«Parlando con la popolazione locale ti rendi conto che se capiti nelle mani del nemico è un incubo a occhi aperti» dice Alessandro Pasta ufficiale di campo a Pemba la capitale della regione di Cabo Delago nel Mozambico settentrionale. È uno dei membri della missione dell'Unhcr che offre sostegno e assistenza ai mozambicani sfollati da quando nell'ottobre del 2017 alcuni gruppi armati hanno cercato di impossessarsi di alcune aree del paese. In totale sono circa 700mila gli sfollati ma il numero tende a salire e secondo Pasta può fino a un milione entro la fine dell'estate. Il conflitto tra i gruppi armati e il governo non mostra segni di cedimento. Anzi, dallo scorso autunno si è intensificato, con i miliziani islamisti che hanno provato a impossessarsi di strutture e aree strategiche. Francesca Fontanini, capo delle relazioni esterne di Unhcr in Mozambico. Parla da Maputo, la capitale del paese, ma spesso va sul campo. Almeno una volta al mese si reca a Pemba per verificare le condizioni degli sfollati interni, qui ci sono alcuni degli oltre quaranta campi per sfollati costruiti dal governo. Ma sono insufficienti ad ospitare l'alto numero di persone che cercano rifugio. È diventato quasi normalità vedere gli sfollati dormire per terra. Chi è arrivato in questi campi da più tempo è riuscito a costruirsi delle abitazioni di fango, ma gli ultimi arrivati ​​non hanno neanche una tenda. Almeno una volta al mese si reca a Pemba per verificare le condizioni degli sfollati interni, qui ci sono alcuni degli oltre quaranta campi per sfollati costruiti dal governo. Ma sono insufficienti ad ospitare l'alto numero di persone che cercano rifugio. È diventato quasi normalità vedere gli sfollati dormire per terra. Chi è arrivato in questi campi da più tempo è riuscito a costruirsi delle abitazioni di fango, ma gli ultimi arrivati ​​non hanno neanche una tenda. Almeno una volta al mese si reca a Pemba per verificare le condizioni degli sfollati interni, qui ci sono alcuni degli oltre quaranta campi per sfollati costruiti dal governo. Ma sono insufficienti ad ospitare l'alto numero di persone che cercano rifugio. È diventato quasi normalità vedere gli sfollati dormire per terra. Chi è arrivato in questi campi da più tempo è riuscito a costruirsi delle abitazioni di fango, ma gli ultimi arrivati ​​non hanno neanche una tenda.

Ci sono città come Pemba che hanno raddoppiato la loro popolazione, accogliendo gli esodati del conflitto. Per decongestionare le zone urbane il governo ha deciso di costruire i campi in zone isolate. Lontani dagli ospedali e dai pozzi d'acqua. Taniche alla mano, i mozambicani camminano chilometri ogni giorno per prendere acqua potabile. La crisi umanitaria in corso ha raggiunto quasi l'apice. Si fa fatica anche a trovare i generi alimentari più basilari. Qui interviene il World Food Program ma non sempre i fondi stanziati dalla comunità internazionale bastano a colmare le necessità. «Tante madri vengono con i bebè e non hanno latte da dare, tritano delle erbe e le danno ai bambini. Sono delle erbe basiche che possono trovare e coltivare, ma non è l'alimentazione adeguata» spiega Fontanini. «Vengono in condizioni traumatiche, molti addirittura solo con i vestiti addosso. Non hanno niente con loro» continua il funzionario di Unhcr. «Ci ​​sono anche migliaia di casi di separazione e in questo lavoriamo con Save the Children per cercare di riunificare le famiglie». I servizi di assistenza sanitaria e di educazione sono quasi inesistenti. Ogni tanto il governo invia delle cliniche mobili fuori i campi sfollati ma non sono dotate di attrezzatura sufficiente e adeguata. Con la pandemia la situazione sanitaria è ancora di più allo stremo. Sono quasi 71mila i casi da Covid-19 registrati nel paese, alcuni funzionari delle Nazioni unite che anche sul territorio e che tra possono. «Ci ​​sono anche migliaia di casi di separazione e in questo lavoriamo con Save the Children per cercare di riunificare le famiglie». I servizi di assistenza sanitaria e di educazione sono quasi inesistenti. Ogni tanto il governo invia delle cliniche mobili fuori i campi sfollati ma non sono dotate di attrezzatura sufficiente e adeguata. Con la pandemia la situazione sanitaria è ancora di più allo stremo. Sono quasi 71mila i casi da Covid-19 registrati nel paese, alcuni funzionari delle Nazioni unite che anche sul territorio e che tra possono. «Ci ​​sono anche migliaia di casi di separazione e in questo lavoriamo con Save the Children per cercare di riunificare le famiglie». I servizi di assistenza sanitaria e di educazione sono quasi inesistenti. Ogni tanto il governo invia delle cliniche mobili fuori i campi sfollati ma non sono dotate di attrezzatura sufficiente e adeguata. Con la pandemia la situazione sanitaria è ancora di più allo stremo. Sono quasi 71mila i casi da Covid-19 registrati nel paese, alcuni funzionari delle Nazioni unite che anche sul territorio e che tra possono. Ogni tanto il governo invia delle cliniche mobili fuori i campi sfollati ma non sono dotate di attrezzatura sufficiente e adeguata. Con la pandemia la situazione sanitaria è ancora di più allo stremo. Sono quasi 71mila i casi da Covid-19 registrati nel paese, alcuni funzionari delle Nazioni unite che anche sul territorio e che tra possono. Ogni tanto il governo invia delle cliniche mobili fuori i campi sfollati ma non sono dotate di attrezzatura sufficiente e adeguata. Con la pandemia la situazione sanitaria è ancora di più allo stremo. Sono quasi 71mila i casi da Covid-19 registrati nel paese, alcuni funzionari delle Nazioni unite che anche sul territorio e che tra possono.

