Vittoria e gran ritorno di Lula già domenica, oppure un altro mese di tensioni, colpi bassi, regolamenti di conti nelle strade. Il Brasile arriva al bivio del primo turno delle elezioni presidenziali con grandi incertezze sul suo futuro, e immerso in un clima da derby, senza sapere a che punto arriverà il fischio finale della lunga sfida tra Jair Bolsonaro e Luiz Inácio Lula da Silva. L'ultimo sondaggio conferma i dubbi: Lula avrebbe il 50 per cento dei voti validi, Bolsonaro è molto staccato con il 36 per cento. Ma a questo punto il divario tra i due conta poco, perché l’unica risposta che le urne devono offrire stasera è se l’ex operaio supererà o meno la soglia per evitare il ballottaggio, e quindi un altro mese di sfida. Le due campagne si sono concentrate su obiettivi speculari. Quella di Lula fa appello al voto utile, cioè non disperdere la preferenza su candidati senza più chance di vittoria, mentre lo staff di Bolsonaro è alla disperazione. Poiché nessuna delle mosse del presidente in carica ha funzionato finora per convincere gli elettori, soprattutto quelle che guardano alle loro tasche con sussidi e tagli di imposte, gli attacchi delle ultime ore al rivale hanno abbandonato ogni scrupolo.

Soprattutto in tv, già che l’arma delle fake news sui social appare spuntata rispetto a quattro anni fa grazie a maggiori controlli. Su tutto aleggia il rischio del non riconoscimento della sconfitta da parte di Bolsonaro, sulle orme del suo amico e modello politico Donald Trump.

Appelli e attacchi golpisti

Nell’ultima settimana un fiume di video e dichiarazioni da parte di personaggi noti ha cercato di spingere i brasiliani al voto utile a favore di Lula. I cantautori storici (Chico Buarque, Caetano Veloso, Gilberto Gil), antichi avversari politici come l’ex presidente Fernando Henrique Cardoso, persino giudici della Corte suprema che anni fa svelarono scandali nell'entourage del Pt, il partito dei lavoratori.

Molti di loro hanno fatto un appello, invano, al terzo collocato nei sondaggi, il laburista Ciro Gomes, affinché abbandonasse la partita, agevolando Lula. A Bolsonaro è arrivato invece l’endorsement di Neymar, per la disperazione di mezzo Brasile alla vigilia dei Mondiali del Qatar.

L’appello al voto utile è in nome del rischio per la democrazia che comporterebbe un altro mese di incertezza, sotto gli attacchi golpisti del bolsonarismo. Il quale usa la minaccia a intermittenza. Un sito di notizie ha calcolato che in sette live su dieci di quest’anno Bolsonaro ha messo in dubbio il funzionamento del sistema di votazione e l’indipendenza dell’authority elettorale.

In Brasile il voto è al cento per cento elettronico da un quarto di secolo, non c’è mai stato alcun allarme o denuncia fondata di brogli, e nessun tentativo di hackeraggio è mai andato a buon fine. Eppure Bolsonaro attacca il sistema telematico da mesi, vorrebbe mettere l’esercito come suo guardiano del voto, ignorando anche i moniti della Corte suprema che considera il suo atteggiamento alla stregua di un reato e un attacco alle istituzioni.

A domanda diretta, Bolsonaro risponde che riconoscerà l’eventuale sconfitta “ma solo se il processo sarà pulito», lasciandosi ogni porta aperta a partire dalle 17 di domenica, quando verranno diffusi i dati.

Lo spauracchio dei (finti) brogli

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È opinione pressoché unanime in Brasile che l’inaffidabilità dell’urna elettronica è la fake news del 2022 di Bolsonaro, già che quelle usate in passato contro la sinistra su temi della morale non sono replicabili. La mossa è disperata, pretestuosa, pre golpista, secondo i suoi avversari.

È difficile in effetti, persino per un elettore poco preparato, capire come farebbe l’opposizione a organizzare i brogli quando la macchina elettorale è in mano al governo. Ma la logica non è il forte del bolsonarismo, il quale crede di più all’antica massima del nazismo secondo la quale una bugia ripetuta all’infinito riesce a trasformarsi in verità.

Sin dall’inizio del mandato, Bolsonaro mobilita i suoi con l’ossessione del complotto da parte dei giudici della Corte suprema, nella quale i due membri da lui nominati sono in forte minoranza. Corte che in Brasile ha l’ultima parola su una infinità di questioni e quindi un potere enorme.

Non è raro, nelle manifestazioni di piazza, vedere striscioni che chiedono un intervento sul Supremo tribunal federal, o addirittura la sua chiusura con la forza. In queste ore naturalmente è la corte parallela che si occupa del processo elettorale a vivere sotto l’artiglieria dell’ex capitano dell’esercito.

Un effetto serio del clima sono gli episodi di violenza che si registrano tra elettori delle due fazioni un po’ in tutto il Brasile. Quasi sempre a farne le spese sono i “lulisti” e si contano già alcune vittime per arma da fuoco.

Scacco matto

L’ultimo dibattito in tv tra i candidati, trasmesso venerdì sera dalla dominante Rede Globo, ha ribadito il clima di guerra totale. Non contento di definire Lula ex carcerato, accusarlo per le razzie nelle casse delle imprese pubbliche quando era presidente, Bolsonaro ha tentato un improbabile scacco matto tirando fuori una questione vecchia di 20 anni, il misterioso omicidio di un compagno di partito di Lula, Celso Daniel, alla vigilia delle elezioni del 2002.

Usando come schermo le parole di un’altra politica, ha definito Lula «mandante morale» di quel delitto. L’avversario si è difeso contrattaccando, ricordando anni di indagini cadute nel vuoto, e la mossa di Bolsonaro non ha avuto successo.

Il ritorno di Lula

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Il leader popolare che sogna il gran ritorno insiste con l’unica strategia di questa campagna, limitarsi a ricordare ai brasiliani come stavano bene quando c’era lui, si mangiava carne tutti i giorni e il Brasile era stimato all’estero.

Sa bene che dopo una crisi economica e la pandemia, i suoi punti deboli – corruzione e questione morale – sono passati in secondo piano nelle priorità degli elettori. È talmente forte la suggestione del gran ritorno ai tempi felici che Lula non si è nemmeno curato di presentare un programma di governo, e la composizione della sua squadra di governo resta un mistero.

Probabile soltanto il ritorno al suo fianco della leader ambientalista Marina Silva, come lei stessa ha ammesso nell’intervista a Scenari di questa settimana.

Dal canto suo Bolsonaro non riesce nemmeno ad approfittare delle (poche) carte buone che ha in mano, come la ripresa economia in corso, il calo della disoccupazione o la riduzione dei tassi di violenza nel paese, perché i tre anni e mezzo al potere sono stati un disastro su vari fronti, a partire da quello della comunicazione.

Gli spot degli avversari scaricano immagini dove il presidente del paese prende in giro le vittime del Covid, nega l'efficacia dei vaccini, attacca gli indios e gli ambientalisti. Appare insomma come l’estremista e negazionista che è sempre stato durante la sua carriera di radicale ai margini della vita politica, e avendo deliberatamente scelto di parlare solo ai suoi fedelissimi. Nemmeno la disfatta nei sondaggi, finora, lo ha convinto a convergere verso quella moderazione e convergenza al centro che un sistema elettorale a due turni consiglia ad ogni latitudine.

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