Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, cominciata il 24 febbraio di due anni fa, si sono verificati oltre 2.600 attacchi contro ospedali, scuole o altre infrastrutture civili. Sono i dati che emergono da una ricerca condotta negli ultimi due anni dal Centre for Information Resilience, condivisa con Domani come parte del progetto di giornalismo collaborativo Eic.

«Abbiamo documentato attacchi contro obiettivi e istituzioni che non servono alcuno scopo militare – dice Belén Carrasco Rodríguez, direttrice del progetto – Abbiamo trovato prove di attacchi deliberati contro scuole, ospedali e chiese». Oltre un quarto degli incidenti verificati dai ricercatori ha causato perdite tra i civili.

Per realizzare il loro progetto, i ricercatori del Cir hanno collezionato migliaia di fotografie, video, messaggi Telegram e post sui social network, geolocalizzando e cronolocalizzando i luoghi degli incidenti per assicurarne la veridicità. Tra gli incidenti documentati dal Cir ci sono quasi trecento attacchi contro ospedali e altri presidi sanitari, la distruzione di una biblioteca vecchia di 218 anni a Kharkiv e oltre cinquecento attacchi contro infrastrutture elettriche civili.

Il lavoro del Cir è una delle più complete ricerche indipendenti effettuate sui danni inflitti dall’invasione realizzate fino a questo momento. Ma pur con la sua precisione, rappresenta soltanto la punta dell’iceberg nell’indagine ancora incompleta sul costo reale di questa guerra arrivata al suo secondo anniversario.

Le vittime

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Pochi giorni fa, un altro dossier, realizzato dalla ong Human Rights Watch insieme ad altre organizzazioni ucraine, ha provato ad aggiungere un altro tassello, occupandosi di quello che ancora oggi è considerato l’episodio più sanguinoso per la popolazione civile di tutto il conflitto: l’assedio di Mariupol, la città nel sud est dell’Ucraina, circondata nei primi giorni di guerra e difesa per due mesi dai marine ucraini e dai soldati del reggimento Azov.

Secondo gli autori del rapporto, nella battaglia che ha portato alla distruzione di gran parte della città, sono morte almeno 8.034 persone. È la cifra assolutamente minima del numero di vittime dell’assedio, ottenuta grazie all’accurata analisi delle nuove tombe e fosse comuni scavate nel corso dei combattimenti e dopo la resa dei difensori ucraini. Il bilancio reale è probabilmente ancora più alto. Un numero sconosciuto di persone è rimasto sepolto sotto gli edifici distrutti e altri sono morti per le ferite o di malattia dopo aver lasciato alla città.

Questa cifra porta quasi a un raddoppio netto del numero totale di morti civili stimato dalle Nazioni unite, l’unica istituzione a fornire un conteggio regolare del numero di civili uccisi. Al 31 gennaio scorso, l’Onu stimava l’uccisione di almeno 10mila civili, pur ammettendo che i suoi conteggi sono sottostimati, soprattutto per quanto riguarda le vittime nei primi mesi di guerra e nei territori occupati dalle truppe russe.

I soldati uccisi sono molti di più, anche se per ragioni di propaganda e morale, né il governo di Kiev né quello di Mosca ammettono il loro numero. Le ricerche indipendenti, però, aiutano a farci un’idea. Il progetto ucraino UA Losses, è riuscito a individuare almeno 42.125 soldati ucraini uccisi in combattimento, con nome e cognome. Un numero molto simile di militari uccisi, 45mila soldati russi con nome e cognome, è stato identificato da BBC Russia e dal sito indipendente Mediazona.

Le perdite reali subite dai due eserciti sono probabilmente molto più alte. Il doppio o più per quanto riguarda i morti, forse quattro volte tanti per quanto riguarda i feriti. Con il proseguire del conflitto e il calo del morale della popolazione, è sempre più difficile trovare stime affidabili. Lo scorso agosto, mentre la controffensiva ucraina arrivava al culmine, il Pentagono ha stimato che i soldati ucraini uccisi fossero almeno 70mila e i feriti oltre 150. Da allora la stima non è più stata aggiornata.