Il conflitto

Rapimenti, violazioni di diritti umani, violenze sessuali e uccisioni sono all'ordine del giorno. Sono oltre duemila le vittime da quando nell'ottobre del 2017 è scoppiato il conflitto . Alcune aree del paese sono totalmente fuori controllo. Ma è una “guerra” di cui non si sa molto. Ci sono poche informazioni a riguardo e pochi i giornalisti locali che riescono a ottenere dati di prima mano che attribuisce gli attacchi a un gruppo armato fondamentalistatti umani, violenze sessuali e uccisioni sono all’ordine del giorno. Sono oltre duemila le vittime da quando nell’ottobre del 2017 che si rifà allo stato islamico e vuole imporre la sharia nel paese. Ma non è una casualità se il conflitto si è intensificato nell'area di Cabo Delgado e in alcune aree dove ci sono le risorse più ricche del paese. Parallelamente allo scontro armato è nata una rete di contrabbando di traffico di eroina e di pietre preziose. Il gruppo armato si fa chiamare Al Shabaab, come l'organizzazione terroristica attiva in Somalia, ma non ci sono riscontri di una eventuale affiliazione. Le operazioni militari condotte dal governo hanno riconquistato alcuni territori finiti in mano del gruppo armato islamista. Sono venuti in soccorso anche contractors russi del gruppo Wagner dopo un accordo siglato con il governo. Sono gli stessi militari che combattono in Libia e in Siria.

Alcune aree sono estremamente militarizzate e le aziende straniere hanno lasciato il paese. «Le persone che vivono nei villaggi non sanno neanche cosa sta succedendo» spiega Pasta. «Vedono questi gruppi armati e non sanno cosa accade, per questo chiamano i militanti “i fantasmi” perché vengono e vanno all’improvviso». Il trauma è maggiore vista la cultura pacifica che vige in questi villaggi. Una cultura che si sta spezzando. «Il Mozambico è uno dei paesi più giovani al mondo, ha un’età media di 14 anni. Ci sono generazioni di ragazzi che hanno visto solo la violenza e crescono in un ambiente simile» denuncia il funzionario dell’Unhcr.

La crescita economica

Il Mozambico è un paese da mille contraddizioni. È complesso capire cosa sta accadendo. Secondo il Transparency index del 2020 si posiziona al 149esimo posto tra i paesi con il più alto tasso di percezione della corruzione, insieme alla Nigeria e al Camerun. Soltanto il 15 per cento della popolazione su 25 milioni di abitanti ha accesso all’energia elettrica. Eppure, il Mozambico ha una ricchezza potenziale enorme. Ha riserve minerarie ed energetiche che potrebbero renderlo tra i paesi più ricchi del continente Ebano e sono molte le multinazionali e aziende occidentali che hanno puntato i loro investimenti nel paese. A Mamba sono stati scoperti giacimenti di gas naturale di una portata enorme, in totale sarebbero oltre 2 miliardi i metri cubi di gas naturale che potrebbero essere estratti. Il Fondo monetario internazionale ha stimato una crescita del Pil di circa l’11,5 per cento per il 2024. Investimenti miliardari che potrebbero dare un grande slancio al paese. Ma c’è il peso del debito pubblico sulle spalle, che è raddoppiato negli ultimi 7 anni e si attesta a circa il 110 per cento del Pil nazionale.

I legami tra Italia e Mozambico sono tanti, risalgono al periodo della guerra civile che si è conclusa con il trattato di pace firmato nel 1992 tra il governo e il gruppo armato Renamo. Una copia di quel documento è attualmente custodito nella Chiesta di Sent’Egidio a Roma visto il ruolo da mediatore dell’Italia. I legami storici si dipanano fino ai giorni nostri e si trasformano in dollari. La Saipem, società italiana leader nel settore energetico e delle infrastrutture ha ottenuto nel 2019 una commessa da 6 miliardi per la costruzione di un impianto onshore di gas naturale. Una delle commesse più costose ottenute dal Mozambico ma che vista l’instabilità dovuta al conflitto è attualmente ancora in stand by per preservare il progetto finale. L’Eni ha scoperto importanti giacimenti di gas a Coral, Memba e Agulho, la maggior parte dei suoi investimenti sono garantiti da Sace, di proprietà di Cassa depositi e prestiti. Nel progetto Coral South (dal valore di 4,7 miliardi di euro), l’Eni e la ExxonMobil puntano a esportare circa 3,4 milioni di tonnellate di gas liquefatto all’anno. Le aziende italiane non sono le uniche, qui tra le più conosciute c’è la francese Total che nel 2019 ha rilevato gli asset dell’americana Anadarko sul territorio. Il suo potere è talmente potente da avere un aeroporto privato vicino ai suoi stabilimenti. Con il conflitto civile l’azienda ha quasi ritirato tutto il personale, ma è attiva nel progetto Mozambique Lngvalutato 20 miliardi di dollari. Un progetto che ha portato a oltre 500 famiglie a lasciare le loro abitazioni e il loro territorio. Insomma, ennesimi progetti miliardari che non sono stati di ridistribuire la ricchezza nel territorio e che anzi hanno attratto un conflitto armato civile senza precedenti.

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