Il 27 febbraio 2022, a pochi giorni dall’inizio dell’invasione russa, il presidente Volodymir Zelensky ha annunciato la creazione di una legione straniera, chiamata Legione Internazionale per la Difesa territoriale dell’Ucraina, composta da volontari stranieri.

Dopo solo dieci giorni, il governo comunicò di aver ricevuto oltre ventimila richieste di reclutamento da 52 paesi diversi (attualmente da almeno 55). Il corpo è inquadrato sotto le Forze della Difesa Territoriale, la riserva dell’esercito ucraino.

A Kiev ho incontrato vari volontari che hanno combattuto al fronte, oltre allo staff incaricato di coordinare reclutamento e impiego.

Il portavoce è l’avvocato franco-norvegese Damien Magrou, affiancato da un cittadino ceco soprannominato “Santa”, perché si occupa di logistica, e una ungherese addetta alle comunicazioni.

Nessuno di loro ha esperienza militare pregressa, si sono offerti volontari all’inizio del conflitto per aiutare l’Ucraina.

La Legione internazionale è ancora in evoluzione, ma dopo cinque mesi si è formato uno zoccolo duro di veterani che hanno contribuito a difendere Severodonetsk e Kharkiv, pur subendo perdite pesantissime, mi è stato riferito.

Ho visto le foto di due combattenti brasiliani, Talitha do Valle e Douglas Burrigo, morti carbonizzati nell’incendio del loro bunker colpito dai russi, e come loro sono tanti gli stranieri caduti nei mesi scorsi.

La base dei “mercenari stranieri”

Ukrainian military servicemen prepare to fire salutes during the funeral of their comrades, Roman Rak and Mykola Mykytiuk, in Starychi, western Ukraine, Wednesday, March 16, 2022. Rak and Mykytiu were killed during Sunday's Russian missile strike on a military training base in Yavoriv. (AP Photo/Bernat Armangue)

Il punto di svolta nel reclutamento di volontari è arrivato lo scorso 13 marzo, con il bombardamento della base militare di Yavoriv, vicino al confine polacco, in cui sono morti 35 soldati ucraini e oltre un centinaio sono rimasti feriti.

Secondo Mosca, l’attacco avrebbe ucciso fino a 180 “mercenari stranieri”, ma il ministero della Difesa di Kyiv e il portavoce della Legione hanno categoricamente smentito vittime non ucraine.

Dalle testimonianze è emerso che effettivamente a Yavoriv c’erano moltissimi stranieri, quasi mille, ma erano accampati in tende attorno all’edificio bombardato. Pur non avendo subito perdite, per molte reclute senza esperienza bellica il trauma è stato enorme e hanno chiesto alle autorità di poter lasciare il paese.

Altri si sono uniti a singole unità delle forze armate ucraine, dove l’esperienza di veterani dell’Iraq o dell’Afghanistan può tornare utile, oppure ad altri reparti internazionali come la Legione Georgiana.

Esistono infatti una serie di unità composte da stranieri che non rientrano sotto il controllo della Legione internazionale. La Legione Georgiana è comandata dal veterano di Abkhazia e Donbass Mamuka Mamulashvili, che gode di maggiore autonomia operativa e di una leadership forte sopra la sua unità.

I battaglioni ceceni Sheikh Mansur e Dzhokhar Dudayev combattono da anni a fianco degli ucraini in Donbass.

Da quest’anno si sono formate unità bielorusse come il battaglione Kastuś Kalinoŭski e il reggimento Pahonia, ma anche la cosiddetta Legione Russia Libera, formata da dissidenti del regime di Putin.

Il corso per combattere 

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Dopo Yavoriv, alcuni generali ucraini si sono lamentati con il governo per la gestione caotica dei volontari, in alcuni casi chiedendo anche di chiudere l’esperienza della Legione. Da aprile, però, l’Ucraina ha cambiato le politiche di reclutamento, richiedendo prove documentate di esperienza militare di combattimento.

Questo requisito ha ristretto molto il bacino dei candidati, ma ha migliorato l’efficienza dell’unità. Inizialmente le reclute venivano instradate ad un corso intensivo di quattro settimane, che però non preparava adeguatamente all’inferno che attendeva i reparti al fronte.

Naturalmente la maggior parte dei candidati con esperienza di combattimento erano e continuano ad essere veterani americani delle guerre in Medio Oriente o in Africa, seguiti da europei, soprattutto scandinavi, polacchi, finnici e baltici.

Non mancano i combattenti latinoamericani da Colombia, Venezuela, Argentina e Brasile, che spesso identificano nella Russia di Putin l’erede dell’Urss e sono mossi da motivazioni anti-comuniste verso i regimi di Maduro e di Cuba, come mi ha riferito un volontario.

