Siamo in una fase drammatica della storia umana, la più grave dai tempi della Seconda guerra mondiale. Ma è proprio in momenti del genere che bisogna mantenere la lucidità: evitare di scadere nelle tifoserie e cercare, con intelligenza, una via di uscita.
La stella polare devono essere il diritto internazionale e i diritti umani. Sempre. Primo perché è giusto in sé. Secondo, perché è il modo migliore per evitare il peggio.
Nel dibattito italiano purtroppo su questo si fa molta confusione, specialmente a destra. Si azzardano paragoni storici che non hanno fondamento. Si dice, ad esempio, che i bombardamenti a tappeto sulla Germania nazista, lo sterminio indiscriminato di civili, erano il prezzo da pagare per abbattere il Terzo Reich.
Ma non è così (i nazisti furono sconfitti militarmente) e anzi è vero il contrario: la distruzione delle città tedesche facilitò la propaganda dei nazisti, che poterono così dire che i loro nemici volevano l’annientamento della Germania e che l’unica soluzione era lottare fino alla fine (come fu). Dovremmo trarre insegnamento da quella esperienza: oggi l’uccisione indiscriminata di palestinesi facilita la propaganda di Hamas. È ovvio, a pensarci: i crimini più efferati spingono alla radicalizzazione. Esattamente come è avvenuto con l’attacco criminale di Hamas contro i civili israeliani. E forse è proprio questo quello che vuole Hamas.
A questa marea montante le forze raziocinanti, in occidente e non solo, in tutto il mondo, hanno il dovere di opporsi. Intanto mantenendo le dovute distinzioni. Hamas non è il popolo palestinese, come i nazisti non erano il popolo tedesco: non è una banalità, è la verità, e cedere su questo rischia di dare forma agli incubi peggiori (l’equazione rischia di avverarsi). Allo stesso modo, il governo israeliano non è Israele. Dire che il governo di quel paese, legittimo e democratico, sbaglia e sta sbagliando non vuol dire mettere in discussione l’esistenza di Israele. Al contrario.
Se siamo amici di Israele, e lo siamo e dobbiamo esserlo, abbiamo il dovere di dire loro quando stanno facendo un errore. E specie nei momenti decisivi. Dovevamo dirlo anche prima, con più forza. Perché Gaza è una grande prigione a cielo aperto in cui la vita è un inferno e i diritti dei palestinesi sono sistematicamente calpestati, da anni, perché la politica del governo di Israele viola il diritto internazionale, come denunciano le Nazioni Unite e le organizzazioni per i diritti umani, e noi ce ne siamo colpevolmente dimenticati.
È da lì che la feroce bestia del terrorismo è venuta fuori. Di nuovo: i diritti umani e il diritto internazionale devono essere la stella polare, sempre, perché è giusto e perché questa è la sola via per affermarli. L’occidente non deve quindi dire: «Siamo con Israele senza se e senza ma». È una posizione sbagliata, molto pericolosa. Ma deve dire: «Siamo con Israele, con molti se e molti ma».
Non devono essere commessi crimini di guerra, come ha ricordato fra gli altri Emma Bonino, non scenda la democrazia israeliana al livello di Hamas: no all’uccisione di civili, no al taglio delle forniture di acqua e viveri, sì ai soccorsi umanitari. E sì, soprattutto, a un’iniziativa di pace, insieme alle potenze del mondo arabo, un’iniziativa che isoli Hamas dai palestinesi e che metta all’angolo, in Israele, le posizioni più estremistiche. Questo è il nostro compito storico, oggi: batterci per fermare l’escalation, per non sprofondare nella barbarie.
Riaccendere la fiaccola dei diritti umani e, alla sua luce, orientare la politica.
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