Alzando la coppa del mondo al cielo nello stadio Lusail in Qatar, Lionel Messi ha messo fine alla sua croce: i continui paragoni calcistici con il leggendario Diego Armando Maradona. Nonostante avesse vinto di tutto sia a livello di squadra che individuale, al numero 10 dell’Argentina del presente, erede di quello del passato, mancava un unico trofeo per mettere a tacere le critiche e confermare il suo valore: incastonare nella maglia della sua nazionale la terza stella d’oro in onore del Mondiale vinto.

Ma mai Messi avrebbe pensato che quel momento di gloria eterna avrebbe portato con sé una piccola macchia nera, immortalata in tutte le foto della celebrazione finale. 

Dopo aver ricevuto il trofeo di migliore giocatore del torneo e prima di salire sul palco per festeggiare la vittoria dei Mondiali insieme ai suoi compagni di squadra, l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani ha voluto far indossare a Lionel Messi la bisht, un mantello nero tipicamente usato in Qatar in occasione delle cerimonie e indossato dagli esponenti della famiglia reale.

Si è trattato di un gesto simbolico con il quale l’emiro (proprietario del Paris Saint-Germain in cui gioca Messi) ha voluto ribadire il suo potere politico ed economico di fronte al mondo intero e ha risposto platealmente alle critiche sulle violazioni dei diritti umani e civili delle ultime settimane.

Se con la vittoria dei Mondiali Messi aveva messo a tacere per qualche minuto i continui paragoni con Maradona, la sua decisione di indossare la bisht ha scatenato sui social aspre critiche concentrate sulla differenza morale tra i due giocatori più forti in assoluto dell’Albiceleste.

Commenti come «Maradona non avrebbe mai accettato di indossarlo», «Diego non lo avrebbe fatto», e ancora «Questa è la differenza tra Messi e Maradona» sono tra i più diffusi sulle piattaforme social. Ma è veramente così?

Gli amici arabi di Diego

C’è un breve scambio su Twitter che può dare una risposta al dibattito delle ultime ore. Nel 2017, durante le proteste in Venezuela contrastate con la violenza dalle autorità capeggiate da Nicolas Maduro, Diego Armando Maradona ha scritto un tweet di sostegno al presidente del Venezuela. «Chavisti fino alla morte e quando Maduro chiamerà, sarò vestito da soldato per un Venezuela libero, per combattere contro l’imperialismo», scriveva il Pibe de oro.

Dura e sintetica la risposta di José Luis Chilavert, storico portiere del Paraguay. «Maradona è rincitrullito, parla contro l’imperialismo ma vive a Dubai».

Negli ultimi anni di vita, infatti, Maradona ha trovato nei paesi del Golfo arabo una calda accoglienza oltre a soldi e amicizie. Negli Emirati Arabi Uniti ha chiuso contratti milionari per sedere sulle panchine delle squadre di Al-Wasl e Al-Fujairah.

Maradona ha vissuto parte della sua vita tra emiri e sceicchi senza mai sollevare critiche di alcun tipo proprio come Messi e tanti altri giocatori e gli Emirati Arabi Uniti sono al pari del Qatar nella gerarchia dei paesi che rispettano i diritti umani e civili. E per gli emiri, Maradona è stato anche ambasciatore onorario dello sport di Dubai.

La Camorra e il Sudamerica

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Una tappa storica della carriera calcistica di Maradona è stata indubbiamente Napoli. La città italiana lo ha accolto a braccia aperte e oggi il suo nome riecheggia nelle strade del centro storico al pari di una divinità

Al Pibe de Oro è stato anche intitolato l’ex stadio San Paolo e una sua statua in bronzo lo ricorderà per sempre ai suoi tifosi. Dopo la vittoria dell’Argentina migliaia di tifosi sono scesi in strada brandendo foto e bandiere con il volto di Maradona e hanno festeggiato la vittoria del mondiale dell’Argentina.

Ma Napoli, per Diego, è stato anche un luogo di perdizione tra un figlio riconosciuto, dopo una lunga battaglia legale, con 18 anni di ritardo e rapporti scomodi legati alla criminalità organizzata.

In un’intervista rilasciata a Maurizio Costanzo Maradona ha spiegato bene i suoi legami con la camorra. «Uscivo di notte e incontravo questa gente, mi fotografavano; io non chiedevo il passaporto per farmi fotografie, non sapevo fossero camorristi – ha detto – Alla camorra non ho mai chiesto niente, loro mi hanno dato la sicurezza che alle mie due bambine non sarebbe successo niente. Parlai con Carmine Giuliano dopo la Coppa America dell’87 e su La Gazzetta dello Sport uscì che se non fossi tornato a Napoli avrebbero fatto del male alle mie bambine: lui mi rassicurò, dicendo che a loro non sarebbe successo niente». 

La vicinanza di Diego Armando Maradona agli uomini di potere è nota. Fidel Castro e Hugo Chavez sono solo alcuni dei capi di stato e di governo lodati dall’ex calciatore argentino. Messi, invece, ha sempre tenuto distante la politica, anche per questo entrambi non possono essere paragonati. Ancora una volta.

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