Sono passate poche ore dalla proclamazione dei Nobel per la pace e arriva la vendetta di Putin. La magistratura russa ha ordinato il sequestro degli uffici a Mosca dell’ong Memorial, insignita oggi del premio insieme all’avvocato e attivista bielorusso Ales Bialiatski e l’organizzazione ucraina Centro per le libertà civili. 

Bielorussia, Russia e Ucraina per i diritti

Sono tre vincitori per un unico riconoscimento. «L’aver scelto tre situazioni diverse dimostra che ci sono forze che ancora oggi combattono per la pace mandando un segnale di speranza». A sostenerlo è Marcello Flores D’Arcais, professore di storia comparata e storia dei diritti umani nell'Università di Siena, direttore nello stesso ateneo del master europeo in Human rights and genocide studies, nonché membro fondatore di Memorial Italia, il distaccamento nostrano dell’ong che ha vinto il Nobel. 

La vergogna di Putin

Secondo il professore la scelta di conferire questo premio all’organizzazione russa, che continua a battersi per il rispetto dei diritti umani nonostante sia stata formalmente chiusa, potrà «far vergognare Putin e dare un segnale all’interno della Russia che le misure repressive prese contro ong così coraggiose e note come era Memorial sono qualcosa di totalmente sbagliato».

Quindi si tratta di un segnale che pur non incidendo in modo diretto sulle sorti del conflitto in corso potrebbe far compattare la società civile russa e spingerla ad «accentuare le critiche che sembra stiano crescendo dopo la mobilitazione generale». 

I rischi per gli attivisti di Memorial

A ciò si accompagna, tuttavia, la preoccupazione per gli attivisti di Memorial che sono detenuti nelle prigioni russe. Come spiega Simone Guagnelli, professore di lingua e letteratura russa all’università di Bari e curatore del profilo Instagram di Memorial Italia, il nobel «è un riconoscimento alto e importante che secondo me costituisce un messaggio di pacificazione. Quello che potrebbe peggiorare, invece, è la condizione di chi già è detenuto nelle carceri russe, penso all’attivista Yury Dmitriev». 

L’ondata di positività portata dall’assegnazione di questo premio all’organizzazione russa è frenata anche dalle lamentele giunte da Kiev. Mykhailo Podolyak, il consigliere del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha, infatti, dichiarato: «Il comitato per il Nobel ha una concezione interessante della parola “pace” se rappresentanti di due paesi che hanno attaccato un terzo ricevono il Premio Nobel insieme» e ha accusato le organizzazioni bielorusse e russe di non essere state in grado di organizzare la resistenza alla guerra. 

«Io trovo il conferimento del Nobel un gesto forte in direzione della pace – dice Guagnelli – Capisco che gli ucraini possano vedere con stizza qualsiasi premio che viene assegnato a una ong russa. Ma il curriculum di Memorial è talmente trasparente e fatto in direzione dei diritti e di supporto alla resistenza ucraina che trovo queste dichiarazioni distanti dal mio punto di vista». 

La contintuità 

Ciò che invece tiene a sottolineare il professore di lingua e letteratura russa è la continuità tra il premio di questo anno e quello dello scorso, vinto dal giornalista russo Dmitrij Muratov insieme a Maria Ressa

«Pensavo stamattina al famoso documentario russo Processo alla memoria, fatto da TvRain, la televisione indipendente che ha subìto la repressione di Putin. Il documentario ricostruisce tramite interviste la storia di Memorial ed è introdotto proprio dalle parole di Muratov che aveva da poco ricevuto il Nobel per la pace. In questo senso vedo un’ideale continuità tra i due premi».

La consegna del premio

Il premio sarà consegnato il 19 dicembre e si inizia a pensare già da ora a chi potrà rappresentare Memorial in quell’occasione. «Non credo sappiano già chi andrà. Immagino Elena Zhemkova, ma forse anche altri, se non li mettono tutti dentro nel frattempo», fanno sapere dalla direzione di Memorial Italia. 

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