Sistemi anticarro e antiaereo, mitragliatrici e mortai. Sono queste le armi che il governo italiano è pronto a cedere a Kiev per sostenere la resistenza ucraina contro la Russia.

Ma negli anni successivi all’invasione della Georgia e della Crimea, proprio dall’Italia sono partite verso Mosca armi, munizioni e blindati.

A confermarlo non sono solo i dati, ma anche alcuni video diffusi sui social nei primissimi giorni dell’invasione: si vedono alcuni soldati ucraini impossessarsi di un blindato 4x4 Lynx di produzione Iveco, abbandonato sul campo dalle forze russe. Un mezzo la cui presenza nell’arsenale bellico di Mosca fa sorgere delle domande.

L’export verso la Russia

L’esportazione di armamenti verso la Federazione russa inizia nel 2003, ma il record si raggiunge solo nel 2011 con il governo guidato da Silvio Berlusconi, quando viene autorizzata la vendita di blindati Iveco noti con il nome di Lince, per un valore di 106 milioni di euro.

L’autorizzazione è stata rilasciata tre anni dopo l’invasione della Georgia da parte della Russia, ma non era ancora in vigore alcun embargo nei confronti di Mosca.

Diverso è invece il caso dell’autorizzazione contenuta nella relazione per l’export di armamenti del 2015 e consegnata al parlamento l’anno seguente.

Come già scoperto nel 2019 dal sito investigativo Bellingcat, nel 2015 il governo guidato da Matteo Renzi ha rilasciato una nuova autorizzazione per la vendita di 94 blindati Lince alla Russia, per un valore di oltre 25 milioni. In quello stesso anno sono stati esportati 83 dei 94 mezzi corazzati Iveco. 

L’embargo

C’è però un problema. L’autorizzazione definitiva è stata data nel 2015, ma, come scrive l’analista dell’Opal Giorgio Beretta, il 31 luglio del 2014 l’Unione europea ha imposto un embargo sull’invio di armamenti verso la Russia in risposta al conflitto ucraino.

Attraverso l’adozione da parte del Consiglio europeo della Decisione 2014/512/CFSP, viene proibito agli stati membri di vendere, fornire, trasferire o esportare armi e materiale accessorio di qualsiasi tipo verso la Russia, inclusi munizioni, veicoli ed equipaggiamenti militari completi o loro parti.

L’embargo si applica anche ai prodotti dual-use, che potrebbero avere un’applicazione bellica, e verso gli “utilizzatori finali militari”.

La decisione comunitaria colpisce tutti i contratti e gli accordi raggiunti tra gli stati membri e la Russia prima del 1° agosto 2014.

I 94 blindati Iveco sono stati venduti quando l’embargo comunitario era già in vigore. Tuttavia, il documento con cui l’Ue limita l’invio di materiale bellico verso la Russia presenta delle falle: la decisione non ha valore sanzionatorio, pertanto chi lo viola non incorre in alcun tipo di misura punitiva.

Come funzionano le autorizzazioni

L’export di materiale bellico in Italia è regolato dalla legge 185/90. La norma stabilisce che le autorizzazioni per le esportazioni sono concesse dall’Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento (Uama), di concerto con la presidenza del Consiglio e il Comitato consultivo, composto da Agenzia delle dogane e dei monopoli, ministero degli Esteri, della Difesa, dell’Interno, dello Sviluppo economico e dell’Ambiente.

L’Autorità è tenuta a fornire una valutazione di tipo tecnico-amministrativa, in conformità con la politica estera e di difesa del paese.

La 185/90, però, prevede anche una serie di condizioni da rispettare perché l’export possa essere autorizzato. Nello specifico, tali operazioni sono proibite se sono in contrasto con gli impegni internazionali presi dall’Italia e se dirette «verso paesi nei cui confronti è stato dichiarato un embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni unite o dell’Unione europea».

Più in generale, la legge vieta anche l’export verso paesi in stato di conflitto armato o «responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni unite, dell’Ue o del Consiglio d’Europa».

Nonostante un embargo europeo e le limitazioni contenute nella 185/90, il governo Renzi ha ugualmente concesso l’autorizzazione.

Armi e munizioni

Gli affari con Mosca non si limitano ai blindati Iveco. Secondo i dati dell’Istat sul commercio estero, fra gennaio e novembre del 2021 sono state esportate armi e munizioni per un valore di quasi 22 milioni.

Questo tipo di export si riferisce generalmente a materiali non bellici e per la cui esportazione è necessario unicamente il via libera del questore, sulla base di quanto stabilito dalla legge 110/75.

Nei dati dell’Istat c’è però un buco. Il valore dell’esportazione per materiale di categoria SH, che ricomprende “Armi, munizioni e loro parti accessorie”, è pari a 21.942.271 di euro, così suddivisi: 13.742.231 euro per armi comuni; 151.074 euro per le pistole; 4.093.689 euro per le munizioni; 837.170 euro per accessori. Tutti prodotti regolati dalla 110/75.

Restano però fuori dal computo merci per un valore di 3.118.107 di euro che, come spiega Giorgio Beretta, potrebbero essere destinate a corpi di polizia o enti governativi russi. «Se fosse questo il caso, se ne troverà traccia nella prossima relazione al parlamento sulle autorizzazioni all’esportazione di armamenti».

Nelle tabelle dell’Istat, dice Beretta, è riportato il valore totale dell’export di “armi e munizioni” diretto verso la Russia, ma dalle sottocategorie sono assenti proprio i dati relativi alle armi da guerra, in quanto informazioni secretate.

Da qui, è l’ipotesi dell’analista, la mancanza di quei 3.118.107, che dovrebbero dunque riferirsi a materiale bellico per la cui esportazione è stata richiesta l’autorizzazione del governo.

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