Le trattative sono proseguite a oltranza, fino alle 4 del mattino quando da Tel Aviv è arrivato l’annuncio: i mediatori di Israele, Hamas, Stati Uniti e Qatar hanno firmato l’accordo per la tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi a Doha. Il via libera è arrivato con un giorno di ritardo e dopo ostacoli continui che si sono palesati fino all’ultimo momento e hanno rischiato di far saltare il banco.

Ma oramai gli annunci pubblici erano già stati fatti dal Qatar e dagli Stati Uniti, chi tra Hamas e Israele si sarebbe tirato indietro avrebbe perso la faccia. L’accordo è stato approvato in prima battuta anche dal gabinetto di guerra israeliano dopo le tensioni di giovedì sera.

Il premier Benjamin Netanyahu ha avuto intense mediazioni con i suoi alleati di governo più intransigenti, Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir. Entrambi i ministri hanno infatti votato contro l'accordo, ma aveva lo stesso i numeri per passare. Durante la riunione il premier Netanyahu ha illustrato le garanzie statunitensi per l’attuazione dell’accordo, tra cui la possibilità per Israele di riprendere i combattimenti qualora i negoziati per la s econda fase dovessero fallire.

La notizia è arrivata anche all’Hostages Forum, associazione che rappresenta la maggior parte dei famigliari degli ostaggi ed è stata accolta con rabbia. In una dichiarazione i famigliari hanno messo in guardia il governo chiedendogli di non violare l’accordo dopo la prima fase, per permettere anche nelle settimane successive di liberare altri prigionieri. In serata è iniziata con tre ore di ritardo la riunione per la seconda approvazione dell’accordo. Il testo, questa volta, è stato sottoposto al vaglio di tutto il governo.

Contro l’intesa

Nel pomeriggio il leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit, Ben Gvir, ha lanciato un appello alla coalizione di governo affinché non approvino l’intesa nel corso della riunione di governo prevista. «Mi rivolgo ai miei amici del Likud e del Sionismo religioso: non è ancora troppo tardi, abbiamo ancora la riunione del governo, possiamo fermare questo accordo, unitevi a me, può essere fermato». Il ministro ha detto che non intende rovesciare il governo ma lo sosterrà dall’esterno. Se l’Idf riprenderà a combattere Hamas dopo la pausa per liberare gli ostaggi detenuti a Gaza dal 7 ottobre 2023, il suo partito si offrirà di tornare nell’esecutivo.

«Amo il primo ministro Benyamin Netanyahu e mi assicurerò che continui ad essere premier, ma me ne andrò perché l’accordo firmato è disastroso», ha detto. Con Smotrich, il premier israeliano ha tenuto la sesta riunione in due giorni nella serata del 16 gennaio. Secondo quanto riportano i media israeliani, invece, Smotrich, e il suo partito Sionismo religioso, voterà contro l'accordo, ma rimarrà al governo. In serata la riunione del governo era ancora in corso.

Secondo quanto riportato da Channel 12, diversi ministri Haredi hanno abbandonato in anticipo la riunione del governo a causa dello Shabbat, ma hanno lasciato dei biglietti in cui intimavano al segretario di gabinetto di annoverarli tra coloro che sostengono l’accordo. Tra questi ministri ci sono Michael Malcheli dello Shas insieme a Yitzhak Goldknopf dello United Torah Judaism, che sui social ha scritto: «Non esiste comandamento più importante che salvare la vita degli ostaggi». Anche il presidente israeliano Issac Herzog ha lanciato il suo endorsement personale. L’accordo è un «passo fondamentale», ma che porterà anche «grandi sfide e momenti dolorosi e angoscianti».

«Questa decisione, per quanto difficile, è necessaria per salvare vite di ebrei e israeliani. Questo è il cuore del ruolo dello stato d’Israele», ha detto invece il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar, spiegando il suo voto a favore dell’intesa. «Qualsiasi accordo con un'organizzazione terroristica è cattivo e complesso. Durante i negoziati sono stati commessi errori, e non ho esitato a criticarli. Tuttavia, il rilascio dei nostri rapiti è una priorità della guerra, ed è urgente agire ora», ha aggiunto.

Scambio di ostaggi

Tutto sembra procedere nella direzione annunciata mercoledì dal premier del Qatar e dal presidente degli Stati Uniti, con i primi ostaggi che saranno rilasciati a partire da domenica. La tregua dovrebbe entrare in vigore a partire da mezzogiorno. Oltre le 16, invece, ogni momento è buono per iniziare lo scambio di prigionieri. L’esercito israeliano si sta preparando. Ha creato tre strutture mobili nella base di Re’im, al valico di Kerem Shalom e al valico di Erez. Una volta liberati, gli ostaggi saranno visitati da medici e psicologi prima di essere trasferiti negli ospedali israeliani.

Hamas ha detto che presenterà i prigionieri da liberare solo 24 ore prima (oggi i primi tre nomi), mentre lo stato ebraico ha fatto sapere che saranno liberati per primi 25 prigionieri maschi, tutti minori di 21 anni (il più piccolo ne ha 16), e 70 donne, reclusi nelle sue carceri. Sono persone accusate di incitamento, vandalismo, sostegno al terrore, attività terroristiche, tentato omicidio o lancio di pietre e o molotov.

Tra le prigioniere più note ci sono: Khalida Jarrar, esponente del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, e la moglie del segretario generale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Abla Saadat. Nella prima fase, che durerà 42 giorni, saranno liberati 1.700 palestinesi in cambio di 33 ostaggi.

Superata questa fase ci saranno molte difficoltà, soprattutto se Netanyahu tornerà a bombardare la Striscia per evitare di far cadere il suo governo. Al momento, da quando è stato annunciato l’accordo a Gaza sono state uccise 113 persone, tra cui 28 minori e 31 donne. I feriti sono 264.

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