezione dell’argentino di essere bianco o europeo, cosa che corrispondeva anche alla struttura di classe: l’argentino autentico, i cui genitori e nonni erano arrivati con le navi, faceva parte della classe media colta e moderna; invece chi che era nato dall’incrocio con le popolazioni indigene o i figli di immigrati “appena entrati” in Argentina dai paesi sudamericani vicini con le loro popolazioni a maggioranza meticcia, appartenevano alle ignoranti e arretrate classi operaia e rurale.

La nuova mitizzazione dell’Argentina come paese esclusivamente bianco e la cancellazione delle comunità indigene, meticce, nere e non europee di Alberto Fernández mostrano quanto sia importante avere un serio dibattito sulla razzializzazione in Argentina e in altri paesi dell’America Latina, proprio come la teoria critica della razza è stata in grado di inquadrare il ruolo dell’essere bianco nella storia degli Stati Uniti e rivelare come la supremazia bianca ha operato, e continua a operare, nelle strutture sociali di potere.

 

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