La missione diplomatica del segretario di Stato americano, Antony Blinken, in Medio Oriente ha evitato, almeno per questo fine settimana, un’operazione militare via terra su Gaza. Ma la sensazione è che sia soltanto questione di giorni o di ore prima che le forze armate israeliane facciano un’incursione nel nord della Striscia. I preparativi sono conclusi, secondo il New York Times, che cita fonti israeliane, saranno impiegate decine di migliaia di soldati. «Sarà una guerra feroce, una guerra mortale, una guerra precisa, e sarà una guerra che cambierà la situazione in modo permanente», ha detto in conferenza stampa il ministro della Difesa Yoav Gallant.

Il premier Benjamin Netanyahu ha più volte detto nell’ultima settimana che l’obiettivo è annientare Hamas e lo ha ribadito anche ieri. L’unico modo per farlo, oltre ai raid aerei, è quello di penetrare nel suo territorio. Una volta dentro, l’altro obiettivo è portare in salvo gli ostaggi. Ieri è stato pubblicato il numero ufficiale dei cittadini rapiti dai miliziani di Hamas lo scorso 7 ottobre. Sono in totale 126, tra cui anche decine di stranieri (tre sono italiani).

La diplomazia

Dopo essere stato in Arabia Saudita, il Blinken è arrivato ieri al Cairo per discutere con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi dell’apertura del valico di Rafah, nel sud della Striscia. Dal Cairo Blinken ha detto che gli «alleati arabi» non vogliono un allargamento del conflitto e ha lanciato un monito a Tel Aviv: «Il modo in cui Israele agisce è importante. Deve essere fatto in modo da affermare i valori condivisi che abbiamo, prendendo ogni possibile precauzione per evitare di danneggiare i civili».

I due leader hanno raggiunto un’intesa insieme a Israele per far entrare aiuti umanitari a Gaza, dopo che ieri nella Striscia è tornata l’acqua. Parallelamente, dovrebbero uscire da Rafah i cinquecento cittadini statunitensi rimasti bloccati, ma al Sisi vuole garanzie che non escano anche i palestinesi. Ha già detto di non voler accogliere l’esodo umanitario di circa due milioni di persone sul suo territorio. Per risolvere la crisi, il presidente egiziano ha proposto di ospitare al Cairo un summit internazionale per discutere del futuro della causa palestinese. Ma al momento sembra troppo presto. Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo saudita. Ha detto che le azioni di Israele a Gaza sono andate «oltre l’ambito dell'autodifesa». Per il capo della diplomazia cinese, il governo di Tel Aviv deve «cessare la punizione collettiva per gli abitanti di Gaza».

Da Teheran, invece, il governo ha messo in allerta la comunità internazionale sulle possibili conseguenze di un conflitto allargato.

«Se gli attacchi del regime sionista contro la popolazione indifesa di Gaza continuano, nessuno può garantire il controllo della situazione e songiurare la prospettiva di un allargamento del conflitto», ha detto il ministro degli Esteri.

Intanto, a Teheran è stato ferito gravemente un alto funzionario dei servizi d’intelligence dei Pasdaran. Si tratta di Mohammad Akiki. Non sono state rilasciate altre informazioni. Sul tentato omicidio circolano principalmente due piste: un blitz israeliano (visto il sostegno dell’Iran ad Hamas) oppure un attentato legato alle proteste anti regime che da un anno si tengono in Iran.

Fronte caldo al nord

Il fatto che l’operazione via terra non sia ancora iniziata dimostra che non sarà per niente semplice.

Prima di entrare a Gaza, le Forze armate israeliane vogliono mettere in sicurezza il confine con il Libano. Pensare a difendersi da nord e ad attaccare a sud rischia di far disperdere energie e concentrazione per l’obiettivo principale.

«Non abbiamo alcun interesse in una guerra nel nord, non vogliamo aggravare la situazione», ha detto ieri il ministro Gallant. «Se Hezbollah dovesse scegliere la via della guerra, pagherà un prezzo molto alto».

L’esercito ha detto che nove razzi sono stati lanciati ieri dal Libano, per questo motivo sono state colpite alcune postazioni militari in territorio libanese. La tensione è molto alta ed è concentrata in un cuscinetto di quattro chilometri dal confine. Chiunque entrerà in Israele sarà ucciso, dicono da Tel Aviv. In serata un razzo ha colpito la base delle Nazioni unite della missione Unifil, ma non ci sono feriti. Non è chiaro da chi sia stato lanciato.

I civili

Per tutto il fine settimana sono continuate le evacuazioni dei civili, dopo che ieri il governo israeliano ha garantito altre tre ore di tregua.

Ma la crisi umanitaria è già in corso. Il ministero della Salute di Gaza ha aggiornato il bollettino medico: sono oltre 2.400 le persone uccise dai bombardamenti e più di novemila quelle rimaste ferite. Nei raid aerei è stato colpito anche l’ospedale anglicano di Gaza.

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