«Punizione collettiva»: le Nazioni Unite sottolineano una possibile violazione del diritto internazionale da parte di Israele. Gli esperti non hanno molti dubbi sul fatto che l’attacco di Hamas sia stato un «atto di genocidio» perché volto allo sterminio di un «gruppo nazionale etnico religioso» come dichiara la stessa Hamas, che non riconosce l’esistenza di Israele. Anche se è difficile stabilire giuridicamente la differenza tra “genocidio” e “atrocità di massa”, la caratteristica di ciò che è avvenuto il 7 ottobre fa tendere verso il genocidio, dal momento che si è trattato di un massacro di civili con la precisa intenzione di sterminarli tutti perché ebrei, neonati inclusi.

Di ciò sta discutendo la corte penale internazionale. C’è anche una parte che riguarda Israele: non solo i bombardamenti, forzatamente indiscriminati e che causano molte vittime civili, ma anche gli insediamenti nella West Bank e le distruzioni a Gaza. Il fatto di essere messo sotto osservazione per crimini di guerra può rappresentare un oltraggio per uno stato democratico, posto a un livello che non è il suo. Ciò dipende tuttavia dai suoi atti: come scrive il giudice Rosario Aitala, membro della corte penale internazionale, «la guerra non è affatto uno spazio sottratto alla legge». L’Icc (international criminal court) sta puntando la sua attenzione sulle ruspe e bulldozer che seguono i carri armati a Gaza, distruggendo tutto sul loro passaggio. Per il diritto umanitario internazionale è crimine di guerra ciò che impedisce alla popolazione civile di sopravvivere.

Le ruspe significano che Israele vuole svuotare Gaza: altro gesto passibile di incriminazione in quanto pulizia etnica. Da tempo la corte sta lavorando sul conflitto israelo-palestinese e lo fa, come suo solito, con grande discrezione. La corte dà il via ad accuse molto circostanziate solo quando si sente sicura di avere gli elementi necessari. Dando per scontato che Hamas non abbia interesse nella questione essendo già definita gruppo terroristico e inserita in tutte le liste nere, resta il tema di Israele. Seppure quest’ultimo non abbia ratificato gli statuti di Roma che istituirono la Icc, un’eventuale incriminazione danneggerebbe la sua reputazione. È bene ricordare che le incriminazioni sono sempre individuali: nel caso sarebbero dunque rivolte a responsabili politici e/o militari.

Indagine del 2021

Il procuratore generale della corte è il giudice pakistano Karim A. A. Khan ma l’apertura del fascicolo “Palestina” è stata iniziativa della sua predecessora, la giudice gambiana Fatou Bensouda. Il 3 marzo 2021 Bensouda ha annunciato l'apertura di un'indagine sulla Palestina dopo un laborioso esame preliminare iniziato nel 2014 mediante il quale la corte ha stabilito di poter esercitare la propria giurisdizione penale su Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme est. C’è una storia dietro tale decisione. A fine 2014 il governo dell’Anp ha depositato una dichiarazione ai sensi dell'articolo 12 dello Statuto di Roma accettando la giurisdizione della Corte penale internazionale su presunti crimini commessi «nei territori palestinesi occupati» compresa Gerusalemme est.

Subito dopo ha aderito agli statuti di Roma. Così la procuratrice generale ha potuto aprire il caso. Non tutte le violenze sono competenza dell’Icc: la stessa Bensouda aveva rifiutato di iniziare un’indagine sui fatti della Mavi Marmara, la nave turca diretta verso Gaza nel 2010 e attaccata dalle forze speciali israeliane che provocarono nove vittime. Può indagare invece su eventi che ricadono sotto le norme degli statuti come, nel caso specifico: attacchi intenzionali sproporzionati sui civili da parte dell’esercito israeliano; attacco a persone o cose protette dalle convenzioni di Ginevra; attacchi intenzionali di Hamas contro civili; utilizzo di civili da parte di Hamas come scudi umani; torture o trattamenti inumani ecc. La cosa più preoccupante per Israele è che l’indagine include la questione dei coloni. Il rapporto preliminare dell’Icc sostiene: «Esiste una base ragionevole per ritenere che, nel contesto dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, membri delle autorità israeliane abbiano commesso crimini di guerra ai sensi dell’articolo 8(2)(b)(viii) in relazione, tra l'altro, al trasferimento di civili israeliani in Cisgiordania a partire dal 13 giugno 2014. L'ufficio ha concluso che i potenziali casi che potrebbero derivare da un'indagine su tali presunti crimini sarebbero ammissibili ai sensi dell'articolo 17(1) (a )-d) dello Statuto».