Tra di loro c’è anche qualcuno dal passato opaco, in quel mondo di ex militari, poliziotti e mercenari, come ho potuto appurare a Kyiv.  Stesso discorso ideologico vale per i sud-coreani, mentre quelli del nord - se mai ce ne fossero - non sono ammessi nella Legione, così come quelli cinesi ed egiziani, ritenuti paesi a rischio di spionaggio filorusso.

I combattenti di Taiwan, invece, vedono un’analogia con la minaccia di Pechino verso la loro isola.

Cosa manca

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Uno degli ostacoli che affronta la Legione è la mancanza di equipaggiamento; infatti, è richiesto ai volontari di portare con sé eventuali elmetti, giubbotti, armi e attrezzatura.

Una rete internazionale sta cercando di finanziare l’acquisto di ciò che manca ai soldati, come visori notturni che costano oltre tremila euro l’uno, ma anche armi più sofisticate e mezzi di trasporto.

Sono carenti anche figure come i paramedici, necessari per prestare soccorso ai feriti sulla linea del fronte senza dover aspettare quelli ucraini di altre unità.

Servono anche figure specializzate, dagli esperti di controllo droni agli ingegneri. Un problema che resta è la barriera linguistica, perché non sempre i comandanti ucraini capiscono l’inglese e piccole unità straniere, specialmente latinoamericane, preferiscono parlare in spagnolo.

Il viceministro dell’Interno ucraino Yevgheny Yenin ha dichiarato che i volontari stranieri avranno diritto alla cittadinanza se presteranno servizio per la durata della guerra, soprattutto nei casi in cui i loro paesi di provenienza li privassero del passaporto.

L’Algeria e il Senegal hanno proibito ai propri cittadini di recarsi in Ucraina a combattere, mentre gli Stati Uniti e l’Inghilterra non invitano i propri a farlo ma non lo impediscono.

Una legge del 1870 proibisce ai sudditi di Sua Maestà di unirsi a una forza armata straniera, ma solo se questa combatte contro un paese amico del Regno Unito. Simili disposizioni sono in vigore nei paesi del Commonwealth come Canada e Australia, da cui arriva anche una nutrita diaspora ucraina.

Esiste infatti una brigata canadese-ucraina all’interno della Legione. Nei loro confronti c’è una politica meno restrittiva, come ho potuto verificare a Kyiv con un volontario della Florida di origine ucraina, con il tridente tatuato sul petto, che aveva prestato servizio nell’esercito americano ma mai in combattimento.

Gli italiani arruolati

L’Italia vieta ai propri cittadini di prendere parte ad un conflitto estero. L’articolo 244 del Codice penale prevede la reclusione da sei a diciotto anni per chi compie atti ostili contro uno Stato estero.

Si potrebbe dibattere sul fatto che l’articolo aggiunge “in modo da esporre lo Stato italiano al pericolo di una guerra”, che lascia aperta la possibilità di farlo qualora questo pericolo non sussista.

Alcuni italiani hanno comunque risposto alla chiamata del presidente Zelensky e si sono arruolati, tra cui l’ex calciatore Ivan Vavassori, rientrato in Italia, l’ex allieva pilota dell’Aeronautica militare Giulia Schiff, ancora in Ucraina, ma anche altri come Riccardo Crobu.

Secondo l’apparato di sicurezza italiano, a marzo erano almeno diciassette i connazionali nel paese, di cui nove volontari per l’Ucraina e i restanti con i separatisti, come Edy Ongaro, ucciso quel mese in Donbass.

Da allora, i numeri sono cresciuti di qualche unità ma non sono certamente arrivati a quei sessanta di cui parla un comunicato diffuso dal Cremlino. Tendono comunque a mantenere un basso profilo per il rischio di imputazione al ritorno.

L’arruolamento

Sergiy Volosovets, 30, actor-turned-commander with the Territorial Defense Forces, poses for a photo in Brovary, on the outskirts of Kyiv, Ukraine, Wednesday, March 30, 2022. Volosovets now commands a unit of 11 men and oversees the military training of other volunteers at a base northeast of the capital, Kyiv. They are old, young, local, foreign, often new to war. Thousands of people have volunteered to join Ukraine’s Territorial Defense Forces and resist Russia’s invasion. The Associated Press this week spent time with some of them. (AP Photo/Felipe Dana)

Il governo ucraino ha lanciato un sito web che fornisce informazioni su come fare domanda tramite le missioni diplomatiche di ogni paese europeo, ma l’Italia è stata rimossa dalla pagina a causa della legislazione in vigore.

