Il valico di Rafah, aperto e subito chiuso, dopo il passaggio dei primi 30 camion di aiuti umanitari con cibo, acqua e medicinali ma senza carburante necessario per far funzionare i generatori degli ospedali, una goccia nel mare secondo l’Onu rispetto ai bisogni della popolazione stremata e dove secondo l’Unicef sono stati uccisi 1.600 bambini, non cambia le prospettive di invasione imminente via terra della Striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano. Il rumore dei tamburi di guerra resta alto. Il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, è intervenuto per chiedere l’immediata riapertura del valico dopo che due ostaggi americani di Chicago sono stati rilasciati da Hamas per motivi umanitari.  

Di certo c’è che non sarà il summit per la pace organizzato dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi al Cairo a imporre una tregua tra le parti dopo due settimane di scontri mentre a Londra si svolgeva una manifestazione di 100mila in favore della Palestina. Al vertice hanno partecipato capi di Stato e di governo e rappresentanti di organizzazioni internazionali, ma a limitare le aspettative, c’è la presenza “ridotta” degli Stati Uniti che sono stati rappresentati dall'incaricato d'affari dell'ambasciata.

Al Sisi ha chiesto una tregua nella Striscia, un tempo territorio egiziano, e ha rifiutato di accogliere i profughi palestinesi per evitare tensioni interne come è poi avvenuto in Libano e in Giordania. «Serve – ha detto il presidente egiziano - il ritorno al tavolo di negoziazione per un cessate il fuoco e l'applicazione della soluzione di due Stati che convivono, nel rispetto del diritto internazionale». 

L’intervento di Meloni

«L’impressione che ho, per le modalità con cui si è svolto l'attacco, è che l'obiettivo di Hamas fosse costringere Israele a una reazione contro Gaza che creasse un solco incolmabile fra Paesi arabi, Israele e occidente, compromettendo la pace per tutti i cittadini coinvolti, compresi quelli che si dice di voler difendere», ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni al summit per la pace al Cairo.

«La mia idea è che, per le modalità con cui Hamas ha attaccato Israele, è che la causa palestinese non c'entri nulla. Quello che si sta perseguendo è una jihad islamica. Il bersaglio - ha aggiunto - siamo tutti noi, e cadere in questa trappola sarebbe molto, molto stupido». Una posizione in linea con quanto affermato ieri dal presidente americano Joe Biden e i suoi collaboratori che secondo fonti del New York Times avrebbero consigliato a Israele di evitare di allargare la guerra con l’attacco di Hezbollah, formazioni sostenute militarmente e finanziariamente dall’Iran in Libano, perché amplierebbe il conflitto.

Per Meloni «il terribile attacco di Hamas si è abbattuto contro civili inermi con una efferatezza senza precedenti che lascia allibiti e che dal nostro punto di vista è giusto condannare senza ambiguità». «È interesse di tutti leader a questo tavolo - ha proseguito - che quello che sta accadendo a Gaza non si trasformi in conflitto più ampio, in una guerra di religione, di civiltà, rendendo vani gli sforzi di questi anni per normalizzare i rapporti», riferendosi agli accordi di Abramo siglati con Israele e alcuni paesi arabi fra cui Emirati Arabi Uniti, Barhein e Marocco a cui doveva unirsi anche l’Arabia Saudita, ipotesi per ora congelata con soddisfazione dell’Iran sciita. «Siamo molto preoccupati per la sorte degli ostaggi, ci sono anche degli italiani, chiediamo l'immediato rilascio degli ostaggi», ha proseguito Meloni. E Hamas ha fatto sapere che ci sono contatti in corso per la liberazione degli ostaggi civili con la mediazione del Qatar.

Il viaggio a Tel Aviv

Un bilaterale fra la premier Meloni e il presidente palestinese Abu Mazen si è tenuto a margine del summit sulla pace al Cairo. Nel corso del colloquio, è stato confermato il sostegno dell'Italia alla legittima Autorità rappresentativa del popolo palestinese il quale certamente non si identifica con Hamas. Ribadito inoltre il sostegno alla prospettiva dei due Stati. L‘ANP è molto contestata dagli stessi palestinesi che non vanno al voto da 18 anni. Al termine, la premier, che aveva avuto prima di partire da Roma un lungo colloquio telefonico con il premier britannico Rishi Sunak che l’aveva ragguagliata sui risultati del suo viaggio in Medio oriente, ha incontrato la stampa e sottolineato che serve «soprattutto un lavoro di dialogo fra i Paesi occidentali e i Paesi arabi. Difendiamo il diritto di Israele a esistere e a difendersi, in quelle immagini» degli attentati di Hamas «c'era un antisemitismo che viene molto prima della questione israelo-palestinese. Bisogna dare una tempistica chiara - ha proseguito -  se non si trova una soluzione strutturale diventa un problema ciclico. I leader devono esserci in questi momenti».

La premier, dopo il bilaterale con Abu Mazen, e aver chiarito che «del mio privato non parlo più», riferendosi alla separazione dal suo compagno, ha poi proseguito il viaggio verso Tel Aviv, per incontrare l’omologo Benjamin Netanyahu e il presidente Isaac Herzog. Dopo la visita-lampo di Biden, del cancelliere Scholz e del premier Sunak, Meloni probabilmente in Israele seguirà la linea fatta di sostegno e inviti alla moderazione che finora hanno caratterizzato le parole dei leader occidentali in visita a Tel Aviv, avvicinandosi alle posizioni moderate e allontanandosi da quelle sovraniste espresse dai suoi alleati in Europa. La scelta Atlantica di Meloni, abbracciata prima con l’Ucraina, si ripete con Israele.

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