Il rapporto tra Stati Uniti e Cina continua a precipitare. La rivalità tra le due potenze è più recentemente esplosa nella sfera tecnologica con l’approvazione da parte del Congresso degli Stati Uniti del Chips Act e del Science Act in agosto, una mossa rafforzata da altre manovre dell’amministrazione Biden all’inizio di ottobre. Lo scopo di queste misure è di garantire agli Stati Uniti un accesso stabile ai semiconduttori avanzati nel futuro, e di negarlo ai cinesi, limitando le esportazioni verso la Cina di strumentazione e progetti necessari per sviluppare e produrre i microchip avanzati. 

I microchip sono diffusi nell’elettronica moderna, dai prodotti più innocui come frigoriferi e spazzolini elettrici ai meno innocui missili da crociera e aerei da combattimento. Con il progresso dell’elettronica e della tecnologia, anche i componenti dei semiconduttori al loro interno devono progredire e chi vuole essere in prima linea nel progresso tecnologico deve avere accesso ai semiconduttori avanzati.

Questo è il motivo per cui le manovre politiche degli Stati Uniti in agosto e in ottobre sono state rivoluzionarie. Non hanno riguardato appena simboliche e limitate tariffe commerciali. Potenzialmente potrebbero indebolire e bloccare lo sviluppo tecnologico della Cina per decenni, dal momento che la Cina dipende dalla tecnologia americana per i microchip di alta gamma.

Washington sembra essersi definitivamente spostata in una nuova èra in cui l’attenzione alla promozione dei legami commerciali che ha definito i decenni precedenti è stata fermamente sostituita da una strategia di contenimento in stile Guerra fredda.

Il terzo attore: Taiwan

Mentre si intensificano gli scontri Stati Uniti-Cina, Taiwan si trova schiacciata tra due giganti in conflitto. In effetti, nell’economia globale di oggi è impossibile parlare delle catene di approvvigionamento di semiconduttori senza parlare di Taiwan. Il paese produce la maggior parte dei semiconduttori nel mondo e la stragrande maggioranza dei chip avanzati.

L’azienda protagonista assoluta nel campo è la Taiwan semiconductor manufacturing company (Tsmc). L’azienda è un colosso nel settore dei semiconduttori non solo a Taiwan ma nel mondo. Occupa un impressionante 53,4 per cento del mercato globale nella produzione di semiconduttori e fornisce il 92 per cento dei chip avanzati utilizzati nell’elettronica moderna.

Il dominio sul mercato di Tsmc l’ha catapultata nelle classifiche delle aziende più redditizie del mondo, battendo Tencent lo scorso anno come azienda di maggior valore per capitalizzazione di mercato in Asia. Tsmc è un colosso tale che, insieme al resto dell’industria dei semiconduttori, costituisce circa il 15 per cento del Pil di Taiwan, e la società rappresenta circa un terzo del valore sul mercato azionario taiwanese.

Il ruolo indispensabile di Tsmc nella fornitura globale dell’elettronica moderna ha portato molto denaro a Taiwan. Per questo lo stato insulare è stato in grado di mantenere tassi di crescita anche durante il picco della pandemia, mentre altre nazioni combattevano per prevenire il collasso economico totale. Tuttavia, con il settore dei semiconduttori in mezzo alla battaglia geopolitica tra Stati Uniti e Cina e con la tensione sulle risorse dell’isola causata dalla produzione dei semiconduttori, il sogno dei semiconduttori di Taiwan potrebbe trasformarsi in un incubo.

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Montagna protettiva?

Finora, la narrazione intorno all’industria dei semiconduttori taiwanesi e di Tsmc è stata positiva. Il ruolo centrale di Tsmc nella fornitura globale di semiconduttori è stato descritto come ragione sufficiente per un intervento dell’amministrazione statunitense qualora la Cina tentasse di invadere Taiwan. Di conseguenza gli osservatori hanno parlato di Tsmc come di uno “scudo di silicio” per Taiwan, mentre molti taiwanesi parlano dell’azienda come della “montagna sacra” che protegge la nazione, come le vette della zona centrale di Taiwan che proteggono i centri urbani delle pianure occidentali dalle terribili devastazioni dei tifoni.

