Con tono pacato, quasi monotono ma fermo, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha lanciato ieri, dal palcoscenico internazionale di Davos, la sfida al presidente russo, Vladimir Putin, sulla crisi ucraina a nome dell’Unione europea. «Il silenzio con Mosca sull’Ucraina non è un’opzione», ha detto il cancelliere socialdemocratico, intervenendo nella terza giornata del vertice di Davos che si tiene da remoto per il Covid.

L’uscita pubblica di Scholz nel summit svizzero era molto attesa dagli ambienti diplomatici perché era la prima volta per il neo cancelliere tedesco al World Economic Forum che è stato, per 16 anni, la tribuna privilegiata di Angela Merkel. E come faceva Merkel, anche Scholz ha approfittato della tribuna virtuale di Davos per lanciare un duro monito a Mosca a non superare la linea rossa dell’integrità territoriale di Kiev se non vuole subire (ma questo non è stato detto apertamente) dure conseguenze sull’apertura del gasdotto Nord Stream 2.

Determinazione

«Le frontiere dell'Ucraina non devono essere cambiate con la forza», ha detto Scholz osservando che «i russi sono consapevoli della nostra determinazione» a preservare l'integrità territoriale dell'Ucraina.

Poi ha aggiunto: «Adesso è troppo presto per sapere se la situazione arriverà a una de-escalation, ma non possiamo tacere. E per questo dialoghiamo con Mosca, in diversi formati». Naturalmente il cancelliere ha affermato di sperare che la Russia sia favorevole a una soluzione politica.

Contro la crisi climatica

Essendo la prima a Davos nelle vesti di cancelliere, Scholz non si è sottratto dall’affrontare tutti i principali dossier sul tappeto. A cominciare dai vaccini: «Senza una vera campagna di immunizzazione globale non basteranno le lettere dell'alfabeto greco per nominare le nuove varianti del virus».

Poi è passato all’ambiente: «La Germania vuole giocare un ruolo di primo piano nella svolta» sulla protezione del clima. «Abbiamo spiegato le vele e vogliamo un inizio pieno di progressi. Entro il 2030, l'80 per cento della nostra energia in Germania proverrà da fonti rinnovabili», ha aggiunto Scholz che nella sua maggioranza ha il partito verde oltre ai liberali.

Berlino vuole interpretare un ruolo di primo piano nella lotta al clima e per questo rincorre un obiettivo di neutralità carbonica al 2045, cinque anni prima del target Ue. In questa prospettiva vuole utilizzare il periodo di presidenza del G7 per trasformare quel gruppo nel nucleo di un club internazionale per la transizione climatica.

Cambiare il paradigma

Klaus Schwab, presidente esecutivo del Wef, che moderava l’incontro, ha commentato: «È un obiettivo ambizioso ma necessario».

«Ciò che vogliamo ottenere – ha precisato Scholz – è un cambio di paradigma nella politica climatica internazionale. Non aspetteremo il più lento e il meno ambizioso ma daremo l'esempio trasformando il fattore di costo in un vantaggio competitivo, definendo standard minimi comuni e in un piano ambizioso e cooperativo».

L'obiettivo, ha aggiunto, è quello di «impegnare i membri del club a raggiungere l'obiettivo di contenere il surriscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi (come ha ribadito sempre al Wef in un’altra sessione successiva Fatih Birol, direttore dell’Aie, l’agenzia internazionale dell’Energia per mantenere la condizioni attuali del pianeta, ndr) e di arrivare alla neutralità climatica entro il 2050 al più tardi».

Scholz ha sottolineato che entro il 2030, l'80 per cento dell'energia in Germania verrà da fonti rinnovabili, il doppio rispetto ad ora. Come fare? Scholz punta sull’idrogeno. «Tutto ciò richiede forti investimenti nelle infrastrutture, dalle reti elettriche ai gasdotti all'idrogeno - ha detto - accelereremo la pianificazione e stimoleremo gli investimenti privati nelle tecnologie future e nella digitalizzazione».

La fiducia macroeconomica

Infine in risposta a una domanda di Klaus Schwab su come definirebbe la parola fiducia in termini economici, Scholz ha ricordato che la parola fiducia si declina mantenendo la “macro-stabilità” nel futuro e declinandola con la crescita e la digitalizzazione.

La domanda voleva ricordare che nella maggioranza di Berlino ci sono i liberali che non vogliono sentir parlare di altra flessibilità nel patto di stabilità.

Il 20 dicembre Olaf Scholz è stato a Roma per incontrare Mario Draghi e sul tema del patto di stabilità il premier italiano ha detto in tono scherzoso:«Non sono molto competente, quindi lascio la parola al cancelliere», nel rispondere a una domanda dei giornalisti. «Voglio contraddirlo, è molto competente», ha replicato Scholz che subito dopo ha posto l’accento sul fatto che «le regole attuali hanno già la loro flessibilità».

È una linea su cui «sono concordi anche i tre partiti del governo tedesco». Alla sua prima uscita Scholz è stato prudente come Merkel che alle richieste del governatore della Bce, Mario Draghi, sulla necessità di politiche monetarie poco ortodosse come il quantitative easing ricordava: «Mario dobbiamo muoverci millimetricamente». E anche Scholz sembra aver imparato la lezione di Merkel per non spaventare i liberali di Christian Lindner.

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