Altre sei vittime civili tra Kharkiv e Kherson, mentre Trump critica l’operazione dell’intelligence di Kiev che ha portato alla distruzione di decine di aerei strategici russi. Intanto tra Mosca e Kiev volano accuse sullo scambio dei prigionieri
I russi continuano a bombardare e a fare strage di civili ucraini. Nelle prime ore di sabato è toccato alla città di Kharkiv essere bombardata pesantemente. Droni, bombe, missili balistici hanno sventrato palazzi e abitazioni private, uccidendo almeno tre civili e causando una ventina di feriti, tra cui alcuni bambini. «L’attacco più potente dall’inizio della guerra su vasta scala» ha dichiarato il sindaco Igor Terekhov. Nel pomeriggio di ieri altri raid sulla città, un’altra vittima, altri feriti. Mentre a Kherson i morti sono stati due.
Prosegue quindi la ritorsione del Cremlino, dopo l’operazione dell’intelligence di Kiev che ha distrutto decine di aerei russi. Nelle ultime ore è stato Donald Trump, che indiscrezioni avevano dipinto come ammirato dalla mossa di Kiev, a criticare apertamente l’attacco con i droni ucraini: «Hanno dato a Putin una ragione per bombardarli a tappeto. Quella è la cosa che non mi è piaciuta. Quando l’ho visto ho pensato: ora ci sarà la rappresaglia».
In realtà, più che di una straordinaria vendetta si è trattata dell’ennesima azione criminale. Mosca fin dall’inizio ha condotto questa guerra così. I bombardamenti russi sui civili, infatti, hanno caratterizzato il conflitto ben prima dell’operazione “spiderwerb”. Non c’è niente di nuovo, quindi, se non il conteggio dei morti.
Le risposte di Zelensky
Dell’attacco ucraino alle basi aeree russe, rivendicata con orgoglio da parte di Kiev, è tornato a parlare anche il presidente Volodymyr Zelensky. In un’intervista ad Abc News, ha infatti ribadito come nell’operazione siano state utilizzate solo armi ucraine e nessun equipaggiamento degli alleati. Una sottolineatura non casuale. È una risposta a Mosca, che fin da subito ha accusato gli apparati militari di Stati Uniti e Regno Unito di aver fornito supporto agli ucraini. L’ultimo esponente russo a puntare il dito contro l’Occidente è stato l’ambasciatore russo a Londra, Andrei Kelin.
Zelensky si è rivolto anche a Donald Trump. Il presidente Usa un paio di giorni fa – paradossalmente in pieno scontro con Elon Musk – ha paragonato la guerra russo-ucraina a un litigio tra bambini. «Non siamo bambini al parco giochi. Putin è un assassino venuto in questo parco per uccidere i bambini», ha rimarcato duramente il presidente ucraino. Le esternazioni dell’inquilino della Casa Bianca erano state rigettate anche da Mosca, che aveva parlato di una «questione esistenziale» per il paese.
Il nodo dei prigionieri
Oltre ai bombardamenti, e all’abbattimento di un Su-35 russo da parte degli ucraini, sabato a tenere banco è stato soprattutto il tema della liberazione dei prigionieri. Negli ultimi colloqui a Istanbul, Mosca e Kiev avevano concordato un ulteriore scambio, sia di soldati feriti e malati sia di migliaia di corpi dei caduti al fronte. Il Cremlino, però, ha lanciato accuse pesanti. Secondo il capo negoziatore russo Vladimir Medinsky, gli ucraini non si sarebbero presentati al punto indicato per lo scambio, nonostante i russi fossero già pronti, al confine nella regione di Bryansk, con i camion pieni di prigionieri e i container refrigerati con all’interno migliaia di salme.
Tutte «menzogne», ancora una volta Mosca «gioca sporco» tra «manipolazioni e tentativi di strumentalizzare» le questioni umanitarie, hanno affermato da Kiev. Gli ucraini, infatti, avrebbero presentato delle liste per lo scambio secondo canoni decisi in Turchia, includendo prigionieri feriti gravi o malati gravi, e giovani soldati. Mentre l’elenco consegnato dai russi non corrisponderebbe a tali criteri. Sul ritorno in patria delle salme, invece, la parte ucraina ha semplicemente dichiarato che non si fosse raggiunta un’intesa sulla data dello scambio. E quindi le azioni unilaterali della Russia non potevano essere rispettate da Kiev. Un botta e risposta che quantomeno ritarderà il ritorno a casa di centinaia e centinaia di militari.
Pace e nucleare
I già deludenti risultati dei colloqui di Istanbul sono sempre più fragili. La risposta data ieri da Trump, «spero di no», alla domanda di alcuni giornalisti, «il conflitto in Ucraina rischia di diventare nucleare?», non è rassicurante. Ad aggiungere veleni, ci ha poi pensato Viktor Orbàn che continua la sua battaglia personale contro l’Unione europea. «Bruxelles sta guidando l’Europa verso un decennio di conflitto, presentando l’Ucraina come uno scudo a difesa del continente. Ma noi preferiamo seguire una strada diversa: invece di incoraggiare l’escalation, chiediamo un cessate il fuoco, la pace e la sicurezza attraverso il negoziato», ha dichiarato il premier ungherese. Prima di concludere: «Non si spegne un incendio aggiungendo benzina sul fuoco». Oggi, però, in fiamme, sono ancora i condomini ucraini.
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