Il sito di Asml si rivolge direttamente a ogni lettore curioso, con parole che già fanno comprendere la sua centralità: «Probabilmente siamo parte del dispositivo elettronico che state usando in questo momento». Non è un’espressione retorica. Le macchine prodotte da quest’azienda dei Paesi Bassi, che ha il suo quartiere generale e la sua sede principale a Veldhoven, cittadina a pochi chilometri da Eindhoven, sono infatti fondamentali per la tecnica di produzione delle componenti elettroniche più sofisticate, come i processori e le memorie. Pertanto, contribuiscono alla realizzazione dei dispositivi, come gli smartphone, attraverso cui viene visualizzato il sito aziendale.

In sintesi, l’azienda è leader mondiale dei processi più avanzati di fotolitografia. Si tratta della complessa tecnica per giungere all’incisione miniaturizzata dei wafer di silicio, attraverso l’uso della luce o della luce ultravioletta in una serie di maschere e l’interazione con prodotti chimici fotoresistenti. Le macchine di Asml sono l’elemento più pregiato delle enormi fabbriche di semiconduttori (in gergo chiamate fab) in cui avviene a pieno ritmo la produzione dei “mattoncini” della nostra vita digitale, in una corsa continua alla miniaturizzazione e all’aumento delle prestazioni.

Il passaggio intellettuale più importante da compiere, per capire la guerra dei chip tra Stati Uniti e Cina, è avere una visione complessiva del percorso per giungere al prodotto finito, il chip. Con alcune differenze sulle tipologie, è sempre necessario il coinvolgimento di una serie di aziende, in una catena del valore enormemente complessa e globalizzata.

Percorso tortuoso

Dobbiamo evitare di pensare che tutto sia solo nelle mani delle aziende che gestiscono le grandi fabbriche, come il gigante di Taiwan, Tsmc, leader della produzione per conto terzi, o le storiche società che integrano progettazione e produzione, come Intel. Su di esse si catalizza la maggiore attenzione, anche per la storia dei loro fondatori e manager, il leggendario Morris Chang per Tsmc, ancora attivo a oltre novant’anni, che ho raccontato nel mio libro Il dominio del XXI secolo, o la “trinità” di fisici, chimici, imprenditori che ha fatto la storia di Intel, composta da Andy Grove, Gordon Moore, Bob Noyce.

Nella filiera complessiva ci sono alcuni elementi poco visibili ma che hanno una grande importanza, e anch’essi racchiudono storie aziendali sorprendenti. Per esempio, le principali applicazioni di supporto alla progettazione dei chip (chiamate Eda, Electronic Design Automation) sono fornite da una manciata di aziende statunitensi (di cui una, Mentor, è stata acquistata qualche anno fa dalla tedesca Siemens). Sono aziende figlie di un’evoluzione avvenuta negli anni Ottanta, il decennio in cui aumenta in modo molto significativo la complessità di tutta l’industria.

Uno dei leader del segmento è Synopsys, fondata da Aart de Geus, nato nei Paesi Bassi e cresciuto in Svizzera, dove ha sviluppato la sua passione per la chitarra blues e si è laureato a Losanna, prima di trasferirsi in Texas per il dottorato e avviare la sua carriera di manager e imprenditore. Oltre alle aziende che progettano chip (come Nvidia, Amd, Qualcomm), a cui corrispondono le aziende come Tsmc che li fabbricano per loro, la filiera è caratterizzata da numerose aziende attive nella chimica e nei gas industriali, tra cui realtà coreane, giapponesi, europee, come i giganti Linde (Germania) e Air Liquide (Francia), ma anche l’azienda della Brianza Sapio, che proprio quest’anno festeggia il suo centenario.

Nelle fabbriche di semiconduttori è presente un insieme molto sofisticato di strumentazione, macchinari e sistemi essenziali per il processo produttivo, in termini di realizzazione, monitoraggio e diagnostica. A realizzare tutto ciò sono alcune aziende collocate prevalentemente negli Stati Uniti, nella Silicon Valley (come Lam Research, Kla e Apllied Materials), in Giappone (Tokyo Elektron, Nikon, Canon) e nei Paesi Bassi (Asml).

Asml nasce nel 1984, ma è in questo secolo che si esprime il suo successo economico, fondato su un primato tecnologico. Per dare un’idea, le vendite nette dell’azienda nel 2000 erano di poco più di 2 miliardi di euro, sono salite nel 2020 a 14 miliardi. Le previsioni più recenti, presentate all’Investor Day l’11 novembre 2022, vedono il fatturato oscillare tra 30 e 40 miliardi nel 2025, e tra 44 e 60 miliardi nel 2030, con un margine lordo tra il 54 e il 60 per cento. Ora, in che modo Asml è diventata ciò che è? Come è stato possibile? Quali sono le sue sfide, i suoi rischi?

