Forte del suo rinnovato protagonismo, l’Alleanza atlantica spinge per un coordinamento più stretto con i paesi partner dell’Asia orientale per contenere la Repubblica popolare cinese. È in questo scenario che s’inquadra la missione di Jens Stoltenberg che si è conclusa martedì a Tokyo. Nel discorso pronunciato alla Keio University il segretario generale della Nato ha sostenuto che «l’idea che la Cina – che ha definito una «potenza sempre più autoritaria», ndr – non abbia importanza per la Nato, non funziona» e che «siamo prontissimi a rafforzare ulteriormente e a espandere la partnership con questa regione». Il giorno prima, incontrando il premier Fumio Kishida, aveva accusato Pechino di «prevaricare i suoi vicini e minacciare Taiwan», aggiungendo, che «sta guardando da vicino la guerra in Ucraina, imparando lezioni che potrebbero influenzare le sue decisioni future. Ciò che sta accadendo in Europa oggi potrebbe succedere in Asia orientale domani».

Come lunedì a Seul, l’ex premier laburista norvegese ha usato toni durissimi, che non promettono nulla di buono alla vigilia dell’arrivo (domenica prossima) a Pechino del segretario di stato Usa, Antony Blinken, e del discorso sullo Stato dell’unione che il presidente Joe Biden pronuncerà martedì prossimo.

Pechino osserva con preoccupazione questa escalation retorica: «La Nato continua a oltrepassare le sue zone e aree di difesa tradizionali ed esagera la minaccia della Cina», ha replicato la portavoce del ministero degli esteri, Mao Ning.

Giappone arruolato

Foto AP

In linea con il suo “Strategic Concept”, approvato dal vertice di Madrid (29-30 giugno 2022), che ha identificato la Cina come «sfida sistemica alla sicurezza euro-atlantica», Stoltenberg ha elogiato i piani recentemente varati d Tokyo che spalancano le porte al raddoppio delle spese per la difesa, perché «la deterrenza (la corsa agli armamenti, ndr) è un modo di difendere la pace e prevenire le aggressioni».

Il premier Fumio Kishida ha annunciato «il rafforzamento dell’attuale cooperazione Giappone-Nato a nuovi livelli che riflettano le sfide di una nuova era», attraverso l’apertura quest’anno di una rappresentanza diplomatica presso il quartier generale della Nato a Bruxelles e la partecipazione di funzionari nipponici ai vertici del Consiglio nordatlantico e dei ministri della difesa della Nato.

«Non c’è alcuna giustificazione per le minacce della Cina contro Taiwan», ha sostenuto Stoltenberg dopo lo scoop della Nbc, che ha rivelato il memo con il quale, il 27 gennaio scorso, il generale Mike Minihan, a capo dello Air Mobility Command (circa 50 mila uomini e 500 aerei) ha previsto una guerra tra Stati Uniti e Cina nel 2025, innescata proprio da uno scontro su Taiwan.

Sull’isola che Xi Jinping ha promesso di “riunificare” alla Rpc intende recarsi in primavera McCarthy, replicando il viaggio (la “provocazione”, secondo Pechino) del 2 agosto scorso della sua predecessora, Nancy Pelosi, che indusse l’Esercito popolare di liberazione a inscenare le più massicce esercitazioni militari mai condotte intorno all’Isola. Secondo i media Usa, il Pentagono si sta già preparando ad affrontare le ripercussioni della mossa del nuovo speaker della Camera.

Le armi di Seul

Stoltenberg ha sottolineato che «noi vediamo come la Cina e la Russia si muovono sempre più assieme» e che «siamo sicuri che con la presidenza del G7 il Giappone continuerà a concentrarsi sull’importanza delle sanzioni economiche contro la Russia».

Il giorno prima a Seul (dove si trovava anche il ministro della difesa Usa Lloyd Austin) aveva invitato il governo a fornire sostegno militare diretto all’Ucraina, superando la politica sudcoreana di non vendere armi ai paesi in guerra.

Secondo i media Usa, a Kiev potrebbero arrivare - precedentemente acquistati da un paese terzo - i tank “K2 Panther” e centinaia di migliaia di munizioni d’artiglieria prodotti in Corea del Sud.

Sotto la supervisione dello U.S. Indo-Pacific Command, gli Stati Uniti hanno circa 25mila militari in Corea del Sud e circa 50mila in Giappone. Secondo Cho Han-bum, ricercatore del sudcoreano Korea Institute for National Unification, la combinazione della cooperazione trilaterale Stati Uniti-Corea del sud-Giappone con l’accordo di sicurezza Aukus (Australia, Regno Uniti, Stati Uniti) crea di fatto una Nato asiatica che mira a contrastare la Cina.

E oggi nelle Filippine Austin dovrebbe annunciare l’accordo con Manila che garantirà agli Stati Uniti maggiore accesso alle basi militari dell’arcipelago.

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