Ad ogni modo la nuova legge statunitense potrebbe un giorno portare a un’industria americana di semiconduttori capace di produrre microchip avanzati. Anche se ci vorranno decenni, ciò potrebbe garantire la catena di fornitura di semiconduttori degli Stati Uniti e rendere Washington meno dipendente da un’isola che un giorno potrebbe rimanere vittima dell’irredentismo cinese. Per la Tsmc e per Taiwan uno sviluppo del genere comporterebbe la perdita del ruolo attualmente essenziale che entrambe ricoprono nella filiera americana. Lo scudo di silicio potrebbe mostrare delle crepe. 

A seguito della crescente attenzione sui piani cinesi per Taiwan e Tsmc, in ottobre hanno iniziato a circolare voci secondo cui americani e taiwanesi stessero lavorando a un piano per evacuare gli ingegneri di Tsmc e smantellare le fabbriche di chip nel caso di invasione di Taiwan da parte della Cina. Tuttavia gli ufficiali taiwanesi hanno respinto queste voci. Ed è difficile immaginare che i taiwanesi possano distruggere uno dei beni più inestimabili in loro possesso, anche nel caso di un’invasione cinese.

Dunque, secondo il politologo Jieh-min Wu dell’Academia Sinica, le restrizioni sulle esportazioni dirette all’industria cinese dei semiconduttori a seguito della recente legislazione significano che Tsmc non è più una montagna protettiva. Al contrario, se la Cina dovesse trovarsi sempre più disperata nella sua missione di assicurarsi lo sviluppo tecnologico nel campo dei semiconduttori, a fronte delle restrizioni degli Stati Uniti, potrebbe guardare con crescente desiderio oltre lo Stretto di Taiwan. Secondo Jieh-min: «Nello scenario attuale la posizione di Tsmc fa sì che la Cina brami ancora di più Taiwan».

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Fabbisogno energetico

Sebbene gli sviluppi intorno ai semiconduttori degli ultimi mesi hanno spinto Taiwan più al centro della scena geopolitica dell’Asia orientale, sul fronte interno i costi di questo dominio si sono aggravati negli anni e l’impatto ambientale dell’industria potrebbe avere conseguenze decisive.

«Tsmc e l’industria dei semiconduttori hanno un posto speciale a Taiwan sia per chi è al governo sia per la gente comune», ha detto Tsai Chung-yueh, che lavora per Citizens of the Earth, dove si concentra sul settore dei semiconduttori. «Ciò di cui Tsmc ha bisogno, Tsmc ottiene». E Tsmc ha bisogno di molta energia. Davvero molta.

«Con l’attuale traiettoria di crescita dell’azienda, ci si aspetta un consumo di elettricità pari al 10 per cento della produzione di Taiwan entro il 2030», ha dichiarato Tsai. 

Sotto la pressione di clienti come Apple, Tsmc ha bisogno che la sua fornitura provenga da fonti rinnovabili. L’azienda si è impegnata a raggiungere zero emissioni nette entro il 2050, ma a Taiwan l’energia rinnovabile è difficile da trovare e le fonti verdi forniscono quest’anno solo l’8 per cento del mix energetico del paese. Di conseguenza Tsmc ha rappresentato una spinta per i governi nazionali e locali per accelerare i progetti di energia rinnovabile.

Pur riconoscendo gli sforzi di Tsmc per spingere Taiwan a ridurre più rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili, Tsai è preoccupato anche dal coinvolgimento dell’azienda: «Vediamo che Tsmc esercita molta pressione sui politici per accelerare il processo di approvazione dei progetti di energia rinnovabile e temo che questo ostacolerà il processo di due diligence necessario per accertarsi che i futuri impianti eolici e i parchi solari non abbiano effetti negativi sugli abitanti e l’ambiente nelle loro vicinanze».

Il fabbisogno energetico di Tsmc rischia quindi di spingere l’espansione energetica di Taiwan più velocemente di quanto le persone e l’ambiente possano reggere. 

Consumo idrico

Un elemento peggiorativo è che Tsmc necessita anche di enormi quantità di acqua. La produzione di semiconduttori è un processo ad alta intensità di acqua. Con l’aumento della domanda di microchip dal 2015 al 2019 il consumo d’acqua di Tsmc è cresciuto del 70 per cento, pari a oltre 156mila tonnellate d’acqua al giorno nei tre parchi industriali di Taiwan. Si tratta del quantitativo d’acqua sufficiente a riempire ogni giorno sessanta piscine olimpioniche.

