Imran Khan, presidente del Movimento per la giustizia del Pakistan (Pti) ed ex primo ministro, è stato ferito con colpi di arma da fuoco sparati a Wazirabad, nella provincia del Punjab. Un sospetto aggressore sarebbe stato ucciso mentre un altro fermato. Khan, costretto a lasciare il governo ad aprile dopo una mozione di sfiducia, era alla guida di una marcia di protesta partita il 28 ottobre da Lahore e diretta a Islamabad per chiedere nuovamente la convocazione di elezioni anticipate.

Il responsabile della comunicazione del Pti, in un tweet, ha accusato il ministro degli Interni pakistano, Rana Sanaullah, di aver «ripetutamente minacciato di uccidere» Imran Khan. «Oggi un codardo ha commesso un attacco omicida», prosegue il messaggio. Le condizioni di Khan sono stabili e sarebbe fuori pericolo.

Sullo stesso profilo Twitter è stato poi pubblicato un fotogramma in cui l’uomo armato viene placcato alle spalle da un manifestante. Secondo le prime ricostruzioni sarebbe stato quest’ultimo, “il ragazzo con la maglia Fila”, a salvare la vita all’ex presidente. 

Circola anche un video che mostra l’attimo in cui l’aggressore (in alto a destra) viene bloccato, ma riesce comunque a esplodere almeno due colpi. Nei pochi secondi di filmato lo si vede poi fuggire sgomitando tra la folla. 

Le accuse del governo

Il ministro degli Interni, Rana Sanuallah, accusato dall’entourage di Imran Khan di essere il vero ispiratore dell’attentato, in questi giorni si era espresso con fermezza contro il grande convoglio di opposizione in marcia verso la capitale. «La nazione dovrebbe capire che quest’uomo vuole diffondere violenza e caos».

Uomini e armi alle porte di Islamabad per innescare scontri con le forze dell’ordine e attribuirne le colpe all’esecutivo in carica. La lunga marcia di Khan sarebbe, secondo il ministro, solo la copertura di un preciso progetto di destabilizzazione politica. Insinuazioni che trovano conferma, secondo Sanuallah, in un audio contenente la discussione tra uno stretto collaboratore di Khan e un’altra persona, non identificata, in cui i due parlano del piano sovversivo. Ma né il nastro né le affermazioni di Sanuallah sono state, finora, sottoposte a verifiche indipendenti.

La cacciata di Khan

Nessuna risposta alle accuse è arrivata da Imran Khan, primo ministro dall’agosto del 2018 all’aprile del 2022, che ha più volte richiamato la natura non violenta della manifestazione, mirata unicamente a spingere il premier Shahbaz Sharif alla convocazione di elezioni anticipate. Khan e i suoi sostenitori considerano illegale la “cacciata” di aprile, sostenendo che il voto di sfiducia del parlamento sia parte di una congiura di palazzo, ordita dall’opposizione – ora al potere – e orchestrata dagli Stati Uniti. 

Il 21 ottobre scorso la Commissione elettorale pakistana ha, inoltre, deciso all’unanimità di estromettere l’ex primo ministro, giudicato colpevole di corruzione, da qualsiasi carica pubblica per i prossimi cinque anni. Impedendogli così anche di candidarsi a future elezioni. Verdetto respinto dal Pti, che ha risposto promettendo un ricorso all’Alta corte e invitando i cittadini a scendere in piazza.

La lunga marcia

E così oltre 10mila pakistani hanno risposto all’appello del loro leader che, dopo una carriera da star del cricket (sport nazionale), gode ancora di enorme popolarità tra le masse popolari. Il convoglio è partito venerdì dalla città orientale di Lahore, principale centro culturale del Pakistan, con l’obiettivo di percorrere 300 chilometri di strada fino a Islamabad, continuando a coagulare dissenso attraverso frequenti tappe intermedie e comizi nelle aree urbane.

Alla vigilia della manifestazione il potente esercito pakistano, che ha governato il paese per oltre 35 anni, aveva fatto sapere che, fermo restando il “diritto democratico” di manifestare, a nessuno sarebbe stato concesso di destabilizzare il paese. 

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