«Qui in occidente siamo bombardati quotidianamente da narrazioni ufficiali ridicole, per lo più provenienti da Washington: la Russia è il male puro, la Cina è la più grande minaccia per il mondo e solo la Nato può salvarci. Queste dabbenaggini, imbastite all’infinito dal dipartimento di Stato americano, sono di grande ostacolo alla soluzione dei problemi globali».

A scrivere è Jeffrey D. Sachs, economista della Columbia e membro ordinario della Pontificia accademia delle scienze sociali. Sono frasi tratte dal suo articolo pubblicato il 10 gennaio sulla Repubblica, quotidiano con il quale ha cominciato una collaborazione.

Sachs è un economista riconosciuto a livello internazionale, ma è anche molte altre cose: le sue dichiarazioni negli ultimi tempi su Russia, Cina e Covid-19 sono state oggetto di aspre critiche e gli hanno procurato anche copiosi attestati di stima da parte del sottobosco più oscuro della americana e degli apparati di propaganda russa e cinese.

La guerra in Ucraina

Il 6 gennaio il Wall Street Journal ha pubblicato un commento al vetriolo contro Sachs e altri personaggi legati all’establishment americano come Mark Episcopos e Dimitri Simes, qualificati fin dal titolo come «le cheerleader di Putin».

Nel commento, Adrian Karatnycky accusa Sachs, Episcopos e Simes di alimentare la propaganda anti occidentale del presidente russo Vladimir Putin

Da quando è iniziata la guerra in Ucraina, Sachs è stato intervistato almeno tre volte nel programma televisivo di Vladimir Solovyov, il più noto propagandista del Cremlino, che più volte ha invocato un attacco russo contro i paesi dell’Unione europea ed è noto per il suo odio nei confronti dell’occidente. Di recente ha attaccato anche la Corte penale internazionale, che sta indagando sui crimini di guerra commessi dai soldati russi a Bucha e altrove.

Sachs ha accusato la Nato di aver spinto la Russia a invadere l’Ucraina – cosa che ha ripetuto nell’articolo di Repubblica, che però è titolato sull’Amazzonia – e ha chiesto a Zelensky di fare un passo indietro rispetto ad alcune sue richieste – tra cui riavere il controllo della Crimea – e tornare al tavolo dei negoziati per siglare la pace. 

Prestando il suo nome e il suo volto a Solovyov, Sachs ha contribuito a legittimare la visione del Cremlino, e ha anche scagionato la Russia per il sabotaggio del gasdotto Nord Stream.

«Scommetto che la distruzione del gasdotto Nord Stream è stata un’azione degli Stati Uniti, forse degli Stati Uniti e della Polonia», aveva detto Sachs a Bloomberg Tv subito dopo la notizia del sabotaggio avvenuto a metà settembre.

E poi ha aggiunto: «So che questo va contro la nostra narrazione e che in occidente non è permesso dire queste cose». Le affermazioni, fatte senza portare alcuna prova, sono state immediatamente rilanciate dai siti e dalle agenzie di stampa russe.

Covid

Lo scorso luglio, le dichiarazioni di Sachs sul Covid-19 – secondo cui «molto probabilmente è emerso da un programma di ricerca di laboratorio sostenuto dagli Stati Uniti» – hanno messo in imbarazzo l’Alto rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrel, che lo ha scelto come consigliere di politica estera. 

Contattato da Politico, il portavoce di Borrel ha specificato che Sachs non riceve uno stipendio per la sua attività di consigliere e che non è un funzionario europeo, pertanto le sue opinioni non rappresentano quelle di Borrell.

La sua tesi è ribadita anche nelle raccomandazioni finali della commissione sul Covid-19 per la rivista scientifica Lancet.

Sachs, che è stato scelto come presidente della commissione, ribadisce che il virus può essere sia uscito da un laboratorio sia giunto tramite trasmissione animali. Entrambe le ipotesi sono valide, ma lui si spinge oltre, dicendo che gli esperimenti di laboratorio erano guidati dagli americani e per questo l’ipotesi non è stata indagata a dovere.

Secondo lui non c’è stata una discussione pubblica onesta e trasparente sull’origine del virus, cosa che ha mandato in solluchero tutti quelli che, a ogni latitudine, gridano indignati che «non ce lo dicono».

Durante la presentazione del rapporto finale della commissione sul Covid-19, il direttore dell’Oms, Tedros Ghebreyesus, ha criticato pubblicamente Sachs, al quale ha detto: «Nutriamo notevoli preoccupazioni per le omissioni e gli errori fattuali contenuti nel rapporto della Commissione in relazione alle prestazioni dell’Oms».

Gli uiguri

Nell’aprile del 2021 in un articolo pubblicato sul suo sito aveva chiesto all’amministrazione americana di ritrattare le dichiarazioni dell’ex vicepresidente Mike Pompeo che accusava la Cina di genocidio contro gli uiguri.

Per Sachs sono dichiarazioni che portano all’escalation militare e benché «esistano accuse credibili di violazioni dei diritti umani contro gli uiguri», «queste non costituiscono di per sé un genocidio».

Inoltre, secondo Sachs «dobbiamo comprendere il contesto della repressione cinese nello Xinjiang» ovvero «fermare il terrorismo dei gruppi islamici militanti», una giustificazione tratta dall’armamentario propagandistico del regime di Xi Jinping.

Sono anche dichiarazioni in controtendenza rispetto alle inchieste giornalistiche pubblicate negli ultimi anni e alle risoluzioni approvate da diversi parlamenti (Regno Unito, Canada, Paesi Bassi ecc.) che hanno concluso che nello Xinjiang è in corso un genodicio.

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