In primo luogo, l’azienda non deve il suo successo al cosiddetto “stato imprenditore”. Non è stato un fondo sovrano dei Paesi Bassi a inventarla. Né è stata creata una banca pubblica di sviluppo che ha deciso di supportarla in modo decisivo, influendo sulle decisioni societarie con quote azionarie o con altri vincoli. Nella prima fase della vita dell’azienda, è essenziale invece la determinazione di un gruppo di ricercatori e di manager, che peraltro bussano alla porta del governo olandese senza avere sostegno. In questa comunità si realizza una complementarità perfetta tra due dimensioni, quella della ricerca applicata e quella dell’imprenditorialità.

Ricerca e mercato

Un nucleo di ricercatori, provenienti da un importante laboratorio Philips, incontra diverse storie manageriali, e in particolare quella di Arthur del Prado, un industriale nato nel 1931 nelle Indie orientali olandesi, internato negli anni Quaranta in un campo di prigionia giapponese e poi trasferitosi con la famiglia nei Paesi Bassi, dove ha studiato chimica ed economia prima di spostarsi negli anni Cinquanta nella Silicon Valley e vivere da vicino la nascente industria dei semiconduttori.

Negli anni Sessanta torna in Europa e fonda Advanced Semiconductor Materials (Asm), mantenendo importanti legami con gli Stati Uniti, che lo portano a quotare l’azienda al Nasdaq nel 1981. La sua collaborazione con Philips e con gli ingegneri del laboratorio di fisica aziendale, Natuurkundig Laboratorium, porta alla creazione di Asml. Del Prado è morto nel 2016 ma Asm è un’azienda ancora attiva nell’ecosistema europeo, con circa 2 miliardi di fatturato. Nel 2022 ha, tra le altre cose, acquisito un’azienda italiana che produce reattori epitassiali, Lpe.

Quella dei chip è un’industria, non un programma di ricerca. Eppure, ha bisogno di enormi risorse per attività di ricerca che vogliono andare sul mercato e ottenere risultati su vasta scala. Le storie che si incrociano in Asml contengono tutte queste dimensioni. È Asml ad accompagnare nel tempo la crescita del più lungimirante centro di ricerca europeo in materia, Imec, e viceversa. E nel corso del tempo, anche i fondi pubblici dei Paesi Bassi e della Commissione Europea danno un contributo alle innovazioni di Asml, anche se la scintilla dell’azienda non è affatto pubblica, come abbiamo chiarito.

La storia di Asml non è sempre stata caratterizzata da fatturati miliardari. All’inizio l’azienda ha difficoltà finanziarie, perché non è facile attaccare un mercato con importanti barriere d’ingresso. Una svolta positiva avviene nel 1994, con l’annuncio della quotazione in borsa. Al tempo, Asml si confronta con un contesto ancora dominato da giganti giapponesi, come Nikon e Canon. Nel percorso di quotazione, l’azienda di Veldhoven ha difficoltà ad attirare gli investitori istituzionali tradizionali, anche per la complessità dei suoi prodotti. La quotazione fornisce risorse preziose per la crescita dell’azienda, che sviluppa rapporti sempre più stretti di collaborazione con alcuni fornitori, tra cui il gigante tedesco dell’ottica, Zeiss. Asml si fa apprezzare dai clienti per un eccezionale servizio di assistenza tecnica, che è considerato molto migliore di quello dei giapponesi ed è fondamentale in un’industria fondata sulla ripetizione costante e stabile di processi precisi.

L’ambizione dell’azienda è testimoniata dai grandi investimenti in ricerca, che la portano a credere, più di ogni altro, in una grande discontinuità tecnologica nei procedimenti di litografia, la cosiddetta litografia ultravioletta estrema. Si tratta di una tecnologia che, come vari aspetti nella storia di Asml, rimanda a un rapporto determinante con gli Stati Uniti. È stata sviluppata negli anni Novanta dal dipartimento dell’Energia nell’ambito del Virtual National Laboratory, che comprende Lawrence Livermore National Laboratory, Sandia National Laboratories e E.O. Lawrence Berkeley National Laboratory.

Il progetto che ha un grande sostegno da parte di Intel, che negli anni Novanta conosce una nuova età dell’oro attraverso i processori per l’informatica. Ma gli Stati Uniti hanno un problema di filiera, che deriva dalla crisi delle sue aziende nel segmento della litografia, esemplificata dal crollo di aziende come Gca. In quel momento, è politicamente difficile per Washington tollerare che un gigantesco programma di ricerca, che vede contributi pubblici del governo e implicazioni militari, vada a finanziare i giapponesi. Pertanto, gli Stati Uniti escludono le aziende giapponesi dai progetti del Dipartimento dell’Energia, ai quali invece accede Asml.

