Un gasdotto lungo quattromila chilometri partendo dalle coste della Nigeria attraversa il Niger e arriva fino al centro dell’Algeria, passando per il deserto del Sahara. È il progetto della Trans Sahariana, noto anche con l’acronimo Nigal, che indica appunto il suo percorso.

Nel suo tentativo di diversificare gli approvvigionamenti energetici, per fare a meno delle forniture di gas e petrolio russo, il governo italiano e l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, stanno puntando all’Africa. Lo scorso 11 aprile il premier Mario Draghi – preceduto alcuni giorni prima dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e dall’ad di Eni – ha infatti chiuso un accordo con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune: la Sonatrach, società di stato algerina, ha dato la disponibilità per aumentare le forniture di gas verso l’Italia per un massimo di 9 miliardi di metri cubi l’anno, un terzo delle importazioni italiane dalla Russia.

In cambio però, il paese nordafricano avrebbe chiesto sostegno all’Italia per lo sviluppo energetico, sia nel settore delle rinnovabili sia per il rafforzamento delle infrastrutture, come il gasdotto Nigal, che necessita di un aiuto sul piano tecnologico e sul piano politico. 

Cos’è il Nigal

Il progetto è emerso per la prima volta negli anni Ottanta, ma il primo accordo intergovernativo tra Algeria, Niger e Nigeria è stato firmato nel 2009, ma ha trovato difficoltà nella realizzazione a causa della forte presenza di gruppi terroristici nel Sahel. I tre paesi sono infatti tra le aree meno sicure della regione. Per questo motivo, come fa notare Luca Pagni su Repubblica, un appoggio da parte di un paese europeo, come l’Italia, potrebbe dare al progetto una spinta definitiva, anche in termini di sicurezza, oltre al supporto tecnico. 

Nel 2021 Algeria e Niger hanno riaperto i loro confini e da allora la costruzione è ripresa. Il gasdotto permetterebbe quindi di aumentare le forniture dall’Algeria verso i paesi europei. Dalla regione nigeriana di Warri, attraversando interamente il Niger, il condotto arriverebbe ad Hassi R’Mel, in Algeria, collegandosi così ai gasdotti già esistenti che forniscono l’Europa: il TransMed, il Maghreb–Europe, Medgaz e Galsi.

il ruolo italiano

Sul piano infrastrutturale, l’italiana Saipem, società partecipata da Eni e da Cassa depositi e prestiti, potrebbe giocare un ruolo importante. L’Italia sta quindi cercando di essere centrale nel trovare nuove vie di approvvigionamento energetico dall’Africa. 

È in corso infatti una visita in Congo e in Angola dei ministri degli Esteri e della Transizione energetica, Di Maio e Roberto Cingolani per cercare di chiudere ulteriori intese e accordi sul piano energetico.

Ad anticipare le visite governative è Eni vista la sua forte presenza in Africa. Descalzi, oltre ad aver accompagnato il ministro degli Esteri in Congo il 12 aprile, ha incontrato il presidente egiziano al-Sisi, il primo ministro e il ministro dell’Energia algerini e l’ad di Sonatrach, Toufik Hakkar, precedendo gli esponenti del governo italiano.

© Riproduzione riservata