Dopo anni di scontri e rivalità, Iran e Arabia Saudita hanno annunciato la ripresa di normali relazioni diplomatiche. L’accordo è stato raggiunto grazie alla mediazione della Cina ed è un trionfo diplomatico per Pechino che entra così in pompa magna in una regione del mondo dove fino a pochi anni fa gli Stati Uniti non avevano concorrenti. L’accordo, che ha coinciso con il rinnovo del mandato del presidente Xi Jinping, è un segnale delle crescenti ambizioni cinesi e coincide con il declino delle attenzioni americane per il Medio Oriente e della persistente mancanza di incisività degli europei.

L’accordo è arrivato a sorpresa, dopo che le rivolte degli ultimi mesi in Iran, avevano ulteriormente inasprito i rapporti tra i due paesi. I media cinesi non hanno ancora commentato la notizia, ma i governi di Iran e Arabia Saudita hanno inviato un comunicato congiunto in cui specificano che nei prossimi giorni i due paesi si scambieranno ambasciatori, un procedimento che dovrebbe concludersi entro due mesi. 

Il ruolo della Cina

L’accordo sembra mostrare la costante diminuzione dell’influenza americana in Medio Oriente e il crescente ruolo della Cina in una regione sulla quale storicamente non ha mai esercitato considerevole influenza.

Le trattative tra le due delegazioni si sono svolte e Pechino e sono durate quattro giorni. I due paesi erano impegnati da diversi anni in un dialogo mediato dal governo iracheno che però non è mai riuscito a produrre risultati concreti.

Le trattative di questi giorni erano state precedute a fine febbraio da una visita a Pechino da parte del presidente iraniano, l’ultraconservatore Ebrahim Raisi. A dicembre era stato il presidente cinese Xi Jinping a recarsi a Riyadh.

I legami tra Tehran e Pechino sono di lunga durata ed erano da tempo già noti. Più sorprendente la partecipazione dell’Arabia Saudita, che sembra sempre più intenzionata a seguire un percorso diplomatico indipendente dall’Occidente e dagli Stati Uniti in particolare.

La Cina è uno dei principali acquirenti del petrolio saudita oltre che il suo primo partner commerciale. Pechino, inoltre, considera la libertà di navigazione nel Golfo Persico e la stabilità della regione come una questione di sicurezza nazionale.

I rapporti tra Cina e Iran sono ancora più stretti. Negli ultimi anni la collaborazione militare tra i due paesi è aumentata, con esercitazioni navali congiunte sempre più frequenti. L’Iran, inoltre, rappresenta un elemento centrale nella “Belt and road initiative”, un piano di sviluppo infrastrutturale finanziato dalla Cina nell’Asia centrale.

Due antichi rivali

Iran e Arabia Saudita avevano interrotto le relazioni diplomatiche nel 2016, quando un gruppo di manifestanti aveva invaso l’ambasciata saudita di Tehran in risposta all’esecuzione di un religioso sciita in Arabia Saudita.

La loro rivalità, però, dura da molto più tempo, almeno dalla rivoluzione iraniana del 1979, quando il regime dello Shah filoamericano venne rovesciato e al suo posto fu instaurata la repubblica islamica. Da allora, la leadership iraniana accusa i sauditi di essere una forza al servizio degli Stati Uniti e dei loro interessi nella regione del Golfo.

I due paesi sono divisi anche dalla religione, con l’Arabia Saudita che si considera la guida della maggioranza musulmana sunnita e l’Iran che è un punto di riferimento per la minoranza sciita.

I due paesi sono in lotta soprattutto per l’influenza sulla regione mediorientale. In Siria, ad esempio, l’Iran sostiene il regime di Assad, mentre l’Arabia Saudita e gli altri paesi sunniti del Golfo finanziano gruppi ribelli e fondamentalisti sunniti. In Libano l’Iran può contare sul gruppo sciita Hezbollah, mentre l’Arabia Saudita è considerato il principale sponsor del governo di Beirut. 

Negli ultimi anni, il principale teatro di scontro tra i due paesi è stato lo Yemen, dove l’Iran sostiene i ribelli Houthi contro le forze del vecchio governo e le altre milizie appoggiate dai sauditi. Gli Houthi sono spesso riusciti a colpire il territorio saudita con droni e missili, in genere forniti dall’Iran. Nel 2019, un grave attacco contro il principale centro petrolifero saudita era stato inizialmente attribuito agli Houthi, ma secondo le intelligence occidentali sarebbe stato compiuto direttamente da militari iraniani.

Le conseguenze

Restano da valutare le conseguenze che avrà questo accordo. Il primo teatro in cui potremmo vedere qualche effetto è proprio lo Yemen. Un cessate il fuoco tra le fazioni è scaduto lo scorso ottobre senza essere rinnovato. Il regime saudita è impegnato in un importante progetto di investimenti e riforme interne e da tempo sta cercando una via di uscita dal conflitto yemenita. L’accordo di Pechino potrebbe essere l’occasione per mettere fine al conflitto.

Il secondo fronte su cui gli accordi potrebbero avere un effetto immediato è quello delle trattative sul programma nucleare iraniano. Attualmente, i negoziatori europei e americani stanno trattando per avere garanzie sullo scopo esclusivamente civile del programma iraniano, ma le discussioni stanno facendo pochi progressi. 

L’accordo di Pechino potrebbe portare a un nuovo formato delle trattative, cui l’Arabia Saudita, gli altri attori regionali e forse la stessa Cina potrebbero giocare un ruolo più significativo di Unione europea e Stati Uniti.

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