«“Vedi se trovi il modo per fare una deviazione”. Anzi, mi disse: correte se potete. Sì, proprio così». In questo modo John Mpaliza ricorda le parole che gli disse David Sassoli, ex presidente del parlamento europeo venuto a mancare l’11 gennaio scorso in seguito a una grave complicanza dovuta a una disfunzione del sistema immunitario.

John Mpaliza, cittadino italiano di origine congolese, da molti conosciuto come Peace Walking Man, dal 2010 gira l’Italia e l’Europa a piedi per raccontare il dramma che vive la Repubblica democratica del Congo: una guerra economica che si protrae da oltre venti anni.

Le risorse nazionali

Foto AP

La RdC, teatro di grandi violenze che da anni versa in uno stato di fragilità post bellico, è una delle nazioni più povere al mondo ma anche la più ricca di risorse naturali dell’Africa. Il suo sottosuolo contiene preziosissimi minerali come oro, cobalto, tungsteno, stagno e coltan,  che sono alla base della nostra tecnologia. A sud del paese, nella regione del Katanga, si estrae oltre il 70 per cento del cobalto mondiale, necessario alla fabbricazione delle batterie ricaricabili utilizzate per alimentare telefoni, computer e veicoli elettrici.

Nel nord est, soprattutto nel nord-Kivu e sud-Kivu, si trova il 60 per cento delle riserve mondiali di coltan, altrettanto essenziale per i nostri dispositivi elettronici. Come denunciato da numerosi rapporti di organizzazioni internazionali quali Amnesty International, questi minerali sono in gran parte estratti illegalmente da uomini, donne e bambini ridotti in schiavitù.

Inoltre, è tramite il contrabbando di queste risorse verso i paesi confinanti - perlopiù coltan e oro nei vicini Uganda e Rwanda - che le centinaia di gruppi armati locali possono finanziarsi e continuare così a combattere una lotta senza fine per contendersi il controllo della terra e delle sue ricchezze.

Torture, violenze sessuali, distruzione ambientale, omicidi e sfruttamento minorile sono alcuni tra i più frequenti crimini commessi dalle milizie stesse a danno della popolazione congolese.

In questa devastazione di cui John Mpaliza è testimone oculare sta il senso di quella che è diventata la sua  missione di vita: denunciare e attivare una responsabilità sociale in Europa circa l’approvvigionamento di minerali legati a conflitti e violazioni dei diritti umani.

Camminare per denunciare

Foto Facebook John Mpaliza

«Tutto è iniziato nel 2009 quando tornai nel mio paese e compresi le atrocità che il popolo congolese stava e sta tuttora subendo, in particolare nelle regioni orientali del Congo», racconta Mpaliza, che vive in Italia da quasi 30 anni. «Al mio rientro in Italia ero distrutto e incredulo. Volevo denunciare, raccontare. Il mezzo più economico per farlo era camminare e raggiungere quante più persone possibile».

Dapprima approfitta del cammino di Santiago di Compostela e della presenza di oltre mille pellegrini per poter parlare di coltan e registrare messaggi di pace diretti al popolo congolese. Poi la marcia Reggio Emilia-Bruxelles, tra luglio e settembre del 2012, per chiedere alla comunità europea di intervenire e dotarsi di una legge sulla tracciabilità dei minerali.

«Il mio obiettivo era raggiungere Bruxelles perché lì si prendono le decisioni sulla politica estera europea», spiega Mpaliza. Sassoli gli fece capire quanto fosse importante però arrivare anche a Strasburgo. Dopo averlo contattato ad aprile del 2012 per raccontargli l’iniziativa, si sentirono al telefono ma parlarono solo per cinque minuti.

«Mi fermò quando iniziai a raccontare più nel dettaglio del Congo. Lì percepii la sua umiltà. Mi disse: fermo un attimo. So di questa realtà ma non la conosco molto bene, e non credo si possa affrontare al telefono. Non riesci a fare un salto a Bruxelles? Così andai».

Nel suo ufficio, David Sassoli, allora capo delegazione del Partito democratico al parlamento europeo, insistette sulla deviazione a Strasburgo: «La questione deve riguardare tutta l’Europa. Voi preoccupatevi di camminare. Camminate più veloci che potete. Correte se potete. Al resto penserò io. E mantenne la sua promessa», dice Mpaliza.

L’11 settembre 2012 la marcia partita da Reggio Emilia e diretta a Bruxelles arrivò a Strasburgo. John Mpaliza ebbe l’opportunità di portare le sue denunce di fronte ad una vasta platea di delegazioni europarlamentari.

L’iter europeo

In this photo taken Aug. 17, 2012, one of the few remaining miners digs out soil which will later be filtered for traces of cassiterite, the major ore of tin, at Nyabibwe mine, in eastern Congo. Gold is now the primary source of income for armed groups in eastern Congo, and is ending up in jewelry stores across the world, according to a report published Thursday, Oct. 25, 2012, by the Enough Project. Following American legislation requiring companies to track the origin of the minerals they use, armed groups have been unable to profit from the exploitation of tin, tungsten, and tantalum, and have turned instead to gold, which is easier to smuggle across borders. Gold miners, like cassiterite miners, work in extreme conditions, with crude equipment such as pick-axes and shovels. (AP Photo/Marc Hofer)

Sulla base del modello statunitense, che prevede una policy focalizzata sui minerali provenienti da Congo e zone limitrofe, nel 2014 la Commissione europea avanza finalmente una proposta di legge per contrastare il commercio di minerali usati per finanziare i gruppi armati in zone di conflitto o ad alto rischio.

Non senza pressioni e proteste da parte di grandi aziende europee e multinazionali e cambi di rotta all’interno delle istituzioni stesse, la legge è stata adottata nel 2017 come Regolamento (Ue) 2017/821. La normativa stabilisce che a partire dal 1° gennaio 2021 gli importatori dell’Unione europea di stagno, tantalio, tungsteno e oro debbano controllare che i minerali siano stati estratti in modo responsabile, accertando l’origine dei minerali e dichiarando provenienza e quantità.

La legge rappresenta indubbiamente un traguardo importantissimo, il primo a livello europeo nella lotta al commercio di minerali provenienti da zone di conflitto. «Ciò nonostante credo che la tracciabilità ne esca un po’ azzoppata a partire dalla grande assenza del cobalto, che continua a essere un minerale non regolamentato anche se collegato a gravi violazioni dei diritti umani nella RdC», dice Mpaliza.

Un’altra debolezza della legge è individuata nel fatto che gli obblighi siano imposti solo a una fetta delle imprese coinvolte nel commercio dei minerali.

Inoltre, spiega, «gran parte dell’oro e del coltan che escono dal Ruanda provengono illegalmente dal Congo, rendendo vano il regolamento. Ciò vuol dire anche che l’utente finale non può avere la garanzia che il cellulare acquistato sia privo di minerali provenienti da zone di conflitto o comunque estratti violando i diritti umani».

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