I canali diplomatici sono stati riattivati da giorni. Ieri il ministro per gli Affari strategici, Ronald Dermer, ha incontrato a Washington i vertici della Casa Bianca: il segretario di Stato Marco Rubio, l’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff, e il vicepresidente Usa J. D. Vance. Donald Trump spera di ottenere un cessate il fuoco a Gaza «entro la prossima settimana». «Vogliamo riavere gli ostaggi», ha detto il presidente in mattinata, specificando più tardi che sarà «molto duro con Netanyahu».

La guerra dei 12 giorni tra Israele e Iran ha congelato finora le trattative che si erano arenate all’alba dell’operazione militare Rising Lions. Allora l’inviato Witkoff aveva inviato una proposta ad Hamas che prevedeva il rilascio degli ostaggi in tempi brevi, ma l’organizzazione palestinese chiedeva una liberazione in più fase lunghe per ottenere garanzie future sul ritiro completo delle truppe dello stato ebraico ed era disposta anche a cedere la gestione di Gaza all’Autorità nazionale palestinese. Così la proposta dell’emissario di Trump è stata respinta al mittente. Ora la nuova proposta di Witkoff prevede una tregua di 60 giorni durante i quali verranno rilasciati dieci ostaggi vivi e restituiti 15 corpi.

Per accelerare le mediazioni, il prossimo 7 luglio il premier Benjamin Netanyahu sarà alla Casa Bianca. Oltre alle trattative per il cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi, sul tavolo delle discussioni rientrerà anche il bilancio degli attacchi israeliani e statunitensi contro l’Iran e la ripresa dei negoziati sul programma nucleare di Teheran.

Da capire se ci sarà un’ulteriore consegna di armi e munizioni verso lo stato ebraico dopo che ieri è stato approvato un nuovo pacchetto di vendita per un valore di 510milioni di dollari. «La vendita aumenterà la capacità di Israele di affrontare le minacce attuali e future», si legge in una nota della Casa Bianca.

Sangue nella Striscia

In attesa dei tempi “biblici” della diplomazia internazionale, le armi dello stato ebraico continuano a causare vittime civili nella Striscia. Il bilancio dell’attacco all’internet cafè di Gaza City – frequentato anche da giornalisti – è aumentato a 41 morti. In totale, nelle ultime 24 ore sono state uccise 116 persone. La conta delle vittime aumenterà nei prossimi giorni, visto che l’esercito ha annunciato nuove operazioni militari anche a Gaza City.

Di fronte all’ammissioni dell’Idf che ha confermato di aver ucciso 30-40 civili (se ne contano oltre 580) mentre erano in attesa degli aiuti umanitari, oltre 165 organizzazioni internazionali tra cui Oxfam. Save the children e Amnesty hanno firmato ieri un appello per chiedere la chiusura immediata della Gaza humanitarian foundation, l’ente privato che ha in mano la gestione dei pacchi alimentari nella Striscia. «I palestinesi a Gaza si trovano di fronte a una scelta impossibile: morire di fame o rischiare di essere colpiti mentre cercano disperatamente di procurarsi cibo per sfamare le loro famiglie», hanno sottolineato le Ong in un comunicato stampa congiunto.

Immediata la risposta della fondazione: «Invece di litigare e lanciare insulti dall'esterno, saremmo lieti se altri gruppi umanitari si unissero a noi e sfamassero la popolazione di Gaza», fanno sapere in un comunicato. «Siamo pronti a collaborare e ad aiutarli a portare i loro aiuti alle persone bisognose. In fin dei conti, il popolo palestinese ha bisogno di essere sfamato». Ma le ong non sono disposte a essere complici della privatizzazione e militarizzazione della consegna degli aiuti umanitari, che ha già dato vita a un pericoloso precedente storico. Per il momento la popolazione civile continua a rimanere sull’orlo della carestia. Da marzo a oggi almeno 50 bambini sono morti di inedia e nella Striscia c’è una grave carenza di latte artificiale.

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