Persino la Bielorussia è presente con i contatti del consolato a Minsk e di quello a Brest, benché il regime di Lukashenko sia formalmente schierato con la Russia e in Ucraina combattano volontari bielorussi dell’opposizione al regime. Se si clicca sulla Russia, invece, il sito mostra lo slogan ormai famoso dedicato alla nave affondata nel mar Nero.

Il ministero della Difesa di Mosca non ha perso tempo a definire tutti i volontari stranieri come mercenari, che non possono essere considerati combattenti in base al diritto di guerra e al diritto internazionale umanitario, né godere dello status di prigioniero di guerra se catturati.

Due britannici e un marocchino sono stati condannati a morte da un tribunale della repubblica separatista di Donetsk, ma non erano membri della Legione. Anche due americani dell’Alabama, insieme ad altri, sono stati catturati in combattimento e attendono la stessa sorte.

Si è effettivamente dibattuto se i volontari stranieri fossero mercenari, combattenti per la libertà o foreign fighters assimilabili a quelli che si unirono all’Isis o alle milizie curde in Siria.

L’articolo 47 del protocollo addizionale della Convenzione di Ginevra definisce mercenario un individuo motivato dal guadagno personale che riceve un compenso materiale in eccesso rispetto a quello pagato ai combattenti dello stesso grado nella forza armata di riferimento.

I volontari stranieri che combattono per l’Ucraina, tuttavia, ricevono lo stesso compenso dei loro commilitoni locali - non molto alto - e sono inquadrati nelle forze armate del paese a tutti gli effetti, con un contratto di servizio che li vincola sino alla fine della guerra.

Alcuni volontari, infatti, si sono tirati indietro quando hanno saputo dell’obbligo a servire per un periodo di tempo così lungo, perché pensavano di poter restare qualche mese e poi tornare nel paese d’origine.

Solo in alcuni specifici casi i volontari sono lasciati andare. Chi invece rientra nella definizione giuridica della Convenzione di Ginevra sono i mercenari del gruppo Wagner, assoldati da Mosca per rimpinguare i ranghi laddove le truppe regolari scarseggiano.

In effetti, gli uomini della Wagner sono spesso ex militari russi o di altri repubbliche post-sovietiche, pagati molto meglio delle truppe ufficiali e con una certa autonomia operativa.

Sono ormai abbondanti i report sui loro abusi nei paesi del Sahel e dell’Africa subsahariana, con stragi di civili e false flag a danno della Francia. Il fondatore del gruppo è Dmitry Utkin, ex ufficiale delle forze speciali dell’intelligence militare russa Gru, noto per le mostrine da SS tatuate sulle scapole, non a caso ha battezzato il gruppo con il nome del compositore preferito di Hitler.

Paradossale che le forze Wagner siano in prima linea nel Donbass per de-nazificare l’Ucraina, come sostenuto dalla propaganda russa.

Combattenti per la libertà o foreign fighters

Appurato che i volontari stranieri in Ucraina non siano mercenari, resta il dubbio su come definirli, se combattenti per la libertà o foreign fighters.

Per David Malet, professore all’American University ed esperto del tema, non si può parlare di foreign fighters perché questi si uniscono a formazioni irregolari di insurrezione, milizie ribelli e gruppi non statuali, mentre i volontari ucraini appartengono alla forza armata di un paese riconosciuto.

Un foreign fighter, ad esempio, è stato l’italiano Karim Franceschi, che ha combattuto con le milizie curde dello Ypg in Siria contro gli jihadisti dello Stato Islamico. Franceschi ha dichiarato che non si sarebbe unito alla Legione ucraina perché: «ci sono diversi miliziani volontari che si rifanno a ideologie di estrema destra, quando non dichiaratamente neonazisti. Lo stesso nome scelto, legione, mi preoccupa molto, anche perché in esso sono confluiti tanti militari che si rifanno alla supremazia bianca propagandata dal Battaglione Azov che era già operativo nel 2014».

Tutti di destra?

In this photo provided by Azov Special Forces Regiment of the Ukrainian National Guard Press Office, a Ukrainian soldier injured during fighting against Russian forces, poses for a photographer inside the Azovstal steel plant in Mariupol Ukraine, May 10, 2022. For nearly three months, Azovstal’s garrison clung on, refusing to be winkled out from the tunnels and bunkers under the ruins of the labyrinthine mill. A Ukrainian soldier-photographer documented the events and sent them to the world. Now he is a prisoner of the Russians. His photos are his legacy.(Dmytro Kozatski/Azov Special Forces Regiment of the Ukrainian National Guard Press Office via AP)

Una accurata ricerca coordinata dall’accademico Kacper Rekawek su tutta l’Europa ha invece dimostrato che tra i volontari del 2022 non vi sono estremisti di destra, che anzi sono scartati ai colloqui nei consolati ucraini o dallo staff della Legione.

