L’accordo tra Iran e Arabia Saudita mediato dalla Cina potrebbe portare alla fine dell’assistenza militare iraniana agli Houthi, una delle fazioni della guerra civile in Yemen. Come riporta il Wall Street Journal, funzionari americani e sauditi ritengono che uno degli effetti della normalizzazione delle relazioni bilaterali possa essere proprio la fine delle forniture di armamenti ai ribelli yemeniti, ritenuti il proxy iraniano in una guerra civile in cui i sauditi sostengono, invece, il governo centrale. 

Le milizie Houthi hanno anche effettuato, in passato, attacchi missilistici contro le città saudite con armi iraniane.

I termini dell’accordo

L’iniziativa diplomatica cinese di mediazione potrebbe, dunque, portare a quello che proprio gli americani ritengono un passaggio fondamentale verso il raggiungimento di una risoluzione politica del conflitto civile, tra i più drammatici dal punto di vista umanitario. 

È possibile, però, che l’interruzione del sostegno iraniano agli Houthi non venga formalizzata in una clausola di un accordo bilaterale tra Iran e Arabia Saudita. Infatti, Teheran ha sempre negato, nonostante le schiaccianti prove fornite dai sequestri in mare, di fornire armi alle milizie yemenite. Cortesia diplomatica vorrebbe che un tale cambiamento nella politica estera iraniana venga sostanziato da formule ambigue o da un accordo verbale tra le parti. 

D’altronde, sullo Yemen vige già un embargo sugli armamenti deciso dalle Nazioni unite e l’Iran potrebbe semplicemente uniformarsi alle norme internazionali secondo le richieste saudite, senza “perdere la faccia”, per dirla col lessico cinese. 

Il ruolo cinese

Un tale passo in avanti nella risoluzione di un conflitto civile combattuto praticamente per procura come quello in Yemen segnerebbe un alto punto a favore del ritrovato attivismo diplomatico cinese. 

Una buona approssimazione dello scenario che si prospetta vede la Cina guadagnare un ruolo più attivo nella regione mediorientale e il riconoscimento internazionale di “potenza responsabile”, l’Iran meno isolato e Israele in una posizione scomoda di fronte alla normalizzazione tra sauditi e iraniani, questi ultimi “acerrimi nemici” di Tel Aviv. Tre elementi contrari al presunto interesse statunitense nella regione. 

Andranno, tuttavia, valutate le proporzioni del cambio degli equilibri mediorientali, da leggere in maniera assolutamente positiva in caso di risoluzione del conflitto in Yemen, ma comunque subordinato a legami economici e politici tra gli attori regionali e gli “scontenti” di turno, Israele e Stati Uniti. 

Di certo un successo di questa portata rappresenterebbe per Xi Jinping un ulteriore passo in avanti nel raggiungimento da parte della Cina di un ruolo di attore realmente globale, non soltanto dal punto di vista economico, e nell’avanzamento di una visione del mondo diversa da quella dell’egemone americano. 

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