Nel 2020 l’espansione pianificata delle attività di Tsmc nell’Hsinchu Science Park ha richiesto che l’azienda reclamasse l’85 per cento del consumo idrico del parco industriale, invece del precedente 40 per cento. A Kaohsiung, la terza città più grande di Taiwan, Tsmc ha ottenuto il via libera per iniziare la costruzione di uno stabilimento per la realizzazione di chip che si stima consumerà il 7 per cento dell’acqua della città. Anche se l’industria dei semiconduttori è migliorata nel riciclo e nel riutilizzo delle risorse idriche, gli sforzi non sono stati sufficienti per soddisfare la domanda. 

Il problema del consumo idrico è diventato particolarmente evidente l’anno scorso durante un periodo di siccità che ha colpito molto duramente la zona meridionale di Taiwan nello specifico. Diversi stabilimenti produttivi si trovano nella città meridionale di Tainan e, per mantenerli funzionanti, si è dovuto trasportare l’acqua da altre parti del paese. Un impianto di desalinizzazione per l’Hsinchu Science Park è stato completato l’anno scorso per garantire l’approvvigionamento idrico degli impianti di produzione di semiconduttori in caso di carenza di acqua. Tuttavia la desalinizzazione è di per sé un processo ad alta intensità energetica, in particolare se l’acqua è destinata alla produzione di microchip, dal momento che diversi stadi del processo richiedono acqua molto pura. 

La desalinizzazione potrebbe risultare inevitabile, tuttavia, poiché si prevede che a causa dei cambiamenti climatici Taiwan subirà periodi di maggiore siccità, secondo il National Science and Technology Center for Disaster Reduction. Secondo le previsioni, entro il 2050 le precipitazioni diminuiranno circa del dieci per cento durante la stagione secca dell’isola.

Secondo l’Agenzia delle risorse idriche di Taiwan il fabbisogno di acqua dell’industria dei semiconduttori, combinato con gli effetti del cambiamento climatico, sta spingendo l’area meridionale di Taiwan verso un deficit di acqua pari a circa 390mila tonnellate al giorno.

Questo deficit potrebbe avere importanti implicazioni economiche e di sicurezza e ciò appare più evidente nel settore agricolo del paese.

Scarsità di risorse

Leann Lai, impiegata presso Citizens of the Earth con una specializzazione nel settore agricolo di Taiwan, ha affermato che «l’agricoltura è sempre stata un settore in cui si è investito poco a Taiwan».

Lo stato del settore agricolo taiwanese, insieme alla politica alimentare, hanno portato il paese a importare dall’estero oltre il 70 per cento dei prodotti alimentari, che è il livello più alto di importazioni alimentari di qualsiasi paese della regione. L’assenza dell’autosufficienza di base significa che la Cina potrebbe non aver bisogno di invadere Taiwan per mettere in ginocchio il paese. Il semplice blocco dell’isola per un lungo periodo, che le negherebbe l’accesso alle importazioni, potrebbe rivelarsi sufficiente per trasformare la mancanza di investimenti di Taiwan nel settore agricolo in una diffusa crisi dovuta alla scarsità di alimenti.

Di conseguenza, sia in termini di energia che di utilizzo di acqua, l’industria dei semiconduttori sta spingendo Taiwan verso una scarsità di risorse, a meno che non vengano attuati cambiamenti profondi e rapidi al consumo di acqua e all’utilizzo dell’energia nel paese. Alcuni legislatori taiwanesi sembrano averne preso atto e hanno recentemente sottolineato la necessità di garantire riserve energetiche e adeguatezza dell’approvvigionamento. Tali cambiamenti sono tanto più necessari per garantire che Taiwan possa avere non solo le capacità militari, ma anche la resilienza di energie e risorse necessarie sia per scoraggiare che per resistere a un’invasione cinese.

Eppure, la chiara priorità di settori come l’industria dei semiconduttori nel perseguimento del profitto senza riguardo per le conseguenze economiche e di sicurezza a lungo termine sta danneggiando la resilienza del paese, e quindi la sua capacità di affrontare una Cina irredentista che potrebbe diventare sempre più spietata nel volersi assicurare il proprio futuro con i semiconduttori.

Le recenti restrizioni degli Stati Uniti all’accesso cinese ai semiconduttori di fascia alta, insieme ad anni di favoritismi sui semiconduttori a Taiwan, hanno lasciato esposta la nazione. Quello che era considerato uno scudo di silicio che stava raccogliendo enormi profitti sta probabilmente ora incentivando una mossa cinese su Taiwan, e il deficit energetico e idrico che crea ha lasciato l’isola meno resiliente davanti a un eventuale attacco. 


L’articolo è già apparso su Foreign policy. Traduzione a cura di Monica Fava.

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