Rimangono pochi giorni ai partiti giapponesi per trovare un accordo e cercare di ottenere i voti necessari per governare il paese. Nella settimana del 20 ottobre, infatti, una sessione straordinaria del parlamento dovrà eleggere un nuovo primo ministro per dare inizio ufficialmente alla legislatura.

Un leader in realtà è già stato votato dal popolo: Sanae Takaichi del Partito liberal democratico (Pld), che guida il Giappone da più di 70 anni. Takaichi avrebbe dovuto diventare la prima leader donna del paese, ma il 10 ottobre il partito centrista e conservatore Komeito ha deciso di sciogliere un’alleanza durata 26 anni con il Pld, di cui 22 al governo. 

In breve, in Giappone ci sono due camere legislative: la Camera dei rappresentanti (camera bassa) e la Camera dei consiglieri (camera alta). Entrambe votano per scegliere il primo ministro, ma se ottengono risultati diversi allora prevale la Camera bassa. A quel punto, se nessun candidato ottiene la maggioranza al primo turno di voto, si procede con un ballottaggio tra i due candidati più votati. Avendo perso i 24 seggi del Komeito, il Pld rischia per la prima volta dal 2012 di non governare il paese, anche perché i partiti di opposizione stanno cercando di unirsi dietro un candidato alternativo.

Nonostante questo intricato gioco dei poteri, facendo qualche ipotesi, le opzioni per il futuro del Giappone si riducono a tre strade. Takaichi, comunque, ha il favore degli scommettitori e diventerebbe prima ministra in due casi.

Pld unico partito

Se tutti i 465 membri della Camera bassa votano, la maggioranza deve essere di almeno 233 voti. Il Pld ha 196 seggi, che uniti ai 24 del Komeito facevano un totale di 220. I tre principali partiti di opposizione hanno invece insieme 210 seggi: 148 il Partito democratico costituzionale (Cdp), 35 il Partito dell'innovazione giapponese (Jip) e 27 il Partito democratico del popolo (Dpfp). In passato anche unendosi non hanno mai battuto l’asse Komeito-Pld.

Nonostante il sodalizio di ferro si sia rotto, a Takaichi rimangono molte chance grazie a un eventuale stallo delle opposizioni. Il Komeito vorrebbe proporre un proprio leader e quindi non voterebbe per un candidato della triplice alleanza contraria al governo. Una volta divisi però nessuno dei quattro prevarrebbe lasciando Takaichi da sola alla guida di un governo di minoranza.

Il Pld si allea e governa

Divide et impera, dicevano i romani. Una tecnica che il Pld può pensare di attuare con i suoi oppositori. Takaichi ha identificato il punto debole dei tre alleati nel Dpfp. Il 5 ottobre ha incontrato il leader Yuichiro Tamaki, mentre il vicepresidente del Pld, Taro Aso, incontrava il segretario generale del Dpfp, Kazuya Shimba. Insieme i due partiti avrebbero 223 seggi, abbastanza per governare ma non per avere la maggioranza e attuare le politiche Tamaki vorrebbe. Per questo il Dpfp ha perso interesse nel sodalizio dopo l’uscita del Komeito.

Il Pld non avrà il sostegno nemmeno del Partito dell'innovazione giapponese che sperava in un leader diverso da Takaichi. Per questo motivo i due hanno avuto pochissimi contatti. Ci sono però sette deputati indipendenti nella camera bassa, ex membri del Jip, che sono molto vicini ai vertici del Pld. Nel caso si unissero, i seggi del partito di Takaichi diventerebbero 203, molto vicini ai 210 dell’alleanza di opposizione.

A quel punto basterebbe qualche defezione per consegnare il governo al Pld, magari anche dell’intero Jip ingolosito dall’idea di entrare nella maggioranza del parlamento.

La triplice alleanza al potere

Rimane sempre l’opzione della triplice alleanza unita e vincente. In questo caso sarebbe Tamaki, il leader del Dpfp, a guidare il gruppo, anche perché è l’unico nome che circola. Nel caso in cui riuscissero a collaborare accettando Tamaki come primo ministro, nessuno avrebbe più seggi dei tre partiti di opposizione, anche se rimarrebbe un governo di minoranza.

Tra forze così diverse però trovare un equilibrio è sempre molto difficile. Nelle settimane scorse ad esempio c’è stato uno scontro per il rifiuto del Dpfp di porre come primo ministro il leader del Cdp, Yoshihiko Noda.

Tamaki ancora prima aveva ricordato che sarebbe stato difficile collaborare con gli altri partiti senza superare le divergenze su alcune politiche. Prima su tutte la posizione da tenere sull'energia nucleare di cui il Dpfp è strenuo sostenitore, scontrandosi con un Cdp più cauto. Noda infatti accetterebbe il riavvio delle centrali nucleari, ma non approverebbe i nuovi piani di costruzione ed espansione.

Per questi motivi, anche in caso di accordo sui temi più delicati, alcune aree del Cdp dopo un’alleanza con Tamaki potrebbero defezionare ugualmente.

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