L’incontro tra il leader di Hamas Ismail Haniyeh e i funzionari egiziani per mediare su una nuova tregua è stato «senza risultati». Lo ha riferito un funzionario palestinese alla Bbc. Le prospettive di un rilascio degli ostaggi sono incerte: Hamas non accetterà un accordo finché Israele non interromperà definitivamente l’offensiva a Gaza e non aumenteranno gli aiuti umanitari a sostegno dei civili palestinesi, riporta il Wall Street Journal, secondo cui l’offerta israeliana proponeva una settimana di tregua in cambio del rilascio di 40 ostaggi. 

«Non possiamo parlare di negoziati mentre Israele continua la sua aggressione. La discussione di qualsiasi proposta relativa ai prigionieri deve avvenire dopo un cessate il fuoco», ha detto il portavoce di Hamas Taher Al-Nono a Reuters. Ma il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non sembra voler interrompere l’offensiva: «Chi pensa che ci fermeremo non è collegato alla realtà». Mentre il Segretario di stato statunitense Anthony Blinken ha chiesto di «porre fine al conflitto il più rapidamente possibile» parlando con Emirati Arabi ed Egitto.

Anche il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto: «La scelta che propongo a Hamas è molto semplice: arrendersi o morire. E dopo aver eliminato Hamas, userò il mio potere per assicurare che Gaza non minacci più Israele, né Hamastan o Fatastan». 

I negoziati all’onu

Il voto della risoluzione su Gaza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è slittato per il terzo giorno consecutivo. Il testo, per evitare il veto statunitense, prevede una «sospensione» delle ostilità e non un cessate il fuoco definitivo. 

Nell’ultima versione della bozza, si chiede la liberazione degli ostaggi, «pause e corridoi umanitari urgenti ed estesi», si chiede a Israele e Hamas di «rispettare gli obblighi verso il diritto internazionale in materia di protezione dei civili», oltre ad «astenersi dal privare la popolazione civile nella Striscia dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria indispensabili alla sopravvivenza».

I due punti critici della risoluzione che potrebbero portare al veto degli Stati Uniti, in quanto membri permanenti, sono il termine «cessazione» del conflitto – chiedono infatti una sospensione – e la questione del monitoraggio da parte dell’Onu degli aiuti umanitari destinati a Gaza, a cui Israele è contrario. 

«Tutti vogliono vedere una risoluzione che abbia un impatto e che sia attuabile sul campo», ha commentato l’ambasciatrice degli Emirati Arabi Uniti, Lana Nusseibeh, promotrice della risoluzione. 

Gli Stati Uniti hanno continuato ad esprimere le loro preoccupazioni riguardo alla bozza che non ha subito modifiche. «Dobbiamo assicurare che la risoluzione aiuti e non danneggi la situazione nell’area», ha detto il portavoce.

Il conflitto continua

Dopo una pausa di circa 40 ore per negoziare una tregua, gli scontri sono ripresi. L’allarme questa mattina è suonato nella città di Nirim, vicino al confine con Gaza. Anche a Tel Aviv, le sirene hanno annunciato dei nuovi attacchi. Le forze israeliane hanno confermato il lancio di circa 30 missili verso Israele che non, per ora, non ha causato nessuna vittima. Invece, l’Idf ha deciso di allargare l’operazione via terra verso il centro della Striscia. 

In Libano, i media hanno riportato la morte di una donna al confine con Israele durante alcuni attacchi a 20km dal confine. L’Idf ha dichiarato che erano diretti verso le infrastrutture di Hezbollah. Una nuova ondata di attacchi aerei ha colpito siti di Hezbollah nel sud del Libano. 

Decine di persone si sono radunate vicino al valico Kerem Shalom con l’obiettivo di bloccare l’ingresso degli aiuti nella Striscia. Il gruppo, guidato da Torat Idf e dalla Marcia delle Madri, è rappresentato dalla bandiera israeliana e da segnale che accusano il governo di aiuti verso il nemico. «Gli aiuti al nemico uccidono i soldati», scrivono sui cartelli. Le fonti di Hamas hanno riportato anche la morte dell’ufficiale responsabile del valico di frontiera di Kerem Shalom sul lato di Gaza e di altri tre.

 Il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha accusato le Nazioni Unite di essere responsabile per il fallimento dell’arrivo degli aiuti. «Oggi è possibile fornire tre volte la quantità degli aiuti umanitari a Gaza se l’Onu, invece di lamentarsi tutto il giorno, facesse il suo lavoro», ha detto Herzog.

L’organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato che non ci sono più strutture ospedaliere funzionanti nel nord della Striscia, dopo aver affermato che l’unico ospedale con una minima funzionalità era al Ahli.  

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