Mentre Draghi, Macron e Scholz erano in viaggio verso Kiev per incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, da Bruxelles il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg annunciava un «lungo viaggio» che gli alleati intraprenderanno nelle prossime settimane e che porterà a cambiamenti radicali per l’Alleanza atlantica.

«A Madrid ci attende un summit che trasformerà la Nato», ha detto ieri in pompa magna Stoltenberg. In Spagna verranno prese «importanti decisioni sulle questioni di difesa e deterrenza», e assicura che l’organizzazione verrà modernizzata. Si parte dalla prevista approvazione dello Strategic compass, il piano d’azione per rafforzare la politica di difesa e sicurezza europea di qui al 2030, che porterà ad affrontare anche la questione relativa all’aumento delle spese per la difesa.

Il segretario è anche intervenuto sulle dichiarazioni di papa Bergoglio di pochi giorni fa, negando ogni provocazione da parte della Nato che avrebbe spinto o «non impedito» l’invasione russa dell’Ucraina.

Nessuna novità per quanto riguarda l’allargamento a Svezia e Finlandia. In maniera molto vaga Stoltenberg ha detto che a Madrid ci saranno «contatti con i partner asiatici» e con i due paesi scandinavi. Meno ambiguo è stato invece, ancora una volta, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ieri ha ribadito in un colloquio avuto con il leader della Nato le sue posizioni contrarie all’adesione di Svezia e Finlandia.

L’invio di armi

«Lavoriamo notte e giorno per poter consegnare gli aiuti bellici all’Ucraina il più velocemente possibile ed è una sfida logistica: ci sono colli di bottiglia oltre a questioni di addestramento del personale all’uso di questi armamenti», ha detto il segretario Stoltenberg. Saranno aiuti «senza precedenti» ha specificato. Segno che la guerra, come dicono da diversi giorni analisti ed esperti di intelligence, può raggiungere a breve un punto di svolta decisivo.

Da Washington, Joe Biden ha già annunciato l’invio di un nuovo pacchetto di armi, che conterrà anche sistemi di artiglieria, per un valore complessivo di un miliardo di dollari. Immediata la risposta della Russia: il portavoce del Cremlino Dimitry Peskov ha detto che consegnare altre armi a Kiev è «assolutamente inutile e causerebbe ulteriori danni al paese». Di diverso avviso il ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov che alla Cnn ha detto: con le nuove armi «libereremo tutti i nostri territori, tutti, compresa la Crimea».

Donbass

Nella regione dell’Ucraina orientale si continua a combattere senza sosta, soprattutto nella regione di Luhansk dove la città di Severodonetsk rimane l’ultimo avamposto di difesa territoriale per i soldati ucraini. Ieri, le milizie separatiste filorusse hanno detto che sono riusciti a entrare nel perimetro dell’Azot, l’impianto chimico industriale dove si stima ci siano almeno cinquecento civili oltre a un non precisato numero di militari ucraini. Nel caso in cui le forze di Mosca riescano a prendere Severodonetsk otterrebbero il controllo della regione di Luhansk.

David Arakhamia, uno dei negoziatori ucraini protagonista delle trattative di pace delle scorse settimane, ha detto che nel Donbass muoiono ogni giorno tra i duecento e i cinquecento soldati di Kiev, mentre sono centinaia i feriti. Numeri altissimi e che già nel medio-lungo periodo possono fare la differenza sul campo di battaglia.

Ma la pace è ancora lontana. «I negoziati si sono conclusi il 15 aprile quando abbiamo consegnato alla parte ucraina una bozza di trattato concordata dai gruppi negoziali. Era d’accordo al 75 per cento», ha detto negoziatore capo della Russia, Vladimir Medinsky, a margine del Forum economico internazionale di San Pietroburgo. Nel frattempo il bilancio delle morti civili è salito a 4.452 ed è un numero al ribasso.

 

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