Tutto questo avveniva prima dei fatti del 7 ottobre 2023. Intervenendo dal Cairo il 30 ottobre di quest’anno dopo essere stato in visita al valico di Rafah, il giudice Khan ha svolto un lungo discorso sulle future indagini della corte a riguardo della situazione di Gaza. «Abbiamo visto con orrore le immagini del 7 ottobre – ha detto il procuratore – che costituiscono gravi violazioni del diritto internazionale umanitario».

«Non è possibile guardare i video di israeliani innocenti braccati un sabato mattina durante una festa senza fermarsi a pensare per un momento all'odio e alla crudeltà che sono alla base di quegli attacchi. Gli atti che abbiamo visto il 7 ottobre non si accordano con la nostra umanità. Sono atti ripugnanti per chiunque creda in Dio». Khan ha ribadito che la corte ha giurisdizione sui crimini commessi dai cittadini degli stati aderenti, cioè in questo caso palestinesi. A tal proposito ha aggiunto che ciò vale anche se Israele non è membro della corte penale internazionale.

«Sono pronto –ha aggiunto- a perseguire ogni responsabile. Il mio principale e unico obiettivo deve essere quello di ottenere giustizia per le vittime (…) come procuratore indipendente, esaminando in modo imparziale le prove e rivendicando i diritti delle vittime, sia che si trovino in Israele o in Palestina». Si è poi volto alla situazione di Gaza: «Il fatto che civili innocenti siano intrappolati sotto il peso di una guerra dalla quale non possono sfuggire e che non è colpa loro, non è sostenibile (…) Non ci sono figli di un Dio minore –ha proseguito il procuratore- e a tal proposito devo dire che Israele ha obblighi chiari in relazione alla sua guerra contro Hamas: non solo obblighi morali ma obblighi legali cioè quelli di rispettare le leggi dei conflitti armati. Questo è iscritto negli statuti di Roma ma anche nelle convenzioni di Ginevra».

Rovesciamento

Per tali ragioni Khan ha chiamato alla responsabilità di Israele, che «deve dimostrare la corretta applicazione dei principi di distinzione, precauzione e proporzionalità.

E voglio essere molto chiaro affinché non ci siano malintesi: ciò vale in relazione ad ogni abitazione, in relazione a qualsiasi scuola, ogni ospedale, ogni chiesa, ogni moschea – luoghi protetti a meno che lo status di protezione non sia stato perso. E voglio che sia altrettanto chiaro che l’onere della prova dell’eventuale perdita dello status di protezione spetta a chi spara (…) e tale principio si applica anche ad Hamas in relazione al lancio di razzi su Israele…».

Khan ha concluso ricordando l’aumento degli attacchi da parte di coloni israeliani contro civili palestinesi in Cisgiordania: «Indagheremo anche su questo». È noto che la corte non ha strumenti coercitivi a sua disposizione. Tuttavia i crimini di cui si occupa sono imprescrittibili e se Israele nelle indagini viene in qualche modo equiparato ad Hamas è già di per sé un serio danno reputazionale.

Ciò farebbe il gioco dei terroristi stessi, trascinando formalmente Israele in un universo parallelo, e danneggerebbe le future trattative di pace. Non sono cose da prendere alla leggera: si tratta di ulteriori ragioni per cui è consigliabile una politica di moderazione che metta un freno all’attuale ritorsione militare prima che si trasformi in un boomerang politico-giudiziario – e non solo simbolico – per Israele e per il futuro della regione. Alla fine il sangue versato pesa sempre.
 

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