Dopo nove ore di riunione in camera di consiglio, la giuria di 12 membri chiamati a esprimersi dopo tre settimane di processo, ha finalmente raggiunto il verdetto finale: Dereck Chauvin è colpevole per l'omicidio di George Floyd. L’agente è stato condannato per tutti e tre i capi di accusa (omicidio colposo di secondo grado, omicidio di secondo grado e omicidio di terzo grado). Fuori dal tribunale di Minneapolis, dove si è svolto il processo, una folla di manifestanti, in attesa da ore, ha esultato. 

«Una giustizia dolorosamente guadagnata è arrivata per la famiglia di George Floyd e la comunità qui a Minneapolis, ma il verdetto di oggi va ben oltre questa città e ha implicazioni significative per il paese e persino per il mondo. Giustizia per l'America nera è giustizia per tutta l'America. Questo caso è un punto di svolta nella storia americana per la responsabilità delle forze dell'ordine e manda un chiaro messaggio che speriamo sia sentito chiaramente in ogni città e in ogni stato», ha dichiarato l'avvocato della famiglia Floyd, Ben Crump. 

La telefonata del presidente

Ieri, quando la giuria si è ritirata in camera di consiglio per decidere il verdetto, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha telefonato alla famiglia di George Floyd. Ha fatto sapere loro di essergli vicino e che stava «pregando affinché il verdetto» nel porcesso contro l'ex agente Derek Chauvin «fosse un verdetto giusto». Ha poi definito le prove contro Chauvin «schiaccianti».

Il fratello minore di George, Philonise Floyd, ha confermato all’emittente locale Nbc quanto il presidente americano ha detto al telefono, aggiungendo anche che Biden ha detto, quasi in confidenza che «sa cosa significa perdere un membro della famiglia, e conosce quello che stiamo attraversando», ha raccontato. Le preghiere del presidente e quelle di mezzo mondo si sono finalmente esaudite.

L’omicidio e il processo

George Floyd è stato ucciso il 25 maggio 2020 dopo essere stato fermato da una pattuglia degli agenti di polizia per un controllo. Durante il fermo, viene ammanettato, sdraiato a terra a faccia in giù, e immobilizzato dall’agente Derek Chauvin con un ginocchio sul collo per 8 minuti e 46 secondi. Floyd chiedeva di essere lasciato, diceva di non riuscire a respirare, poi, quando ha capito di essere arrivato alla fine ha chiesto: «dite ai miei figli che li amo». Insieme a Chauvin ci sono anche Tou Thao, Thomas Lane e J. Alexander Kueng. All’arrivo dei paramedici, Floyd viene portato all’Hennepin County Medical Center, dove viene dichiarato morto.

Nei giorni successivi, il video della morte di Floyd fa il giro del mondo. Si scatenato proteste organizzate dalle comunità afroamericane per chiedere giustizia. Cresce esponenzialmente il movimento Black lives matter e le poche frase dette da Floyd prima di morire diventano lo slogan della lotta. 

Il 29 maggio, Derek Chauvin viene arrestato con l’accusa di omicidio di terzo grado. Appena due giorni dopo arriva l’esito dell’autopsia della Contea, che decreta che Floyd non è morto per asfissia traumatica da strangolamento, ma a causa di condizioni pregresse e assunzione di droghe. Sarà l’autopsia richiesta dalla famiglia a smentire tutto e ad affermare l’esatto contrario.

A luglio, la famiglia della vittima chiama in giudizio i quattro agenti. Per una prima sentenza storica ci vorrà il 12 marzo, quando la famiglia Floyd riceve 27 milioni di dollari di cauzione dalla città di Minneapolis. Un’accordo che anticipa l’inizio del processo a carico di Chauvin.

Il processo a Minneapolis contro Derek Chauvin inizia il 29 marzo. I capi d’accusa sono tre. La prima arringa si apre proprio con il video dell’omicidio, che dura ben oltre gli otto minuti bastati a uccidere Floyd. La difesa è costruita invece solo sull’esito della prima autopsia. Si va avanti per tre settimane, vengono ascoltati in tutto 45 testimoni, alcuni dei quali mai ascoltati prima. 

Il pubblico ministero, Steve Schleicher, ha definito molti punti della difesa «senza senso» e ha dichiarato che Chauvin ha tradito il suo giuramento da ufficiale di polizia. Eric J. Nelson, il legale del poliziotto, ha chiesto invece ai giurati di prendere in considerazione tutte le prove e ha criticato lo Stato per aver respinto altri possibili fattori che possono aver contribuito alla morte di Floyd, inclusi i problemi cardiaci e l'uso di droghe.

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