Il Parlamento europeo ha votato a larga maggioranza la relazione che conclude la prima fase del lavoro della commissione speciale ingerenze straniere in tutti i processi democratici nell’Unione europea, inclusa la disinformazione (Inge).

Per la prima volta ci si è dotati di un’ampia e vasta serie di proposte avanzate al termine di numerose occasioni di confronto con protagonisti del mondo dell’informazione libera, della società civile, dell’attivismo dei diritti.

Ovviamente l’attore principale - anche se non l’unico - delle interferenze realizzate in questi anni si chiama Vladimir Putin.

Il suo sistema di poter ha spesso sconfinato oltre i propri confini con l’idea, resasi evidente in modo dirompente in queste drammatiche giornate di guerra, di infiltrarsi nei processi democratici, di condizionare l’agenda e le decisioni politiche anche attraverso  accoliti e utili idioti.

È fin troppo facile ricordare il caso “Lega”, citato inevitabilmente nel rapporto, e dunque la vicenda, ancora in gran parte da chiarire, relativa ai contatti continui mantenuti dall’entourage di Putin e Gianluca Savoini, presente e attivo a Mosca come “ambasciatore” di Matteo Salvini.

Il problema

L’impianto della relazione della commissione Inge del resto va al cuore di un punto su cui alcuni di noi si soffermano da anni (spesso provocando alzate di spalle a destra e a manca): si è stati di fronte a un tentativo vero di costruzione di un’internazionale sovranista fondata sul patto tra Le Pen, lo stesso Salvini, Orban, il “sistema Putin” e svariati altri protagonisti dell’infelice stagione ultranazionalista.

Il Parlamento europeo, al termine di un confronto a tratti anche acceso, ha deciso di non eludere la questione e avanza alla Commissione europea e agli stati membri proposte precise riguardanti la regolamentazione più trasparente dei meccanismi tramite i quali partiti e fondazioni vengono finanziati (i soldi sono sempre l’ovvio e naturale veicolo privilegiato delle infiltrazioni).

Attraverso questo gesto si richiede che gli stati membri attuino un divieto riguardante le donazioni estere e che armonizzino normative nazionali spesso lacunose.

Il tutto affinché si regolamentino i contributi in natura (ad esempio i prestiti) da parte di soggetti stranieri a partiti politici, fondazioni, eletti, si proibiscano le donazioni anonime, almeno al di sopra di soglie significative, e si definiscano norme omogenee riguardanti le campagne elettorali e tutta la materia complessiva dei contributi privati alla politica, riconoscendo inoltre alle autorità nazionali il diritto-dovere di indagare soprattutto nelle situazioni concernenti l’utilizzo di società di comodo impiegate per attuare passaggi di denaro.

Social e fake news

A ciò si accompagnano ovviamente importanti raccomandazioni riguardanti la tutela degli appuntamenti elettorali, la massima responsabilizzazione delle “piattaforme”, da chiamare in causa in relazione proprio al capitolo della disinformazione e delle quali va messo in discussione un modello di business che diventa un moltiplicatore del caos attraverso l’uso opaco degli algoritmi.

Non solo: in un quadro simile si esortano le istituzioni nazionali ed europee a  puntare sul terreno (mai sufficientemente coltivato in tutti questi anni) dell’alfabetizzazione mediatica, proprio per combattere le fake-news e la loro produzione sistematica,  e sostenendo la libera informazione come spazio necessario di proliferazione positiva di anticorpi democratici.

La cybersicurezza

Infine, con molta più chiarezza che in passato, il Parlamento ha deciso di affrontare il tema costituito dal ruolo della cybersicurezza. Aspetto centrale come ci ricordano i giorni drammatici che stiamo vivendo.

Siamo infatti anche nel tempo delle guerre ibride ed esse divengono un tassello essenziale della strategia dell’ingerenza.

Ovviamente non ci fermiamo.

Riteniamo che l’Europa debba difendere e praticare i propri valori e debba dotarsi di strumenti permanenti per sconfiggere le infiltrazioni di Putin e dei diversi attori di interferenze presenti nel mondo.

Tutte cose, va da sé, che richiedono una classe politica europea con la schiena dritta e comportamenti limpidi.

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