È un passaggio relativamente silenzioso ma molto importante. Asml ottiene anche l’autorizzazione governativa all’acquisto di un’azienda californiana del settore del nome evocativo, Silicon Valley Group, con la condizione della vendita di Tinsley Laboratories, che ha fornito strumenti ottici per i satelliti spia americani.

Monopolio

Lo sviluppo della litografia ultravioletta estrema richiede enormi risorse e ritmi di lavoro impressionanti dei fornitori. Asml è disposta a tutto per vincere la sua scommessa. Tra il 2012 e il 2013 compie due importanti passaggi: in primo luogo, l’apertura del suo azionariato ai clienti (Intel, Tsmc, Samsung) per avere altre risorse da investire in ricerca e sviluppo; in secondo luogo, l’acquisizione di un’altra azienda della Silicon Valley, Cymer, leader nella produzione di sorgenti di luce (tra cui laser) utilizzati nei processi dei suoi macchinari. In questo caso, Asml ha integrato un suo fornitore critico all’interno del gruppo, sempre con lo scopo di accelerare lo sviluppo della litografia ultravioletta estrema.

Il risultato di questo processo è una serie di macchine che contengono 100.000 parti e, per essere spedite nelle fabbriche dove operano (soprattutto a Taiwan e in Corea del Sud), richiedono quaranta container, venti camion e tre aerei cargo. Per giungere a una di queste macchine, serve l’apporto di centinaia di fornitori, che Asml deve far lavorare all’unisono, secondo elevatissimi standard di qualità e di rapidità. Il prezzo di listino di queste macchine è di circa 150 milioni di dollari, anche se grandi clienti come TSMC e Samsung con ogni probabilità ottengono qualche sconto. Nel 2021, Asml ha venduto 309 sistemi di litografia, e di essi 81 sono di litografia a immersione e 42 sono di litografia ultravioletta estrema. In quest’ultimo ambito, Asml ha letteralmente il monopolio: non c’è nessun altro in grado di produrre le stesse macchine.

Ora, poniamo che qualcuno ottenga tecnologia di Asml, per esempio attraverso lo spionaggio industriale: sarebbe in grado di riprodurla? La risposta è no. Questo è stato il tema del processo Asml vs. Xtal in California. Anch’esso nasce da un’acquisizione statunitense dell’azienda olandese: Brion, nel 2007. Brion sviluppa un software di simulazione degli effetti sul wafer di silicio dei procedimenti di litografia ultravioletta estrema, elemento essenziale per ottenere l’accuratezza richiesta da processi industriali continui.

Xtal, secondo la sentenza, ha rubato questi segreti industriali e ha avuto accesso al codice di Asml. Anche se c’è stato questo tentativo, non ha portato a effetti significativi: non solo chi ha la lontana ambizione di avvicinare i processi di Asml, come i cinesi di Smee, è consapevole di non poter arrivare se non nel giro di decenni a un livello simile, ma anche le aziende giapponesi che operano agli altri livelli di litografia hanno ormai abbandonato il ritmo di innovazione di Asml, perché ritengono di non poterla più afferrare.

Il vecchio incontro tra gli ingegneri-manager del laboratorio di Philips e Arthur Del Prado ha generato un’azienda che sembra inattaccabile, ma che negli ultimi anni deve vivere con una nuova consapevolezza politica, nell’approfondimento della guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina, di cui rappresenta una parte piuttosto rilevante, nelle ambiguità di una generale “corsa alla sicurezza nazionale”.

Il piano Made in China 2025 ha messo nero su bianco le ambizioni cinesi per una progressiva autonomia e autosufficienza in materia di semiconduttori, vista come una questione di sicurezza nazionale. Siccome la Cina è il primo acquirente al mondo di semiconduttori, Pechino vuole presidiare i principali segmenti di questa complessa filiera, per evitare di dipendere troppo dagli altri, e in particolare dagli Stati Uniti. La guerra è economica, perché riguarda la possibilità di sviluppare e commerciare prodotti finiti con ampi margini su larga scala, come gli smartphone, ed è strategica, perché coinvolge gli armamenti avanzati, in particolare con l’uso dell’intelligenza artificiale e le sue potenzialità.

