Da un lato la parata militare voluta dal tycoon, in occasione del 250° anniversario dell’esercito (ma anche del suo compleanno). Dall’altro le manifestazioni in diverse città, unite dallo slogan “No Kings” per protestare contro la deriva autoritaria del presidente. E il paese è sotto shock per gli attacchi ai parlamentari Dem in Minnesota
Le tensioni e le profonde spaccature all’interno degli Stati Uniti si sono palesate in maniera plastica durante questo weekend. Da un lato la parata militare voluta da Donald Trump, in occasione del 250° anniversario dell’esercito americano (ma anche del suo 79° compleanno).
Dall’altro le manifestazioni in diverse città, unite dallo slogan “No Kings” per protestare contro la deriva autoritaria del presidente, condite da disordini e arresti. Se non fosse abbastanza, ad aumentare il clima di caos negli Usa sono stati gli attacchi di un killer contro parlamentari democratici in Minnesota, in cui sono rimasti uccisi la deputata Melissa Hortman insieme a suo marito.
Ad ogni modo, Trump non sembrava preoccupato. Al centro di un palco installato al National Mall di Washington, ha osservato la parata delle forze armate. Era accompagnato da sua moglie Melania, dal segretario alla Difesa Pete Hegseth, dal vicepresidente JD Vance. Un’iniziativa importante, almeno per i numeri: 7000 soldati, decine e decine di veicoli militari, tra cui carri armati, blindati e pezzi d’ artiglieria semovente. Elicotteri, droni e quant’altro. Per un costo di almeno 45 milioni di dollari.
Era un pallino di Trump, la voleva istituire già nel suo primo mandato presidenziale. E ora ci è riuscito: «Tutti gli altri paesi celebrano le proprie vittorie, era ora che anche l’America lo facesse». «Rendete gli americani orgogliosi», ha affermato l’inquilino della Casa Bianca rivolgendosi ai soldati. Una parata, con tanto di “tanti auguri” cantato a Trump. Servita al presidente per levarsi lo sfizio di fare il comandante in campo e per lanciare il messaggio di un’America assertiva, soprattutto dentro i propri confini come confermato dal dispiegamento di marines in California, più che per dimostrare l’efficienza dell’esercito Usa.
E l’obiettivo è stato raggiunto. Nonostante il numero di spettatori sia stato minore rispetto alle attese. Erano previste circa 250mila persone, ma a presentarsi a Washington sono state molte meno, qualche decina di migliaia. Colpa del rischio pioggia, ma anche di uno scetticismo generale attorno all’iniziativa.
Le strade e le piazze americane sono state invece riempite da altre manifestazioni. Quelle svolte in più di 2000 città del paese, al grido di “No Kings”. Secondo gli organizzatori in tutto sono stati milioni a protestare. Una fetta del paese che non vuole derive autoritarie e che vede in Trump un pericolo per la propria democrazia. Le proteste si sono snodate in maniera quasi del tutto pacifica. I principali disordini si sono verificati, ancora una volta, a Los Angeles, percorsa nell’ultima settimana da violenze per le ondate di arresti di immigrati da parte dell’Ice, l’agenzia federale responsabile dei raid anti-migranti. Sono scattate cariche della polizia a cavallo e lanci di lacrimogeni per disperdere la folla.
A Salt Lake City, nello Utah, a margine di una manifestazione è scoppiata una sparatoria che ha causato almeno due feriti e tre arresti. A Las Vegas, dove si sono svolte due manifestazioni “No Kings”, 15 persone sono state arrestate, tra cui quattro minorenni. Fermi anche ad Austin, sebbene la protesta sia rimasta pacifica. A New York, i manifestanti sono stati circa 50mila. Anche lì non sono mancati gli arresti, saliti a otto. Migliaia di persone si sono riunite anche a Filadelfia, Houston, Denver, Chicago, Atlanta, Portland.
Minnesota sotto shock
Anche in Minnesota le persone sono scese per le strade di St. Paul, sebbene le forze dell’ordine avessero sconsigliato lo svolgimento delle proteste e gli organizzatori abbiano annullato alcune manifestazioni. Lo stato è sotto choc per l’uccisione della deputata Hortman e di suo marito, così come per il ferimento del senatore John Hoffman e di sua moglie.
Attacchi che, secondo il governatore Tim Walz, hanno «motivazioni politiche». Il sospetto killer è ancora in fuga, il suo nome è Vance Luther Boelter, 57 anni, fervente cristiano evangelico, anti aborto. Come raccontato ai media statunitensi da un suo amico, alle ultime elezioni aveva votato Trump. Si è spacciato per un agente di polizia, con una maschera al volto, in macchina aveva una lista con 70 nomi di esponenti democratici e medici. E alcuni volantini delle proteste “No Kings”. Per questo c’era apprensione attorno alle manifestazioni.
La violenza politica negli Usa, quindi, dilaga. Gli attacchi in Minnesota sono solo gli ultimi contro esponenti politici. Le immagini del tentato assassinio di Trump a luglio 2024 sono ancora fresche. Ma di recente sono stati compiuti altri attacchi, come l’incendio appiccato ad aprile alla casa del governatore della Pennsylvania, il dem Josh Shapiro. Una violenza esacerbata dalle divisioni profonde che attraversano il paese. Di cui Trump è diretta espressione.
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