Per farsi un’idea delle dimensioni del conflitto, basta pensare che se anche teniamo conto delle cifre più basse, saremmo comunque di fronte a più di tre volte i morti subiti dalle forze armate israeliane in tutte le guerre combattute dal 1948 ad oggi; più di tutti i morti americani in Vietnam e più di tutte i soldati uccisi nei vari conflitti nella ex Jugoslavia.

L’intera popolazione del paese è stata toccata da queste perdite. Interpellati da un sondaggio dell’Istituto di sociologia di Kiev la scorsa estate, l’80 per cento degli ucraini ha dichiarato di conoscere personalmente almeno una persona uccisa o ferita nel conflitto.

La devastazione

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Ci sono poi i danni economici e quelli ambientali. Nel 2022, il paese ha perso poco meno di un terzo del suo prodotto interno lordo. Ma questa restituisce solo una pallida idea della situazione economica del paese. Metà del bilancio ucraino oggi viene utilizzato per finanziare le spese militari. La spesa per l’istruzione è stata tagliata del 30 per cento e quella sanitaria del 10.

A questo vanno aggiunti i danni alle abitazioni, le industrie e le infrastrutture. L’Ucraina era un paese con un forte industria pesante e oggi molti dei suoi impianti principali, come l’acciaieria Azovstal di Mariupol, sono stati distrutti o danneggiati. Secondo l’ultima stima dell’Istituto di economia di Kyiv, che risale a settembre, la guerra ha causato danni fisici per circa 150 miliardi di euro.

Più si sei milioni di ucraini si trovano al momento all’estero e secondo i ricercatori, la maggior parte di loro non ha intenzione di tornare nemmeno a guerra finita. Una tragedia demografica che si aggiunge a quella delle perdite e delle distruzioni materiali.

Altri dieci miliardi di euro sono i danni causati all’ambiente stimati dagli attivisti ucraini. Un terzo delle foreste del paese è stato raso al suolo dai combattimenti e dagli incendi scatenati dai bombardamenti. La distruzione della diga di Nova Kahovka, lo scorso giugno, ha causato un alluvione che ha contaminato con rifiuti tossici un’area pari alla superficie dell’Islanda. Le emissioni inquinanti prodotte dal conflitto ammontano a quanto emette in un anno l’intero Belgio.

Resistere

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La sindrome da fatica ucraina sta crescendo in Europa, dove secondo un recente sondaggio soltanto il 10 per cento della popolazione ritiene che l’Ucraina possa ancora vincere la guerra, mentre il 40 per cento dice che l’Europa dovrebbe spingere Kiev verso il negoziato.

Ma nessuno ha più ragioni di essere stanco degli ucraini, che hanno trascorso un nuovo inverno sotto gli attacchi aerei, in ansia per i loro cari al fronte o spaventati dalla possibilità che possano finirci presto. Dopo oltre un anno di compattezza totale sulla necessità di difendere il paese fino all’ultimo, anche tra loro si vedono i primi segnali di esitazione.

Subito dopo l’invasione, quasi il 60 per cento degli ucraini riteneva che fosse una buona idea negoziare con la Russia. Un anno fa, dopo la scoperta dei crimini di guerra commessi a Bucha e in altre città e le vittorie militari ottenute dall’esercito di Kiev alla fine del 2022, la percentuale di chi voleva un negoziato era crollata al 29 per cento. Oggi, gli ucraini che pensano sia arrivato il momento di sedersi al tavolo delle trattative sono risaliti al 42 per cento.

Ma nonostante tutte le difficoltà, i lutti e le distruzioni, gli ultimi sondaggi indicano che tre quarti di loro continuano a opporsi a qualsiasi concessione territoriale alla Russia. Una percentuale in calo costante da un anno, ma che si riflette nella determinazione della classe politica, dove non c’è un partito o un singolo politico di qualche rilevanza che proponga questa soluzione. Dopo due anni di guerra, gli ucraini restano ancora determinati a difendersi.

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