L’invasione russa in Ucraina potrebbe colpire una rete di laboratori, gestiti in collaborazione con gli Stati Uniti, che lavorano con agenti patogeni molto pericolosi. La denuncia, riportata dal Bulletin of the Atomic Scientists, arriva da Robert Pope, un funzionario statunitense. I laboratori operano nell’ambito del programma Cooperative threat reduction, un progetto del dipartimento della Difesa Usa che da 30 anni lavora per mettere in sicurezza le armi di distruzione di massa dell’ex Unione sovietica e riorganizzare, con intento pacifico, le strutture di stoccaggio delle armi biologiche e gli scienziati impegnati nel progetto.

Il direttore del programma, Robert Pope racconta al Bulletin of the Atomic Scientist che «finché ci sarà energia elettrica» all’interno dei laboratori «e le persone che abbiamo formato controllano le strutture» questi «patogeni sono al sicuro». Ma, denuncia Pope, «se queste strutture vengono danneggiate dal conflitto, la situazione può cambiare». 

Dagli Stati Uniti non hanno più avuto alcuna informazione sulla condizione dei laboratori da quando è scoppiato il conflitto, soprattutto a causa del blocco delle linee telefoniche.

I laboratori

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Le strutture mantengono gli agenti patogeni congelati, impedendo loro di riprodursi e diventare contagiosi. Ma se i laboratori perdono la corrente elettrica, gli agenti congelati si riscaldano. Se si danneggiano i sistemi di ventilazione o gli impianti, «gli agenti patogeni, a temperatura ambiente, sono in grado di fuoriuscire dalla struttura e possono essere potenzialmente contagiosi nella zona vicina all’ente», avverte Pope.

Alcuni di questi potrebbero costituire un problema per l’Ucraina, come ad esempio il virus della peste suina africana che nel 2012 ha dato vita a centinaia di focolai nel paese. Un ulteriore rischio è che nei laboratori potrebbero esserci ceppi del piano di armi biologiche dell’Unione sovietica, tenuti congelati ai fini della ricerca.  

il programma

Il progetto del dipartimento della Difesa ha l’obiettivo di ridurre il più possibile le riserve di agenti patogeni, limitandolo a una raccolta per la ricerca, racconta il direttore al Bulletin of the Atomic Scientists. Il programma ha previsto la collaborazione con 26 laboratori ucraini e fornisce tutoraggio scientifico al ministero della Salute ucraino.  

Le accuse della russia

Il direttore del programma smentisce le accuse da parte della Russia, che ha riferito di una rete di laboratori militari statunitensi presenti in Ucraina e nelle ex repubbliche sovietiche coinvolti in ricerche pericolose sulle armi biologiche. Il governo statunitense ha precisato che si tratta di laboratori di salute pubblica e animale, gestiti dai paesi ospitanti. Per contrastare la disinformazione Pope ha assicurato che i laboratori conducono un’attività di ricerca scientifica pacifica e di monitoraggio delle malattie.

Nonostante la campagna di disinfomazione, secondo il funzionario statunitense il Cremlino non mirerà ad attaccare deliberatamente i laboratori perché a conoscenza degli «agenti patogeni stoccati nei laboratori di ricerca» ma le strutture potrebbero essere danneggiate accidentalmente. Ma l’operazione di disinformazione è uno dei modi per il presidente russo Putin di esercitare un’influenza sui paesi dell’ex Urss.  

il piano dell’urss

Il programma sovietico di armi biologiche, scrive il Bulletin, era «il più ampio e sofisticato mai esistito» e coinvolgeva 65mila ricercatori. Con la fine dell’Unione sovietica, la Russia ha avuto un ruolo importante nel programma Cooperative threat reduction, i cui fondi sono stati indirizzati anche verso lo sviluppo del Centro internazionale di scienza e tecnologia di Mosca, nato da un accordo tra l’Unione europea, Stati Uniti, la Russia e il Giappone. Il Centro ha supportato la riconversione degli esperti del settore, che lavoravano al piano dell’Urss, sulle malattie infettive, sulle misure sanitarie e lo sviluppo di test diagnostici, ma dopo il ritiro della Russia dal programma il Centro internazionale è stato trasferito in Kazakistan.

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