Nelle ultime settimane la Santa Sede ha rispolverato tutto il suo lustro. Dopo i funerali di Papa Francesco e l’incontro nella basilica di San Pietro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, anche l’intronizzazione di Papa Leone XIV ha esaltato il ruolo diplomatico del Vaticano.

La cerimonia di domenica 18 maggio a piazza San Pietro ha segnato l’inizio del ministero petrino di Robert Francis Prevost, ma è stata anche affiancata da una serie di bilaterali e incontri con al centro il dossier Ucraina. A Roma, infatti, è tornato Zelensky, che ha incontrato sia il vicepresidente Usa JD Vance sia il papa.

Il presidente ucraino non ha perso tempo nel ringraziare il Vaticano «per la sua disponibilità a fungere da piattaforma per i negoziati diretti tra Ucraina e Russia».

La mediazione vaticana

Russi e ucraini, per adesso, si sono parlati in Turchia, ma la Santa Sede ha facilitato il dialogo tra Washington e Kiev. Fondamentale più che mai dopo la lite in diretta tra Trump e Zelensky nello Studio Ovale di febbraio. Ieri, dopo una prima stretta di mano a San Pietro condita da sorrisi, Vance e il leader ucraino si sono incontrati per mezz’ora a Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore Usa.

Presente anche il segretario di Stato Marco Rubio, in un clima cordiale, da quanto trapelato.

Al centro del tavolo i negoziati di Istanbul, le sanzioni contro la Russia, i rapporti economici - specie dopo la firma sulle risorse minerarie ucraine - e anche la telefonata tra Trump e Vladimir Putin di lunedì 19 maggio. Da parte ucraina è stata ribadita la disponibilità a una diplomazia reale, per arrivare a una tregua e per distaccarsi da Mosca, che continua a bombardare Kiev e nelle scorse ore ha lanciato il suo più grande attacco con droni dall’inizio della guerra contro il territorio ucraino.

Tra l’altro la ministra della Cultura russa Olga Lyubimova, figura già presente alle esequie di Papa Francesco, non è riuscita a partecipare all’inaugurazione del nuovo pontificato per alcuni non meglio specificati problemi al «percorso aereo».

Se da una parte Leone XIV ha seguito Bergoglio sugli appelli alla pace, sembra essersi smarcato dal suo predecessore invocando fin dai primi momenti una pace giusta e duratura per Kiev e il suo sostegno al martoriato popolo ucraino.

La prima telefonata a un capo di Stato straniero è stata con Zelensky e domenica il presidente ucraino è stato il primo leader ricevuto nelle udienze del pontefice dopo la messa inaugurale, come sottolineato dall’ambasciatore di Kiev presso la Santa Sede Andrii Yurash. Segnali di vicinanza, a cui Zelensky oltre ai ringraziamenti ha risposto rinnovando l’invito al Papa a recarsi in Ucraina.

Intanto, Leone XIV oggi lunedì 19 maggio dovrebbe vedere anche Vance. Un’udienza che oltre a essere importante per la questione ucraina, servirà anche a inquadrare il rapporto tra l’amministrazione Trump e il primo pontefice americano, che in passato non ha risparmiato forti critiche all’operato di Trump e Vance.

Italia tra Usa e Ue

Nel frattempo, Roma cerca di uscire dal cono d’ombra della cupola di San Pietro. Giorgia Meloni, infatti, ha sfruttato l’occasione del nuovo ritrovo dei leader mondiali per dimostrare di poter svolgere il ruolo che da mesi sta cercando di ritagliarsi. Ossia, mediare tra gli Usa di Trump e l’Europa.

A Palazzo Chigi è andato in scena il trilaterale tra la presidente del Consiglio italiana, Vance e Ursula von der Leyen. Un’ora di «confronto costruttivo», come lo ha definito Meloni, che ha esaltato il ruolo dell’Italia «per rilanciare il dialogo tra Unione Europea e Stati Uniti».

La premier ha incassato le lodi sia del vicepresidente Usa sia della presidente della Commissione Ue. Il primo ha ribadito il rapporto storico tra le due sponde dell’Atlantico, seppure ci siano «cose su cui non siamo d’accordo». Sicuramente un passo in avanti rispetto agli attacchi frontali e agli insulti che negli ultimi mesi Vance ha indirizzato al Vecchio Continente.

La seconda, invece, ha rimarcato la necessità di uno sforzo comune tra Usa ed Europa per far concludere la guerra in Ucraina. Per Von der Leyen «la prossima settimana sarà cruciale». Elemento da tenere in considerazione, anche se negli ultimi tre anni ultimatum e presunte «settimane cruciali» si sono susseguiti inutilmente.

A Roma i massimi rappresentanti di Washington e Bruxelles hanno discusso soprattutto della questione commerciale, augurandosi che sia l’inizio di negoziati a lungo termine.

Tanto è bastato a Meloni per gridare al successo e a diversi membri di Fratelli d’Italia, da Guido Crosetto a Tommaso Foti, per lodare la premier. Il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli ha definito il trilaterale addirittura «qualcosa di più» rispetto al vertice berlusconiano di Pratica di Mare tra Putin e Bush.

Nonostante in Albania, dopo il vertice della Comunità politica europea, avesse ribadito l’inutilità di certe foto, l’immagine di lei al tavolo con Vance e von der Leyen era ciò che Meloni cercava. Per rispondere proprio all’incontro tra i leader europei della coalizione dei Volenterosi, al telefono con Trump da Tirana. Lì, Meloni non c’era per una scelta politica.

E non perché si parlasse di truppe da inviare in Ucraina, come detto dalla premier, smentita da Emmanuel Macron e dal fatto che mai Germania e Polonia abbiano dato l’ok a mandare soldati. I Volenterosi sono in contatto con Trump per capire le mosse degli Usa e provare a concordare una risposta occidentale univoca nei confronti della Russia. Tanto che nella notte tra domenica e lunedì, prima della telefonata Trump-Putin, c’è stato un nuovo colloquio telefonico tra il tycoon, Macron, Starmer e Meloni stessa.

© Riproduzione riservata