Ormai da settimane, sul confine tra Israele e Libano, si sta svolgendo un conflitto a bassa intensità tra le forze armate di Hezbollah e l'esercito Israeliano.

Gli scontri sono iniziati l’8 ottobre, il giorno dopo l’attacco di Hamas e l’inizio dei bombardamenti israeliani su Gaza: le forze del movimento sciita Hezbollah hanno colpito alcuni avamposti dell’esercito israeliano nel territorio conteso delle Fattorie di Sheeba.

Questo gesto, che Hezbollah ha dichiarato di aver compiuto «in solidarietà con la resistenza palestinese», ha dato inizio a settimane di tensione intorno alla Linea Blu, il confine tra Israele e Libano riconosciuto dalle Nazioni unite. Oltre alle forze di Hezbollah, sul lato libanese del confine sono schierate anche altre milizie, tra cui le Brigate Qassam di Hamas e la Jihad Islamica.

Gli scontri hanno interessato tutti i territori vicini al confine, e ad oggi hanno causato la morte di almeno 14 civili libanesi e 2 civili israeliani, oltre a 70 miliziani di Hezbollah e una decina di soldati israeliani. Inoltre, decine di migliaia di persone da entrambi i lati del confine sono state sfollate.

Nonostante i tentativi per allentare la tensione, l’escalation continua, con lanci di razzi e bombardamenti che entrambe le parti dichiarano essere risposte alle provocazioni dell’avversario, e che coinvolgono un numero sempre più preoccupante di civili. Questa domenica 12 novembre, numerosi attacchi di Hezbollah e delle Brigate Qassam di Hamas hanno causato il ferimento di almeno dieci civili israeliani in varie località nel nord di Israele.

Il portavoce delle forze di difesa israeliane Daniel Hagari ha commentato l’accaduto dichiarando che Israele «cambierà la situazione relativa alla sicurezza nel nord» e che «i cittadini libanesi pagheranno il prezzo di questa assenza di ordine».

Ma questi attacchi sono solo gli ultimi di una settimana in cui gli scontri si sono intensificati e susseguiti quotidianamente da entrambi i lati del confine.

Il 10 novembre, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa libanese Nna, un proiettile d’artiglieria israeliano ha colpito l’ospedale Mays Al Jabal nel sud del Libano. Il ministero della Sanità libanese ha riferito che un operatore sanitario è rimasto ferito e diverse strutture sono state danneggiate, e ha condannato fermamente l’attacco su X (Twitter) definendolo «una flagrante violazione di tutte le leggi e i trattati internazionali».

«Anche a Beirut»

Appena qualche giorno prima, il 5 novembre, un missile israeliano aveva colpito un’automobile nel villaggio di Aynata, vicino al confine, uccidendo una donna e le sue tre nipoti di 10, 12 e 14 anni. Sempre secondo l’agenzia di stampa libanese Nna, il ministro degli Affari esteri del Libano Abdallah Bou Habib ha dichiarato che «l’uccisione di bambini e di civili da parte di Israele è un crimine di guerra che riflette la politica israeliana di attaccare intenzionalmente famiglie, bambini, medici e giornalisti», aggiungendo che il Libano avrebbe presentato una denuncia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite riguardo all’accaduto.

Anche il portavoce della Forza di interposizione delle Nazioni unite nel sud del Libano (Unifil) Andrea Tenenti ha commentato l’accaduto, dichiarando che «ogni morte civile è una tragedia», e aggiungendo: «Ricordiamo a tutte le parti coinvolte che gli attacchi contro i civili costituiscono una violazione del diritto internazionale e che possono costituire un crimine di guerra».

Nel tanto atteso discorso dello scorso venerdì 3 novembre, il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah aveva lasciato intendere di non voler far degenerare il conflitto in una vera e propria guerra, intimando però che, in caso di attacco israeliano, una «guerra a tutto campo» sarebbe stata possibile.

In un secondo discorso, tenuto sabato 11 novembre, Nasrallah ha confermato l’intenzione di continuare a «mettere pressione a Israele tenendo aperto il fronte di guerra» con il Libano. Dall’altra parte della Linea Blu, le dichiarazioni dei leader israeliani sono tutt’altro che ponderate.

«Quello che stiamo facendo a Gaza possiamo farlo anche a Beirut», ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant.
 

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