- All’inizio della pandemia da Covid-19 la Corea del Sud fu unanimemente considerata come un modello al quale rifarsi. Ora le cose sono cambiate: gli ospedali sono in sofferenza, c’è chi muore a casa, è stato imposto un coprifuoco.
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A gennaio dovrebbe essere data attuazione a un progetto pilota – che avrà come epicentro Puch’ŏn, una delle città più densamente popolate nelle vicinanze della capitale Seoul – volto all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, del riconoscimento facciale e di migliaia di telecamere a circuito chiuso per tracciare i movimenti di coloro che hanno contratto il virus.
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La pandemia ha comunque provocato un crescente sentimento di impotenza in seno alla popolazione sudcoreana, favorendo un processo di frammentazione sociale. Ciò, almeno stando a recenti indagini condotte dalla Seoul National University, avrebbe avuto origine dalla percezione in base alla quale non tutti sarebbero rispettosi delle linee guida e delle restrizioni adottate dal governo.
All’inizio della pandemia da Covid-19 la Corea del Sud fu unanimemente considerata come un modello al quale rifarsi: la celerità della risposta alla diffusione del virus – dovuta anche alle passate esperienze con le sindromi Sars e, soprattutto, Mers – e l’adozione di nuovi metodi tecnologici di contenimento non solo avevano evitato l’applicazione di qualunque forma di lockdown generalizzato nel paese, ma anche limitato il numero dei decessi (sul finire di ottobre 2021 il tasso di decessi in Co