Gli investimenti pubblici cinesi, accompagnati a una campagna globale di acquisizioni e per ottenere lecitamente e illecitamente proprietà intellettuale, generano la resistenza degli Stati Uniti, che sono preoccupati da due elementi. La crescita cinese nella filiera, in primo luogo, e in secondo luogo l’erosione della capacità manifatturiera avanzata interna, poiché alla presenza di aziende eccezionali in numerosi segmenti produttivi che rendono la Silicon Valley ancora vitale (tra cui, come abbiamo detto, Applied Materials, KLA, Lam Research, Synopsys, Cadence Systems) non corrisponde più la capacità di Intel di stare allo stesso livello di TSMC e Samsung: le grandi fabbriche alla frontiera tecnologica sono soprattutto a Taiwan e in Corea del Sud.

La crescita cinese nella filiera, oltre che da inefficienza interna e da casi di corruzione, viene limitata con controlli alle esportazioni sempre più ampi, soprattutto dal 2019 a oggi. Ciò significa, tecnicamente, che per motivazioni di “sicurezza nazionale e interessi di politica estera degli Stati Uniti”, ai clienti cinesi è negato l’accesso al software e alla strumentazione realizzati dalla manciata di importantissime aziende della Silicon Valley che abbiamo citato, nonché ai prodotti finiti che contengano componenti rilevanti sviluppati con tecnologia e proprietà intellettuale degli Stati Uniti.

Unico competitor

Ma la tagliola di Washington tocca, già da prima, anche i rapporti tra Asml e l’unica azienda cinese che potrebbe (forse) fare un qualche uso delle sue macchine: Smic, la principale società cinese per la produzione dei chip e uno dei “campioni” su cui il governo di Pechino punta per la sua scalata nelle filiere tecnologiche e per attrarre capitale umano di qualità, come gli ex manager di Tsmc e Samsung.

Pertanto, nel 2018 comincia una campagna dell’amministrazione Trump per recidere i rapporti tra Smic e Asml, dopo che l’azienda di Veldhoven chiede al governo olandese l’autorizzazione per esportare una macchina avanzata ai cinesi. Il National Security Council si mobilita affinché l’autorizzazione non venga mai concessa e il tema è toccato anche nei dialoghi tra il primo ministro Rutte e Trump. La questione diviene un nodo della relazione bilaterale tra Stati Uniti e Paesi Bassi. La famigerata autorizzazione, in effetti, non viene mai concessa.

Ciò non significa che Asml abbia reciso del tutto i rapporti commerciali con la Cina, che nel 2021 pesa per quasi il 15 per cento delle sue vendite globali, anche se per macchinari e strumenti che non sono i più avanzati. Ma nel momento in cui gli Stati Uniti, come detto chiaramente pochi mesi fa da Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale di Joe Biden, puntano non solo a contenere ma a far arretrare tecnologicamente Pechino, il confine delle richieste ad Asml si sposta sempre più in là. Fino a dove?

Da un lato, come abbiamo mostrato, il rapporto con gli Stati Uniti e le scelte politiche di Washington hanno accompagnato diversi passaggi della vita di Asml, che è anche in parte un’azienda della Silicon Valley per via delle sue acquisizioni. D’altra parte, non si coglie il punto di caduta delle richieste degli Stati Uniti: si tratta di recidere tutti o quasi tutti i propri rapporti commerciali della Cina, confortati dagli affari che potrebbero giungere dalle fabbriche del riequilibrio americano ed europeo della capacità produttiva rispetto all’Asia orientale?

Se si tratta realmente di questo, allora bisogna compiere un’analisi accurata della filiera, per assicurarsi che la fine dei rapporti con la Cina non colpisca qualche fornitore critico di Asml che non conosciamo, col rischio di generare rallentamenti o blocchi di produzione, con effetti a cascata che sarebbero devastanti.

Non ci si può limitare a dire decoupling: queste cose vanno considerate seriamente, con un’analisi che tenga insieme le ragioni politiche e i processi industriali. Altrimenti il mondo della tecnologia si blocca. Per questa crescita esponenziale dei rischi politici e per la struttura ciclica dell’industria dei chip, le previsioni economiche di Asml potrebbero essere troppo ottimistiche. Asml ha avuto un enorme successo, superiore alle aspettative anche per ragioni politiche ma derivato, come abbiamo ricordato, da una superiorità commerciale e manageriale. L’azienda vive ormai nel terreno accidentato del conflitto tra Stati Uniti e Cina. Sulla capacità innovativa, il suo primato è difficilmente scalfibile, anche nel medio periodo, visti gli enormi investimenti che può sostenere.

Eppure, non è escluso che gli Stati Uniti impegnino alcune risorse del Chips and Science Act, soprattutto sulla ricerca, per cercare di sviluppare alternative, nell’arduo tentativo di ridurre la loro stessa dipendenza dall’improbabile gigante di Veldhoven.


Il libro “Il dominio del XXI secolo” di Alessandro Aresu è stato pubblicato di recente da Feltrinelli

 

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