La Guida suprema parla alla nazione da un luogo segreto: «Sionisti schiacciati». Donald Trump obbliga gli 007 e il Pentagono a cambiare versione sui siti nucleari colpiti. Alle dichiarazioni altisonanti dei palazzi del potere americano si contrappongono quelle dell’intelligence europea, che confermano l’indagine preliminare della Cia. Secondo i servizi segreti del Vecchio Continente le riserve di uranio arricchito al 60 per cento restano in gran parte intatte
La guerra dei 12 giorni è senza vinti. Ognuno ha proclamato la sua vittoria: prima il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, con l’annuncio di aver distrutto totalmente il programma nucleare iraniano; poi l’esercito israeliano che si è vantato dei risultati ottenuti sul terreno, ora è il turno di Teheran.
La Guida suprema Alì Khamenei ha tenuto ieri il suo terzo discorso dall’inizio dell’operazione militare Rising Lion. Questa volta è apparso in pubblico tramite un video messaggio registrato in una località ignota, probabilmente secondo alcuni media internazionali l’ayatollah si trova ancora nascosto in un bunker, la paura di finire nel mirino del Mossad è ancora alta. «Volevamo eliminare Khamenei, ma non c’era alcuna opportunità operativa», ha detto ieri il ministro della Difesa Israel Katz.
Con il volto scuro e stanco di chi si è trovato a gestire un attacco senza precedenti per mano delle forze di difesa israeliane, Khamenei ha detto che «il regime sionista è stato quasi distrutto e schiacciato sotto i colpi della Repubblica Islamica». L’ayatollah ha ringraziato «la grande nazione dell’Iran» per l’unità dimostrata e il suo esercito per il «duro schiaffo in faccia all’America». Il messaggio di Khamenei è intriso della classica propaganda di regime.
Non si è risparmiato neanche quando in riferimento all’attacco alla base militare statunitense in Qatar ha detto di aver «inflitto danni», nascondendo che sia stata una rappresaglia telefonata e avvisata, e che i sei missili lanciati siano stati intercettati. Gli Stati Uniti – ha detto – sono entrati «in guerra perché sentivano che, se non lo avesse fatto, il regime sionista sarebbe stato completamente distrutto». E ha aggiunto che Washington «non ha guadagnato nulla da questa guerra».
Il leader iraniano ha sminuito la portata degli attacchi subiti contro i tre siti nucleari di Isfahan, Fordow e Natanz, e ha accusato Donald Trump di aver esagerato nelle sue dichiarazioni per distorcere «la verità».
La risposta americana
Non è dello stesso parere la Casa Bianca, che ieri si è ritrovata a rispondere al report d’intelligence pubblicato dalla Cnn e dal New York Times secondo cui l’attacco contro i siti nucleari iraniani abbia soltanto ritardato l’avanzamento del programma atomico di sei mesi. Ieri anche la Cia si è “piegata” alla narrazione di Trump. «Abbiamo raccolto prove che indicano che i siti nucleari dell'Iran sono stati devastati e ci vorranno anni per ricostruirli», ha detto il direttore John Ratcliffe smentendo le inchieste precedenti. Il capo del Pentagono, Pete Hegseth, ha criticato la copertura mediatica seguendo le ombre di Trump, il quale ieri ha affermato che i giornalisti in questione saranno licenziati.
«Spero che, con tutto l’inchiostro versato, tutti i vostri organi di stampa trovino il tempo di riconoscere adeguatamente questo cambiamento storico nella sicurezza continentale che altri presidenti hanno cercato di realizzare, di cui altri presidenti hanno parlato», ha detto Hegseth in conferenza stampa.
Per il segretario alla Difesa, coinvolto già nella fuga di notizie sui raid statunitensi in Yemen, l’attacco Usa «ha creato le condizioni per porre fine alla guerra, decimando, annientando, distruggendo le capacità nucleari dell'Iran».
Sul caso è intervenuto anche il capo degli Stati maggiori riuniti. Il generale Dan Caine ha detto che l’operazione militare statunitense è arrivata al «culmine» di 15 anni di pianificazione. Dal 2010, quindi, Washington pensava all’operazione militare mentre parallelamente portava avanti le trattative sul nucleare.
Tuttavia, il generale Caine non ha risposto ai giornalisti che chiedevano se fosse a conoscenza dell’impatto causato dalle bombe bunker buster.
L’esercito non effettua «valutazioni dei danni da battaglia», ha detto. Mentre in serata la portavoce della Casa Bianca ha detto che l’Iran era «a settimane» dalla realizzazione della bomba atomica e che non è ancora stato fissato un incontro per i negoziati con Teheran.
Alle dichiarazioni altisonanti dei palazzi del potere americano si contrappongono quelle dell’intelligence europea, che confermano l’indagine preliminare della Cia. Secondo i servizi segreti del Vecchio Continente le riserve di uranio arricchito al 60 per cento restano in gran parte intatte.
A confermarlo sono due alti funzionari al Financial Times. Le scorte di 408 chilogrammi di uranio arricchito di cui dispone l’Iran sarebbero state trasferite in altre località e non erano presenti a Fordow al momento dell’attacco.
Anche in questo caso è arrivata via Turth la verità di Trump: «Le auto e i piccoli camion presenti sul posto appartenevano agli operai che lavoravano al cemento e che stavano cercando di coprire la parte superiore dei pozzi. Nulla è stato portato fuori dalla struttura. Ci sarebbe voluto troppo tempo, sarebbe stato troppo pericoloso, troppo pesante e difficile da spostare».
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