Ne ho avuto conferma con i membri della Legione che ho incontrato a Kyiv, tra cui due americani che hanno anzi idee molto progressiste - uno è anche ateo - e hanno definito talebana la svolta della Corte suprema americana sul diritto all’aborto.

Inoltre, il battaglione Azov, che in realtà è un reggimento, ha subito una profonda trasformazione dal 2014 con la depurazione di molti elementi stranieri neonazisti e l’inquadramento nelle forze armate ucraine come reparto della Guardia Nazionale.

Benché sia dominato dal pensiero nazionalista ucraino, non è più un ambiente nazista e al suo interno sono numerosi i soldati che parlano russo come lingua madre, tra cui anche alcuni di origine ebraica.

Franceschi ha citato anche il termine ‘legione’ come causa della sua diffidenza. La legione cecoslovacca e quella polacca sono considerate in patria come esempi di patriottismo, lotta per la libertà e indipendenza, mentre in Ucraina la Legione di Auto-Difesa fu un’unità collaborazionista durante la Seconda guerra mondiale.

Anche in Europa occidentale la legione ricorda nostalgie fasciste, come quella delle camicie nere creata da Mussolini o la legione straniera spagnola protagonista della vittoria di Francisco Franco nella guerra civile.

Anche in quel conflitto accorsero volontari stranieri per il fronte repubblicano, confluiti nelle Brigate Internazionali, tra cui George Orwell che ben descrisse il clima dei volontari a Barcellona nel suo “Omaggio alla Catalogna”. Ho ritrovato lo spirito descritto da Orwell in molti dei volontari che ho incontrato a Kyiv.

In Spagna continua ad esistere la Legione straniera come corpo delle forze armate, benché sia considerata nostalgica del franchismo.

In Francia esiste la più celebre delle legioni straniere, che in passato è stata rifugio per ricercati e reietti, ma si è professionalizzata ed è divenuta uno dei reparti più efficienti dell’esercito francese, impiegato in Africa nelle operazioni più rischiose.

La Legione internazionale ucraina, a dispetto del nome, non è un reparto di estrema destra e assomiglia piuttosto alle brigate repubblicane spagnole. Quelli di Karim Franceschi sono perciò pregiudizi, come dimostra il fatto che vari ex combattenti delle milizie curde si siano arruolati in Ucraina.

Tra di loro c’è lo svedese Jesper Söder, presente a Yavoriv durante l’attacco russo, il britannico John Harding, catturato a Mariupol nell’assedio, ma anche altri europei che hanno combattuto contro l’Isis.

La divisione dei compiti

President of Ukraine Volodymyr Zelenskyy attends a joint press conference with Prime Minister of the Netherlands, Mark Rutte, following their meeting in Kyiv, Ukraine, Monday, July 11, 2022. (AP Photo/Andrew Kravchenko)

Al momento la Legione ha soltanto comandanti ucraini, mentre i volontari internazionali possono aspirare al massimo al grado di caporale. Questo ha creato malumori e incomprensioni tra gli stranieri, spesso dopo anni di esperienza in operazioni Nato, costretti a prendere ordini da ufficiali locali con mentalità ancora sovietica.

Mi è stato riferito di un ex colonnello dell’esercito britannico impiegato di notte come una sentinella qualsiasi. La Rada sta discutendo un disegno di legge che consentirebbe anche agli stranieri di essere nominati ufficiali della Legione, che nell’idea dello staff potrebbe diventare una brigata d’élite con standard Nato, formata da veterani che darebbero filo da torcere alle truppe russe.

Il ministero della Difesa ha creato anche un’unità di forze speciali coordinata dall’intelligence militare Gur, formata da volontari stranieri con particolari competenze e abilità, spesso ex teste di cuoio dei rispettivi paesi.

Questa unità trae reclute dalla Legione straniera ma è organizzata separatamente. Ho incontrato volontari che ne hanno fatto parte, ma che hanno messo in discussione la capacità del Gur di impiegarli adeguatamente, con rischi e perdite troppo alte.

Molte delle informazioni a cui ho avuto accesso a Kyiv riguardano anche le operazioni in cui la Legione è stata coinvolta e i settori del fronte dov’è schierata, naturalmente non divulgabili per ragioni di sicurezza, ma si può dire che il suo contributo è significativo, benché non superi i duecento effettivi.

La Legione internazionale ha attirato persone di diversa estrazione e con una varietà di motivazioni, dalla solidarietà verso l’Ucraina e la difesa della democrazia sino al desiderio di realizzarsi o tornare a combattere.

Si tratta di uno dei fenomeni più interessanti della guerra, ma resta da vedere se il governo ucraino riuscirà a istituzionalizzarla nei prossimi mesi o preferirà scioglierla al termine del conflitto.

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