La nuova leader del partito liberal-democratico diventerà con ogni probabilità la prima donna a guidare il governo del Giappone. È una ultra conservatrice, anti-immigrati, ultrà anti-Cina. Ha difeso l’accordo commerciale con gli Stati Uniti, ma ha lasciato intendere che vorrebbe rinegoziarne alcune clausole
Lo tsunami Sanae Takaichi è pronto ad abbattersi sul Giappone e sull’intera Asia orientale. Eletta nella mattina del 4 ottobre alla guida del Partito liberal-democratico, la 64enne ex ministra della sicurezza economica diventerà con ogni probabilità la prima premier donna del aese. Il Ldp ha i numeri in parlamento per garantirle lo storico traguardo.
Batterista in una band heavy metal ai tempi dell’università, Takaichi porta con sé un profilo inedito ma anche una linea politica che promette di imprimere al Giappone una svolta conservatrice e nazionalista. Si ispira a Margaret Thatcher e rivendica il diritto dei leader nipponici a visitare lo Yasukuni, il santuario shintoista dove riposano anche 14 criminali di guerra di classe A.
La vittoria è arrivata al ballottaggio contro Shinjiro Koizumi, fotogenico quanto inesperto 44enne figlio dell’ex premier Junichiro. Paradossale in un paese come il Giappone, Takaichi è diventata la prima donna a guidare il Ldp grazie al consenso raccolto dell’ala più tradizionalista del partito. Socialmente ultraconservatrice, erede politica di Shinzo Abe (assassinato nel 2022) e falco anti-Cina in politica estera, Takaichi promette di rafforzare la difesa nazionale, promuovere la sicurezza economica e rivedere la Costituzione pacifista.
Le posizioni
La sua retorica, incentrata su sovranità e identità, già preoccupa Pechino. Le sue visite allo Yasukuni sono considerate un atto di revisionismo storico e una provocazione. Se da premier dovesse varcare di nuovo la soglia del santuario, la crisi diplomatica con la Cina sarebbe immediata. I rapporti bilaterali sono già tesi per le dispute territoriali nel mar Cinese orientale e per il rafforzamento della cooperazione militare tra Tokyo e Washington, e il rischio è che la nuova leader mandi in frantumi i tentativi di distensione avviati dal suo predecessore Shigeru Ishiba.
Sul fronte interno, Takaichi si è distinta per le sua posizioni oltranziste materia di immigrazione. In un paese con 3,8 milioni di residenti stranieri – poco più del 3 per cento della popolazione – la nuova leader ha cavalcato la retorica anti-immigrati, inseguendo l’estrema destra di Sanseito, il partitino populista ultra-nazionalista (sostenuto da Elon Musk) che alle politiche di luglio è salito da due a 15 seggi alla camera alta sfruttando il malessere sociale legato a inflazione e stagnazione economica.
Anche sul piano dei diritti di genere, Takaichi si colloca all’estrema destra di un partito già conservatore. Si oppone alla revisione della legge ottocentesca che obbliga i coniugi a condividere lo stesso cognome, una norma che nella quasi totalità dei casi costringe le donne ad adottare quello del marito.
Non sorprende che il Giappone sia scivolato al 118° posto su 148 nel Gender Gap Report 2025 del World Economic Forum, soprattutto per la scarsa rappresentanza femminile nelle istituzioni. La sua visione della donna resta ancorata ai ruoli tradizionali di madre e moglie.
Gli scenari
Una “Giorgia Meloni del Sol Levante”, la cui ascesa però arriva in un momento di crisi per il Ldp, logorato da scandali finanziari e sconfitte elettorali. Takaichi ha promesso di “lavorare, lavorare, lavorare” per riconquistare la fiducia degli elettori, ma la sua leadership rischia di accentuare le divisioni interne e complicare i rapporti con il partner centrista Komeito.
Sul piano economico, la nuova leader si muove in continuità con l’Abenomics: stimolo fiscale, investimenti in tecnologia, rilancio dell’industria nazionale. Ha difeso l’accordo commerciale con gli Stati Uniti, ma ha lasciato intendere che vorrebbe rinegoziarne alcune clausole. Il primo banco di prova sarà il vertice APEC di fine ottobre, in Corea del Sud, dove incontrerà Donald Trump.
Sarà il debutto internazionale di Takaichi: dovrà misurarsi con un presidente americano noto per le richieste aggressive su spesa militare e commercio. Lei promette di essere meno arrendevole della premier italiana e punta a rivedere i dazi. Vedremo. Quello che è certo è che la quarta economia del mondo è entrata in una nuova fase politica, guidata da una donna che incarna il volto più duro del conservatorismo e del nazionalismo nipponico.
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