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Il Libano domenica vota per un nuovo parlamento, che a sua volta sarà chiamato ad eleggere un nuovo presidente dopo la scadenza del mandato di Aoun a fine ottobre. Nelle strade di Beirut però c’è sfiducia verso il rinnovo istituzionale.
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Le parti politiche si sono confrontate sul destino del braccio armato del potente partito sciita Hezbollah, ma tutti sanno che Nasrallah non ha nessuna intenzione di smantellarlo a favore dell’esercito nazionale.
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Lo scorso mese i dati sull’impoverimento della popolazione hanno avuto un tragico riscontro quando una nave con oltre 60 migranti diretti in Italia è affondata al largo di Tripoli. E si teme un nuovo tracollo economico dopo le elezioni.
Sfrecciando nella notte lungo viale Ruhollah Khomeini, che dall’aeroporto porta nel cuore della capitale Beirut attraversando la roccaforte sciita di Dahieh, senza elettricità i lampioni lasciano la strada al buio. I murales del gran generale iraniano Qasem Soleimani, ucciso dagli Usa, rimangono nascosti nell’ombra. Ogni venti metri c’è una gigantografia del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, una presenza molto più martellante che in tempi normali: domenica in Libano è tempo di elezioni. O



