Precari abbandonati che hanno lasciato, loro malgrado, decine di progetti in sospeso da oltre due settimane. Circa 500 operatori del mondo della cultura sono infatti rimasti senza incarico dal primo gennaio per il mancato rinnovo deciso dal governo, in particolare del ministero della Cultura guidato da Gennaro Sangiuliano.

Le soprintendenze italiane, dove i lavoratori erano impiegati, hanno così perso risorse umane, anche in relazione a progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si tratta di profili, che svariano dagli archeologi agli storici dell’arte, ma ci sono professionisti con esperienze diverse, come architetti, assistenti tecnici contabili, assistenti tecnici di cantiere, che svolgono varie mansioni in tutto il paese, dopo il via libera al decreto agosto del 2020, varata dal governo Conte bis.

In base alle specifiche competenze si sono occupati di esaminare le pratiche sui sopralluoghi, sui vincoli culturali posti e sulle istruttorie da portare avanti. Ogni accordo ha un tetto massimo di 40mila euro all’anno. Tra gli interventi da seguire, peraltro, alcuni rientrano nel Pnrr.

Milleproroghe non per i precari

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Solo che dall'inizio del 2023 qualcosa si è inceppato. Il prolungamento della loro collaborazione, da sempre portata avanti con partita Iva, era data per scontata, ma non è stata disposta nel decreto Milleproroghe approvato dal governo a fine dicembre.

L’aspetto più singolare è che, nelle prime bozze del provvedimento, l’articolo di legge che veniva incontro alle esigenze dei precari delle Soprintendenze era presente, indicando una dotazione di 21 milioni di euro. Il passaggio è sparito nella versione definitiva.

Una beffa che ha scatenato la protesta dei diretti interessati che hanno iniziato l’anno nel peggiore dei modi. La mobilitazione ha portato alla stesura di una lettera, inviata ai rappresentanti istituzionali, tra cui i presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, oltre ovviamente al ministro Sangiuliano, titolare del dossier.

Per conoscenza sono stati informati, inoltre, tutti i capigruppo di Montecitorio e Palazzo Madama. Secondo quanto si apprende c’è chi, in via informale, si è interessato alla vicenda. Tuttavia, solo la deputata dall’alleanza verdi-sinistra, Elisabetta Piccolotti, ha portato il problema in parlamento, presentando un’interrogazione rivolta a Sangiuliano.

La risposta della sottosegretaria Lucia Borgonzoni è stata quella di farsi carico della vicenda per risolverla in tempi brevi. Ma, se tutto andasse liscio, passerà ancora qualche settimana. «Al ministero della Cultura va in scena una commedia dell’indifferenza. Si straparla di tutto, come dimostra il caso Dante, tranne che delle condizioni di lavoro di chi la cultura la produce, la tutela o la rende fruibile», dice Piccolotti.

Stabilità lontana

Certo, «la soluzione del rinnovo a tempo non è la migliore possibile, perché alimenta la precarietà dominante nel comparto della cultura», fanno sapere i professionisti coinvolti. Ma almeno si chiede di tener conto del lavoro svolto e delle opere da portare a termine, oltre che della voragine che si apre così negli organici.

Il ministero si pone l’obiettivo di puntare a una maggiore stabilità. Solo che le misure intraprese non sono sufficienti. Prima di tutto perché il concorso pubblico per l’assunzione di funzionari è stato bandito per 20 archeologi, 35 storici dell’arte e 32 architetti. Sono in totale 87 caselle, meno di un quinto di quelle rimaste attualmente vuote. C’è, poi, una questione che attiene alla tempistica: l’espletamento delle procedure di concorso non sono notoriamente immediate.

La soluzione può essere trovata subito al Senato che dovrà esaminare e approvare il Milleproroghe. Giovedì 18 gennaio è prevista la scadenza del termine per la presentazione degli emendamenti. La correzione può avvenire riprendendo l’articolo inizialmente previsto e l’alleanza sinistra verdi, guidata a palazzo Madama da Giuseppe De Cristoforo, ha già garantito di farsene carico predisponendo una proposta emendativa.

Serve la volontà politica degli altri gruppi e la disponibilità economica da parte del governo, che ha teso la mano. Serve ora l’atto pratico.

Pnrr a rischio

I 500 precari attendono qualche novità, avendo già dimostrato la loro validità nel corso della collaborazione. Già in un primo momento hanno dovuto superare una selezione molto rigida. Tra i requisiti c’era l’iscrizione ai rispettivi albi professionali e l’esperienza di almeno 15 anni, di cui almeno tre maturati in affiancamento alla pubblica amministrazione.

In alternativa, i professionisti in possesso di una specializzazione o di un dottorato di ricerca doveva aver maturato comunque un’anzianità nel settore di un minimo di dieci anni. «È pazzesco quello che sta accadendo perché proprio al ministero della Cultura c’è una drammatica carenza di personale. Il caso dei professionisti che operano nelle sovrintendenze è una cartina al tornasole», insiste Piccolotti.

Tanto che l’eventuale soluzione prospettata arriverebbe comunque dopo una sospensione che avrà ripercussioni sul Pnrr.

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